Intorno alla vicenda dell'eccidio di Katyn, di cui al film del grande regista polacco Wajda, c'è un particolare che pochi conoscono. Il professor Vincenzo Maria Palmieri, direttore dell'Istituto di medicina legale dell'Università napoletana, fu tra i firmatari del rapporto della Commissione medica internazionale incaricata di esaminare i cadaveri degli ufficiali polacchi uccisi dai sovietici.
Cosa accadde? Ce lo racconta il rimpianto scrittore polacco e di origine ebraiche Gustaw Herling (già membro dell'esercito polacco e internato dai sovietici in un Gulag in Siberia), il quale, stabilitosi a Napoli (sposò Lidia Croce, figlia di Don Benedetto), alla fine del ' 55 cercò di incontrare Palmieri, ricevendo un cortese rifiuto.
Scrive Herling che "il professore «comprendendo appieno» il mio interesse, tuttavia preferiva «non rinvangare le fosse di Katyn, e non rievocare dolorosi fantasmi del passato»".
Passarono gli anni, e nel 1978, Palmieri, tramite un comune amico, fece sapere ad Herling di volerlo incontrare. Durante l' incontro Palmieri mostrò ad Herling le foto dei luoghi e dei cadaveri e gli disse che tra «noi dodici (della Commissione) nessuno ebbe alcun dubbio... Il crimine fu commesso dai sovietici. Un giorno i russi dovranno riconoscerlo. Il referto è inconfutabile. Lo firmarono senza esitazioni anche il prof. Markow di Sofia e il prof. Hayek di Praga... non c' è da stupirsi se poi ritrattarono. Probabilmente avrei ritrattato anch' io se Napoli fosse stata liberata dai sovietici».
«Subito dopo la guerra - prosegue Palmieri nel racconto di Herling - mi hanno reso difficile la vita perché avevo fatto parte della Commissione. Mario Alicata (noto esponente del PCI napoletano), che all'Università era stato un promettente attivista fascista, mi faceva letteralmente a pezzi e m'ingiuriava sull'Unità. Esigeva che venissi allontanato dall'Università. Perfino Adolfo Omodeo, una persona perbene e Rettore dell'Ateneo, mi consigliò di rinunciare spontaneamente alla cattedra temendo dimostrazioni da parte dei comunisti e degli affronti da parte degli studenti. Non mi lasciai intimorire - conclude Palmieri - e tenni duro. Il nostro incontro, caro amico, è la conclusione di una lunga storia» (tratto da Gustaw Herling, «Diario scritto di notte», Feltrinelli, 1992).
Forse non è un caso che il film è sparito dalle sale cinematografiche italiane, che è stato visto da pochi spettatori e che circola in modo quasi clandestino.
Giuseppe Nitto, Napoli