Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/02/2009, e di ieri, due articoli di Guido Olimpio e Fiorenza Sarzanini sugli attentati a Mumbai. Ecco gli articoli
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio : " Gli attentati di Mumbai: caccia alla cellula bresciana " (25/02/2009)
Potrebbe essere ancora in Italia l'uomo che ha finanziato i terroristi di Mumbai. Gli accertamenti dell'antiterrorismo si concentrano su quel trasferimento di 238,78 dollari effettuato presso la filiale Western Union di Brescia la mattina del 25 novembre, il giorno prima degli attacchi che sconvolsero la città indiana. Ma non escludono altri versamenti in favore dell'organizzazione estremista Lashkar-e-toiba e dunque i vertici della polizia di prevenzione e dei carabinieri del Ros hanno disposto nuove verifiche sui «bonifici» ordinati in quelle ore. Quanto accertato finora dai servizi di intelligence
di India e Pakistan ha infatti dimostrato che le schede telefoniche da utilizzare per il collegamento costante tra i capi della cellula e gli attentatori sono state attivate poco prima dell'azione simultanea su diversi obiettivi.
A firmare la ricevuta è stato Javaid Iqbal, nato in Pakistan nel 1962, come risulta dal passaporto che ha consegnato al titolare del Madina Trading della città lombarda. Un uomo con lo stesso nome è stato arrestato dalla polizia di Islamabad insieme ad altre cinque persone agli inizi di febbraio. È accusato di aver partecipato agli attentati in India. Risulta aver vissuto per un periodo a Barcellona prima di far ritorno in patria. È stato lui a recarsi a Brescia? Ci sono delle discrepanze sulla data di nascita e questo ha fatto nascere il sospetto che in Italia possa aver agito un'altra persona con un falso documento.
Ed è proprio questa circostanza ad alimentare il dubbio che il fantomatico Iqbal sia ancora nel nostro Paese e, soprattutto, che possa aver contato su appoggi logistici in grado di fornirgli il passaporto contraffatto.
Sono costanti i contatti con le autorità di New Delhi che hanno trasmesso ai servizi di sicurezza europei il dossier con i risultati delle indagini compiute in questi tre mesi sulla cellula che ha agito a Mumbai e ha mostrato grande determinazione nel colpire i turisti occidentali. Nel rapporto sono contenuti tutti gli elementi raccolti, compresi i numeri di serie delle imbarcazioni, delle armi e dei telefoni cellulari e satellitari utilizzati nell'attacco.
Il governo pachistano ha dovuto ammettere dieci giorni fa che «il complotto è stato pianificato sul nostro territorio», ma non è possibile escludere altre complicità. Le conversazioni captate quella notte tra i capi e gli attentatori rivelano che obiettivo primario era quello di colpire personalità, come dimostra la conversazione con i quattro terroristi che erano all'interno dell'Hotel Taj Mahal.
Chiamante: «Ci sono tre ministri e un segretario nel tuo albergo. Non sappiamo in quale camera».
Ricevente: «Questa è una bella notizia... Prega Dio che io li trovi».
Ordine preciso anche ai fondamentalisti che sono nel centro ebraico.
Chiamante: «...Israele ha chiesto attraverso un canale diplomatico di salvare gli ostaggi. L'uccisione degli ostaggi danneggerà le relazioni tra India e Israele ».
«Sarà così, se Dio vuole».
CORRIERE della SERA - Guido Olimpio e Fiorenza Sarzanini " Gli attentati a Mumbai: una pista porta a Brescia " (24/02/2009)
Portano a Brescia le tracce lasciate dai terroristi entrati in azione a Mumbai il 26 novembre scorso. Indizi concreti che servono a delineare la rete logistica attivata per pianificare gli attacchi simultanei che sconvolsero la città indiana provocando 138 morti (26 turisti stranieri, tra i quali un italiano) e centinaia di feriti. Rivelano che proprio dalla Lombardia è partito l'accredito per attivare le schede telefoniche poi consegnate ai dieci fondamentalisti entrati in azione negli alberghi e negli altri luoghi frequentati dagli occidentali.
