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Il Foglio Rassegna Stampa
11.03.2009 Israele escluso dai Giochi del Mediterraneo
Perchè? La riflessione di Alessandro Schwed

Testata: Il Foglio
Data: 11 marzo 2009
Pagina: 2
Autore: Alessandro Schwed
Titolo: «Qualcuno spieghi il motivo per cui Israele non può partecipare a questi giochi»

Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 11/03/2009, a pag. 2, l'articolo di Alessandro Schwed dal titolo " Qualcuno spieghi il motivo per cui Israele non può partecipare a questi giochi " sull'escusione di Israele dai Giochi del Mediterraneo. Ecco l'articolo:

Firenze. I paesi arabi che a giugno parteciperanno ai Giochi del Mediterraneo di Pescara non vogliono la presenza di Israele, e Israele non ci sarà. La notizia non ha peso. Si mischia ad altre notiziole di questo mondo violento dove l’odio a Israele è la normalità. Per i media, che Israele non ci sarà è ovvio come dire che la gente di notte dorme. In Europa può succedere, dato che il diritto di Israele a esistere non solo come nazione sovrana, ma come popolo tra i popoli, che fa sport o partecipa a una fiera del libro, è messa in discussione. La risposta che vi sentite dare è che non c’è niente di strano in questa esclusione con quello che è successo a Gaza. La sua guerra dura al terrorismo è paragonata alla Shoah con la facilità con cui un uomo che ha sonno sbadiglia: ciò dimostra quanto falsi siano i piagnistei per la Shoah, parola masticata come fosse chewing gum. Niente Pescara per Israele: è logico. Mica potevano escludere i paesi arabi. Come se in questa non scelta di opporsi subito a tale subumana schifezza, non si avverta una gelida corrente: che il 25 giugno ciò accada nel cuore dell’Europa, pochi decenni dopo Auschwitz. Il livello dell’indifferenza verso i diritti del popolo ebraico scende a vista d’occhio. Parlare di continuo di questa spaventosa disparità di trattamento è come recitare la sgradevole nenia della vittima, ma la situazione è continuata. Il punto non è che i palestinesi abbiano sofferto una serie di ingiustizie, talora nettissime, da parte della politica israeliana. Il punto è che c’è il terrorismo e Israele non ha né il diritto di opporsi, né quello di partecipare a una manifestazione sportiva. E che si trovi sempre meno gente disposta a percepire la gravità della situazione israeliana, e piano piano di quella ebraica. E’ intrinsecamente normale che Israele sia in tale situazione; è fluidamente ovvio che nessuno faccia niente per impedirlo. E’ come se una misura fosse colma. La quale cosa suona in modo netto, dato che stavolta la cosa accade intorno a noi: in Italia. Sale il silenzio di quelli che trovano complicato fare qualcosa, dato che la cosa è fisicamente vicina. Non è come impegnarsi in un’analisi su Gaza, esprimersi sui razzi in alta Galilea. Il fatto sta accadendo qui. Succede che nel nostro paese arrivino nazioni per una competizione sportiva internazionale e alcune di esse possano imporre la non-presenza di Israele. Parrebbe quasi che il nostro paese, amico di Israele, che si sta impegnando in modo limpido per non andare alla seconda conferenza di Durban, non sappia in quale misura contrapporsi, e con quale efficacia, su una vicenda che si svolgerà sul nostro suolo. Per quello che riguarda l’Italia, Pescara è la prima tappa per decidere se accettare passivamente una rovinosa e rintronante sconfitta etica. Sul terreno sempre più fasullo dei popoli fratelli nello sport, uno sport altamente fasullo sta imponendo una discriminazione che ha il volto crudo dell’antisemitismo. Per ora sentiamo solo il peso del silenzio. Il sempre più gravoso rumore del nulla. Sarebbe curioso che la soluzione fosse girarsi da un’altra parte, finché l’onda non sia passata.

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