Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 25/02/2009, l'articolo " Teheran, scontri e arresti all'università " a pag.14, di Paolo Salom sull'arresto di settanta studenti universitari che manifestavano contro il regime di Ahmadinejad e la sua decisione di trasferire nel campus le tombe dei soldati morti durante la guerra Iran/Iraq. Ecco l'articolo:
Scontri nel campus, 70 arresti tra gli studenti. Le università rimangono il luogo preferito della fronda anti regime. Nonostante le maniere forti, la dura repressione voluta dal presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, i giovani non si arrendono. Nei giorni scorsi, riporta la Bbc, l'Università Amir Kabir di Teheran è stata il centro dell'ennesima protesta finita con l'intervento della polizia sostenuta da fazioni pro regime.
La scintilla è scoccata per la decisione delle autorità di trasferire le tombe dei soldati morti durante la guerra Iran-Iraq (1980-1988) all'interno del campus. Un gruppo di universitari è sceso in strada con striscioni e cartelli: «Vogliono trasformare l'università in un cimitero». Altri hanno mostrato scritte beffarde sul «destino» della famigerata prigione di Evin, nella capitale iraniana, a loro avviso «trasformata in un'università » per via del grande numero di studenti incarcerati.
Le proteste non hanno fermato la decisione. Durante le operazioni di traslazione dei feretri, alcuni testimoni hanno raccontato, sono scoppiati tafferugli tra differenti fazioni studentesche: da una parte chi protestava contro la decisione, dall'altra i sostenitori del regime, appoggiati dalle forze di sicurezza. Al termine degli scontri, 70 studenti sono stati arrestati e, più tardi, 40 di loro sono potuti tornare a casa. Come spesso accade in Iran, la materia del contendere è secondaria rispetto al malessere di chi osa sfidare il regime scendendo in piazza e scontrandosi con la polizia.
Gli studenti, infatti, se la sono presa anche con la mancanza di «libertà accademiche », una metafora della mancanza di libertà civili nell'intero Paese. L'ultima protesta di questo genere risale al dicembre 2006, quando alcuni giovani avevano gridato «no alla dittatura, sì alla democrazia» durante una visita di Ahmadinejad proprio all'Amir Kabir, un istituto scientifico politecnico. Alla presa di posizione senza precedenti era seguito un lungo periodo di purghe, arresti e espulsioni contro studenti e docenti. Il regime sembrava aver ripreso il controllo ma, evidentemente, la brace della rivolta ha continuato a covare sotto la cenere. Gli studenti, sempre al centro di tutti i rivolgimenti sociali in Iran, hanno abbandonato l'utopia della possibile riforma della teocrazia (come avevano sperato durante la presidenza di Mohammed Khatami) e ora puntano alla fine della dittatura del clero. «Per noi studenti il nucleare non è un diritto inalienabile — ha dichiarato di recente Ali Nikounesbati, uno dei leader di Daftar Tahkin Vahdat (Ufficio per il consolidamento dell'unità, principale associazione studentesca iraniana) —. Sono la democrazia e la libertà i diritti e i valori per i quali l'Iran e gli iraniani si devono battere». Nikounesbati entra ed esce di prigione: l'ultimo processo contro di lui si è aperto il 15 febbraio scorso.
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