Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 05/03/2009, l'articolo a pag. 14 di Guido Olimpio dal titolo " L'Iran gela Obama: sei come Bush " sulle dichiarazioni dell'ayatollah Khamenei riguardo il presidente americano. Ecco l'articolo:
WASHINGTON — Il triumvirato che incarna il potere a Teheran è inquieto per l'offensiva diplomatica di Obama. E' preoccupato del corteggiamento alla Siria da parte di Washington e alza i toni in occasione della Conferenza di solidarietà alla Palestina. Il primo a parlare è stata la guida religiosa, l'ayatollah Khamenei: con l'appoggio «incondizionato » a Israele, ha dichiarato, Obama ha imboccata la stessa «strada sbagliata» del predecessore Bush. Ha promesso un cambio — ha aggiunto — e invece è sempre al fianco di «un tumore cancerogeno ». L'unica strada percorribile dai palestinesi è quella della «resistenza».
Poi il testimone è passato alla guida politica, il presidente Ahmadinejad: Obama deve abbandonare la «via satanica» e adottare una politica diversa. Infine si è espressa la guida militare, il comandante dei pasdaran Mohammed Alì Jafari. I missili iraniani — ha avvertito — sono in grado di raggiungere i siti atomici israeliani. Un chiaro riferimento alla centrale nucleare di Dimona, nel Negev, e probabilmente alle basi militari dove potrebbero essere ospitati gli ordigni (circa 200) dell'arsenale israeliano.
Tanto agitarsi a Teheran è un segnale di apprensione. L'annuncio di Hillary Clinton sull'invio a Damasco di due emissari — Daniel Shapiro e Jeffrey Feltman — ha fatto suonare qualche campanello d'allarme. E i timori saranno aumentati dopo un articolo comparso sul New York Times,
che scrive che uno degli obiettivi è quello di portare la Siria nel processo diplomatico. Una mossa che, se fosse coronata da successo, potrebbe lasciare l'Iran da solo. E' vero, siamo solo alle esplorazioni degli sherpa, ma gli ayatollah, giocatori pazienti, sanno che le pedine alla fine possono arrivare a dama. Dunque fanno un fuoco di sbarramento negando la «novità» di Obama e mettono in guardia Damasco. Con un intervento inatteso il vice presidente iraniano Parviz Davoudi ha invitato la Siria ad avere «maggior attenzione davanti ai trucchi dei nemici». Parole di effetto pronunciate al cospetto del primo ministro siriano Naji Al Otari.
Agli attenti osservatori di Teheran non sono sfuggiti i tentativi di riconciliazione di Damasco con due Paesi chiave, come Egitto e Arabia Saudita, partner delle manovre americane nella regione. E ancora. Gli iraniani sono consapevoli che in un periodo di crisi come questo, Damasco può avere buoni motivi — collaborazione, scambi economici, rapporti diplomatici pieni — per vedere le carte di Obama. Teheran, con le sue sortite, si è meritata risposta dalla Clinton e dal presidente palestinese Abu Mazen: «Basta con le ingerenze negli affari palestinesi».
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