Riportiamo dall'OPINIONE di oggi, 26/02/2009, l'articolo " La Palestina perderà l´ennesima occasione " di Michael Sfaradi sulle condizioni per la pace imposte da Abu Mazen a Israele. Ecco l'articolo:
Probabilmente Abu Mazen non ha ben chiaro in mente, e non c'è da stupirsi, come funziona una democrazia. Il telegiornale del primo canale israeliano ha riportato la notizia che il presidente palestinese, tramite il console generale statunitense a Gerusalemme, ha fatto pervenire al primo ministro incaricato Bibi Netanyahu un documento dove vengono formalizzate tre condizioni per la riapertura delle trattative di pace. Netanyahu, il segretario di Likud, è sí il Primo Ministro incaricato alla formazione del nuovo governo ma non ha attualmente alcun potere decisionale. Abu Mazen forse non lo sa ma essere incaricato non vuol dire essere in carica e così, alla fine, il documento è stato trasmesso all'attuale Primo Ministro in carica Ehud Olmert. Ciò che fa sorridere di questa storia non è soltanto il modo maldestro con il quale il tutto è stato condotto da parte della presidenza palestinese ma per il contenuto delle tre condizioni che pone. La prima è il completo e il totale congelamento della costruzione o l'ampliamento delle colonie ebraiche in Cisgiordania. La seconda è il riconoscimento degli accordi fino ad oggi siglati fra le due parti e la terza è il riconoscimento da pa rte di Israele di due Stati, non uno per i palestinesi e l'altro dagli israeliani ma di due Stati palestinesi separati: uno in Cisgiordania e l'altro nella striscia di Gaza. Anche quando Netanyahu diventerà Primo Ministro queste tre condizioni saranno inaccettabili e metteranno, a nostro avviso, una pietra tombale sulla possibilità di riavviare i colloqui di pace. Non tanto per quello che riguarda il congelamento o la costruzione di nuove colonie in Cisgiordania ma soprattutto per quello che riguarda gli "accordi" presi. Sì, perché anche sulla questione accordi ci sono differenze di opinione profonde tra le due parti. Alcune offerte che fanno parte di un pacchetto di ipotesi da prendere come base per una trattativa che prevedono rinunce territoriali o politiche da ambo le pari. I palestinesi, lo hanno ampiamente dimostrato, sono bravissimi ad estrapolare ciò che a loro più conviene e a riportarlo come se fossero dei diritti acquisiti. Questo, oggettivamente è inaccettabile in una trattativa che dovrebbe essere seria. Quello che lascia sconcertati è la terza condizione che la dice lunga su quali possono essere i rapporti interni che ci sono fra Hamas e Fatah, al punto che all'attuale presidente palestinese farebbe addirittura comodo separarsi dalla controparte politica anche a costo di dividere il suo popolo in due stati separati e rinunciare definitivamente a quella ipotetica continuità territoriale dello Stato palestinese che è stata per tutti questi anni la "Madre" di tutte le scuse per far fal lire ogni trattativa di pace. Rimane che nessun Primo Ministro può riconoscere Hamas che almeno alle condizioni attuali è e rimane un'organizzazione terroristica che ha come suo scopo principale la distruzione dello Stato d'Israele. Questa missiva è l'ennesima prova che non esiste un interlocutore serio ed unico che rappresenti tutti i palestinesi e che, prima o poi, anche Israele si stancherà di continuare una farsa di chiacchiere che va avanti da troppo tempo e non porta da nessuna parte
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