Gli elementi raccolti dalla polizia e dall'intelligence locale sono in un rapporto trasmesso dalle autorità di New Delhi ai reparti dell'Antiterrorismo dei Paesi che potrebbero fornire collaborazione per ricostruire i movimenti degli estremisti del
Lashkar-e-toiba, agli ordini di Ismail Khan, il pachistano di 25 anni che avrebbe guidato la missione di morte. Il dossier rivela i dettagli investigativi raccolti in questi mesi, le modalità operative, i possibili collegamenti con l'estero. E rende pubbliche le comunicazioni di quella notte con i capi che raccomandano ai terroristi di «salvare i musulmani e uccidere tutti gli altri».
Così le autorità indiane ricostruiscono i movimenti partiti dall'Italia: «Durante gli attacchi i capi hanno passato le istruzioni ai complici. Le indagini sui numeri utilizzati hanno rivelato che hanno usato un "numero digitale" e cinque schede con prefisso austriaco. Questa utenza digitale era stata trasportata dagli Stati Uniti e aveva un prefisso +1, il numero era 201 2531824. È stata attivata da una compagnia americana chiamata Callphonex su richiesta di un individuo che ha detto di essere indiano e di chiamarsi Kharak Singh. L'account è avvenuto attraverso un trasferimento di denaro a nome di Mohammed Ashfaq, codice 88647675. Singh ha chiesto alla Callphonex di assegnargli anche cinque numeri austriaci per conto di suoi clienti che chiamavano da diversi Paesi, compresa l'India. Il pagamento per questo addebito è avvenuto attraverso la Western Union. Il pagamento è stato effettuato attraverso la filiale di corso Garibaldi 53A a Brescia, numero dell'operazione 0579326626 dal costo di 238,78 euro. Mittente era Javaid Iqbal, nato in Pakistan il 31 dicembre 1962 come risulta dal suo passaporto KC 092481, come risulta dai registri della Western Union».
Le indagini svolte da Digos e carabinieri hanno consentito di scoprire che Iqbal — prima di spostarsi in Italia e arrivare in Pakistan dove è stato poi arrestato — è stato residente a Barcellona. Adesso si sta cercando di verificare come sia entrato nel nostro Paese e soprattutto se abbia goduto di complicità a Brescia o in altre città. Il rapporto entra nei dettagli dell'operazione, elenca i nomi dei dieci terroristi coinvolti (soltanto uno è sopravvissuto e la polizia indiana assicura che sta collaborando), dei turisti uccisi. Fornisce i numeri di serie delle imbarcazioni utilizzate dal commando per spostarsi dal Pakistan all'India e così invita le polizie occidentali ad effettuare ulteriori verifiche per individuare possibili nuovi collegamenti con estremisti che si trovano in Occidente. Poi, proprio per marcare quanta importanza abbiano avuto le schede telefoniche nella trasmissione degli ordini ai terroristi che per ore e ore hanno gestito gli ostaggi, consegna la trascrizione delle telefonate avvenute quella notte tra chi guidava gli attacchi e chi era stato scelto per entrare in azione.
La prima conversazione è con i due estremisti entrati nella Nariman House.
Chiamante: «Fratello, tu stai combattendo. Questa è la sostanza del prestigio del-l'Islam. Combatti, la tua battaglia diventa un luminoso esempio. Sii forte nel nome di Allah. Ti sentirai stanco o assonnato, ma i commando dell'Islam si sono lasciati tutto alle spalle. Le loro madri, i loro padri, le loro case. Fratello, tu devi combattere per la vittoria dell'Islam. Sii forte».
Ricevente: «Amen».
Nella notte arriva una telefonata all'hotel Oberoi.
Chiamante: «Fratello Abdul, i media hanno paragonato la tua azione all'11 settembre. Uno dei capi della polizia è stato ucciso».
Abdul Rehman: «Sono tra il 10˚ e l'11˚ piano. Ho cinque ostaggi».
Chiamante: «Tutto viene registrato dai media. Bisogna infliggere il massimo danno. Date battaglia, non lasciate sopravvissuti».
Chiamante: «Ammazza gli ostaggi tranne i due musulmani. Prendi il telefono e accendilo in modo da farci sentire gli spari».
Fahadullah: «Io ho tre stranieri incluse le donne, da Singapore e dalla Cina».
Chiamante: «Ammazzali ».
Annota la polizia indiana: «Si sente la voce dei due terroristi che intimano agli ostaggi di mettersi in fila e ai due musulmani di stare di lato. Poi si sentono gli spari».
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