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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
11.03.2009 Il ' morbido ' Obama non è diverso dal ' duro ' Bush
L'analisi di Robert Kagan

Testata: Corriere della Sera
Data: 11 marzo 2009
Pagina: 34
Autore: Robert Kagan
Titolo: «Politica estera, più Bush che svolte»

Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 11/03/2009, a pag. 34, l'analisi di Robert Kagan dal titolo " Politica estera, più Bush che svolte " sulla politica estera di Barack Obama. Ecco l'articolo:

L' équipe di politica estera del presidente Barack Obama lavora alacremente per presentare le proprie strategie al mondo come una svolta radicale rispetto agli anni di Bush. Nel senso più ampio, è stato un gioco da ragazzi: tutte le speranze, difatti, sono appuntate su Obama.
Quando si tratta però di posizioni politiche vere e proprie, far passare l'idea di un cambiamento radicale ha richiesto non pochi stratagemmi, e l'appoggio incondizionato dei mezzi d'informazione. Così il New York Times riferisce una drammatica «svolta » nei rapporti con la Cina, verso un «impegno rigoroso e duraturo», come se i due precedenti governi abbiano fatto qualcosa di diametralmente opposto nel corso dell'ultimo decennio e oltre. In un altro titolo, il Times elogia «l'atteggiamento più moderato con la Corea del Nord», basato sull'indicazione fornita dal segretario di stato Hillary Clinton che gli Stati Uniti sono pronti a dimostrare «una grande apertura nelle trattative » — non appena Pyongyang procederà allo «smantellamento completo e verificabile di tutti i suoi impianti nucleari». Incredibile.
I media hanno inoltre riferito di un sorprendente cambio di direzione per quel che riguarda la gestione di Obama di un'attività in precedenza conosciuta con il nome di «guerra al terrore». «Una brusca frenata alla guerra al terrore voluta da Bush», annuncia il «Washington Post» il 23 gennaio, e le inchieste successive illustrano il passaggio dal «potere duro», al «potere morbido », ovvero dall'azione militare alla diplomazia, proprio nel momento in cui il governo Obama spedisce altri 17.000 soldati in Afghanistan, allarga il raggio di attacco dei
Predator in Pakistan e stipula i tempi del ritiro dell'esercito americano dall'Iraq, a malapena distinguibili da quelli che avrebbe concordato un terzo mandato Bush (con il medesimo ministro della Difesa). Allo stesso modo, l'insistenza del governo Obama nel collegare la proposta di installazioni antimissilistiche in Europa alla «minaccia » presentata dall'Iran, oppure l'offerta di negoziare con la Russia su questo progetto e addirittura l'ipotesi di condividere la tecnologia difensiva, tutto rimanda alle strategie impostate da Bush. Eppure, queste posizioni sono da più parti salutate come nuove, dimenticando che il ministro della Difesa, Robert Gates, aveva avviato le trattative con Mosca oltre un anno fa. (..) Esiste peraltro un settore in cui l'attuale governo sostiene di discostarsi dalla via tracciata da Bush ma in realtà non l'ha fatto, ed è auspicabile invece che lo faccia. Si tratta del tema della democrazia e dei diritti umani. Sin dal giorno delle audizioni di conferma dell'incarico, la Clinton aveva menzionato i tre punti chiave della nuova politica americana, difesa, diplomazia e sviluppo — sorvolando però su un quarto punto, ovvero la democrazia — e la stampa si era affrettata a sottolineare questo presunto scostamento dall' «agenda della libertà » voluta da Bush. (L'accorato appello del vice presidente Biden proprio a favore della democrazia, lanciato a Monaco il mese scorso, è stato ignorato dai media perché non rientrava nei loro schemi prefabbricati).
Così Peter Baker, del Times, scrive che «Obama sembra intenzionato ad adottare una linea politica più tradizionale nel confrontarsi con il mondo così com'è, e non come potrebbe essere», senza rendersi conto di quanto suoni strana questa frase a chiunque abbia una benché minima conoscenza della storia e delle tradizioni americane. Basti pensare a Woodrow Wilson, Franklin Roosevelt, Harry Truman, John Kennedy, Jimmy Carter, Ronald Reagan e Bill Clinton. E' il caso piuttosto di domandarsi se il governo Bush abbia mai seriamente tentato di realizzare la sua «agenda della libertà». Come sottolinea il mio collega ed esimio esperto di democrazia Thomas Carothers, l'idea che l'amministrazione Bush si sia adoperata in mille modi per favorire la democrazia in ogni angolo del mondo è pura fantasia. (..) Il governo Bush ha appoggiato risolutamente le democrazie emergenti in Ucraina, Georgia e Libano, è vero, ma ha ignorato lo sgretolamento sistematico della democrazia in Russia. Nei rapporti con la Cina, ha preferito sorvolare sui diritti umani, come ha fatto di recente anche il segretario di stato Hillary Clinton. (..) Il mondo sarebbe un posto assai migliore e più sicuro se le politiche del governo Bush avessero rispecchiato più da vicino la sua retorica. Ad ogni modo, come ribadisce Carothers, l'idea che «occorra una massiccia correzione di rotta post-Bush in chiave realistica rappresenta una lettura gravemente deficitaria degli ultimi otto anni». Sarebbe ironico, come minimo, se nel suo sforzo di distinguersi da Bush su questa istanza, il governo Obama finisse per replicare le mosse di Bush. Viva la rivoluzione!

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