Un anno singolare questo 1988. Si apre male e si chiude peggio. Quella che nel 1987 sembrava solo una turbolenta manifestazione di protesta contro Israele nel campo profughi di Jabalyya, ora si rivela per una sollevazione palestinese pensata e organizzata da tempo con grande sagacia perché si presta a toccare le corde più sensibili dell’opinione pubblica. La prima “Intifada” (che vuol dire appunto sollevazione, rivolta) vedrà schierarsi contro poliziotti e soldati israeliani solo ragazzi che non imbracciano (quasi mai) armi, ma scagliano sassi. L’Intifada da quel campo profughi si estende a Gaza, in Cisgiordania e a Gerusalemme, a partire dalla spianata delle moschee. Oltre alla “guerra dei sassi” (che non sono proiettili ma che quando si prendono in testa fanno male) all’Intifada si aggiungono il boicottaggio di prodotti israeliani, i graffiti e qualche barricata. La prima Intifada durerà fino al 1993, quando i suoi artefici si appresteranno a scalare qualche gradino. Ovviamente Israele non può accettare questo tipo di dialogo e all’Intifada risponde commisurando la risposta all’entità degli attacchi. Si afferma da parte degli “organizzatori” che soldati israeliani e coloni avrebbero ucciso 1100 palestinesi, mentre sarebbero rimasti uccisi 160 israeliani. Le cifre sono tutte enormemente gonfiate, ma sicuramente un migliaio di palestinesi muoiono per mano dei loro fratelli che li accusano di “collaborazionismo”. L’Intifada dei sassi riceve l’attenzione dei media di tutto il mondo che dirigono il “tifo” dalla parte dei ragazzi armati solo di sassi e contro il Golia israeliano. L’offensiva mediatica, messe così le cose, ottiene un vistoso successo In Europa l’occasione è ghiotta per sdoganare un antisemitismo finora sopito, nobilitandolo sotto la maschera dell’appoggio al più debole, all’oppresso, e anzi, rimproverando gli ebrei – non gli israeliani, ma i concittadini ebrei - con “Ma come, voi che avete tanto sofferto sotto il nazismo, voi fate le stesse cose contro i ragazzi palestinesi?”. Nel “tifo” pro-palestinese non solo viene a galla il vecchio e ben radicato antisemitismo finora sopito per decenza, ma lo si assolve. In Italia in un governo decisamente filo-arabo il ministro degli Esteri definisce quello palestinese “un popolo privato della sua terra e persino della sua storia” (strano per un ministro degli Esteri avere un “insufficiente” proprio in Storia). Anche i giornali soffrono di amnesie, non solo scolastiche. Il corrispondente del Corriere della Sera in Israele sugli incidenti alla spianata delle Moschee scrive che “se esiste un Dio, ieri a Gerusalemme non c’era”, naturalmente per quanto sono stati cattivi gli israeliani che avevano attaccato le due moschee e “i vecchi presi a schiaffi, colpevoli di nulla, i giovani picchiati con gli sfollagente di legno sulla schiena mentre cercavano di infilarsi le scarpe lasciate fuori dalla moschea”. Invece per la corrispondente del Giornale di Montanelli “un solo poliziotto ha ordinato ai manifestanti (che avevano bruciato una bandiera israeliana e alzato quella palestinese) di sciogliersi. Circondato e malmenato il poliziotto è stato salvato dal linciaggio da altri poliziotti e guardie di frontiera”. Si vede che quel giorno a Gerusalemme Dio c’era e non c’era. Chissà dove si era cacciato. Forse aveva fatto un salto nelle redazioni. Titoli di altri giornali. “Israele attacca le moschee”, “A Gaza fra ragazzi che combattono con le pietre”, “Uno sciopero della fame contro il genocidio”, “A Gaza tra bambini in prigione”. Una vignetta di Vauro vede un deportato ebreo che dà la mano a un piccolo palestinese dietro il filo spinato di un lager. Non c’è da meravigliarsi se sui muri delle città appaiono scritte contro gli ebrei, né che sui negozi di ebrei a Roma vengano disegnate croci uncinate e “Ebrei ai forni”. Per la serie “Chi semina vento”. Tra i “seminatori”, oltre la stampa di estrema sinistra, si distinguono due riviste, “Civiltà cattolica”, che ha una lunga tradizione di antisemitismo, e “Il Sabato” di Comunione e Liberazione. A Torino a maggio tirano molotov contro la libreria Luxemburg di Angelo Pezzana, reo di essere dalla parte d’Israele e degli ebrei. I libri che bruciano ricordano qualcosa e qualcuno. Una copia del mensile ebraico “Shalom” è ricevuto dal destinatario bruciacchiato e con un biglietto: “Sig. ebreo, vorreste gentilmente liberare la Palestina se non volete fare come il giornale? Mille grazie. P.S. Dolenti per le 2500 lire del giornale. Non antisemiti: amici della Palestina”. “Shalom” pubblica la foto del biglietto. Lettera a un ebreo di Messina: “Sono un’insegnante, non sono fascista, sono UMANA e DEMOCRATICA. Non ho vergogna di dirvi:Hitler doveva sterminarvi tutti! 5 milioni sono stati pochi! DOVEVA AMMAZZARVI TUTTI!”. Per esser un’insegnante non fascista, umana e democratica, davvero non c’è male (foto originale in archivio)- Dice Ennio Flaiano: “L’italiano è mosso da un profondo bisogno d’ingiustizia”. Che ci sia del vero? Fatto sta che la minuscola comunità ebraica italiana vive sotto una pressione i cui precedenti vanno ricercati solo nei mesi prima delle leggi razziali del 1938. Non tutti gli ebrei reggono. Alcuni si trovano a firmare un documento critico nei confronti d’Israele, documento che viene subito un po’ vergognosamente strumentalizzato da chi non ha mai fatto un necessario mea culpa. E’ in questo interessante clima che prende vita l’Autorità Nazionale Palestinese. l’Armata Rossa inizia il ritiro dall’Afghanistan (anche se il peggio verrà dopo), e l’Iran accetta la Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU per il cessate-il-fuoco, premessa a una pacifica composizione del conflitto Iran-Iraq. Segue la trattativa di pace, dopo otto anni di guerra e un milione di morti. Alla XIX Conferenza pan-sovietica del PCUS (dopo 47 anni dalla precedente) Gorbaciov propone grandi riforme e la costituzione di una Repubblica presidenziale. Il 21 dicembre un aereo americano di linea, un Boeing 707 della PAN AM, in volo da Londra a New York, esplode sopra la cittadina scozzese di Lockerbie. Nel disastro muoiono tutti i passeggeri e i membri dell’equipaggio, in tutto 259 persone, e undici persone a terra colpite dai rottami dell’aereo. Le scatole nere appureranno che una delle valigie all’interno del vano bagagli era esploso provocando un buco di mezzo metro sotto la “P” della scritta PAN AM, distruggendo la cabina di pilotaggio, i sistemi di comunicazione e di navigazione e uno dei motori, il tutto tre secondi. Il resto dell’aereo precipitava, quasi in picchiata, da seimila metri. La caduta durava due minuti e 147 occupanti del Boeing, quelli sopravvissuti all’esplosione, moriva all’impatto. Ventuno case di Lockerbie, colpite, sarebbero poi state demolite. Le indagini determinavano la natura dell’esplosivo, che era al plastico. Dopo tre anni, nel 1991, si giungeva alla conclusione che gli autori dell’attentato erano due libici, uno dei quali funzionario dell’intelligence libica e capo della sicurezza per la Lybian Airways. Il leader libico Gheddafi nel 1999 faceva arrestare i due autori dell’attentato, consegnandoli alla polizia scozzese. Nel 2001 Abdel Basset Ali al.Megrahi fu condannato a 27 anni, il secondo venne assolto. Nel luglio del 2003 il rais si assunse la responsabilità dell’attentato e in dicembre dichiarò la sua intenzione di rinunciare all’arma del terrorismo a al suo programma nucleare. La PAN AM, che nel 1988 già si trovava in una difficile situazione economica, alla fine del 1991 cessava la sua attività. E l’anno ci saluta con un disastroso terremoto in Armenia. 50.000 i morti. |