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Fiamma Nirenstein ci parla della guerra antisemita contro l'Occidente

Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein". 
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)

Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine. 



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Corriere della Sera Rassegna Stampa
04.03.2009 Neo-nazi,islamici e no global: niente Coppa Davies con Israele
Crollo della democrazia svedese

Testata: Corriere della Sera
Data: 04 marzo 2009
Pagina: 13
Autore: Luigi Offeddu
Titolo: «Neo-nazi,islamici e no global: niente Coppa Davies con Israele»

Neo Nazi e odiatori variamente sinistrati, alleati contro Israele. Come im molti paesi del nord Europa,ad alta intensità musulmana, si cementa l'alleanza con i gruppi neo nazisti. Adesso tocca alla Svezia, che rinuncia ad imporre le regole della democrazia, cedendo al ricatto degli estremisti, Ecco la cronaca del CORRIERE della SERA nella corrispondeza di Luigi Offeddu da Bruxelles, dal titolo, azzeccato, di " Neo-nazi,islamici e no global: niente Coppa Davies con Israele".

BRUXELLES – «Ci saremo anche noi», hanno avvertito dal loro blog su Internet i portavoce di un gruppuscolo neonazista, gli stessi che propongono l'istituzione di classi «etnicamente pure» per gli studenti svedesi. Se manterranno la promessa, da venerdì a domenica si ritroveranno nelle strade di Malmö, terza città della Svezia, con gli attivisti del partito socialdemocratico e quelli del blocco «La sinistra», due formazioni di no-global e alcune associazioni di immigrati nordafricani e palestinesi: tre marce, attesi 15-20mila dimostranti, in piazza contro la sfida di Coppa Davis fra i tennisti di Svezia e Israele. Slogan: «Boicottiamo lo Stato dell'apartheid»; secondo la polizia, alcuni dimostranti hanno annunciato che l'incontro dovrà «saltare a ogni costo ». Anche se si svolgerà a porte chiuse e senza pubblico nell'arena Baltic Hall che ha 4.077 posti, come ha deciso il municipio di Malmö, con il voto determinante dei socialdemocratici e del blocco La Sinistra, «perché non si potrebbe garantire la sicurezza degli spettatori». Motivo dichiarato della protesta: gli eventi di Gaza, e in generale la politica di Israele.
«Non siamo d'accordo con la decisione di non ammettere il pubblico — ha detto il presidente della Federazione internazionale del tennis, Francesco Bitti Ricci — e chiederemo fino all'ultimo di aprire i cancelli ». Se non sarà così, sarà la seconda volta in cent'anni che un incontro di Coppa Davis si gioca in Svezia a porte sbarrate: la prima volta fu per Svezia- Cile, due anni dopo il golpe di Pinochet. La decisione di «chiudere» ora l'arena è stata condannata sui giornali dal campione israeliano Yoni Ehrlich: «È una vergogna che ci si arrenda così a dei terroristi». Per il suo compagno di doppio, Andy Ram, «è un'offesa il fatto che la Svezia, che ha normali relazioni con Israele, si comporti in questo modo». Polemiche anche per il «no» delle autorità svedesi a due agenti israeliani di scorta alla squadra: è stato vietato loro di viaggiare armati. Mille poliziotti di rinforzo sono attesi a Malmö da altre province. Si temono disordini, anche perché questa è considerata una città a rischio per i moltissimi immigrati musulmani e il suo quartiere Rosengard (dov'è nato il calciatore Zlatan Ibrahimovic): ci vivono 23mila abitanti registrati, più migliaia di clandestini (il ministro dell'immigrazione parla di «situazione inaccettabile »), che provengono da 111 Paesi e parlano 50 lingue, con un forte tasso di disoccupazione. Un rapporto appena pubblicato dal Centro per gli studi sulle minacce asimmetriche, che compie ricerche per il ministero della Difesa svedese, cita proprio Rosengard come un luogo dove l'integralismo islamico condiziona pesantemente la vita di molti, che arriverebbero a dichiarare «ci sentivamo più liberi nel Paese dove siamo nati».

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