Riportiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 20/02/2009, due cronache di episodi di intolleranza avvenuti uno a Dubai, l'altro in Libano. A Dubai il libro della scrittrice Geraldine Bedell viene censurato per via di un personaggio omosessuale, in Libano Christopher Hitchens viene pestato per aver cercato di staccare da una parete un manifesto con una svastica sopra. Ecco i due articoli:
Ida Bozzi : " Censura al libro gay, bufera sul festival di Dubai " (pag. 47)
Che cosa è meglio di un festival letterario per far incontrare le diverse culture e favorire lo scambio di idee? Autori provenienti da venti Paesi del mondo, presentazioni di novità librarie e ospiti prestigiosi di livello internazionale, dalla scrittrice canadese Margaret Atwood alla nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie (fresca vincitrice del «Nonino»): almeno nelle intenzioni, il primo Festival letterario internazionale di Dubai avrebbe dovuto decollare con il vento in poppa, per la gioia di uno sponsor come la Emirates Airlines. Invece, a pochi giorni dall'inaugurazione della kermesse (che si aprirà il prossimo 26 febbraio) un atto di censura ha polverizzato l'atmosfera di tolleranza e apertura che sembrava caratterizzare un'iniziativa nuova per il mondo arabo. Gli organizzatori hanno infatti cancellato dal programma la presentazione di un libro che ambienta in un immaginario paese del Golfo una storia d'amore gay, il romanzo The Gulf Between Us
dell'inglese Geraldine Bedell, e la censura non è piaciuta né alla Atwood, né alla Adichie, né ad altri autori come Lauren Child e Anthony Horowitz. Il risultato, riporta il quotidiano inglese
The Guardian, è che l'autrice canadese boicotterà il Festival: lo ha scritto (e pubblicato sul proprio sito) la stessa Atwood in una lettera indirizzata alla direttrice della rassegna, Isobel Abulhoul, spiegando che «come uno dei vicepresidenti internazionali del Pen Club, un'organizzazione impegnata contro la censura degli scrittori, non posso prendere parte al Festival».
Inutilmente, per ora, la direttrice Abulhoul ha spiegato di sapere che «l'opera (della Bedell) potrebbe offendere certe sensibilità culturali locali», riporta un altro quotidiano inglese,
The Independent, e che non fosse «negli interessi di lungo periodo del Festival acconsentire al lancio del libro alla prima edizione di una manifestazione di questo genere nel Medio Oriente». Sembra un invito ad accettare il «male minore», e a considerare l'importanza di un Festival letterario nel dialogo tra culture. Ma la scrittrice inglese finita sulla «lista nera», la Bedell, ha commentato: «Si può avere un festival letterario e bandire libri perché presentano relazioni gay? È questo che significa, fare parte della scena letteraria internazionale? Gli organizzatori affermano di cercare uno scambio di idee, ma non, evidentemente, se questo riguarda il sesso o la fede».
E mentre la notizia sta rimbalzando in queste ore su numerosi siti letterari, altri invitati alla kermesse cominciano a prendere posizione. Per esempio, lo scrittore Horowitz ha fatto sapere che sta considerando la possibilità di boicottare il Festival. E Chimamanda Ngozi Adichie, che pure ha confermato per il momento la propria presenza, ha promesso
che manifesterà agli organizzatori il più fermo dissenso: «Disapprovo fermamente ogni censura a qualunque opera di fiction, è eticamente errato».
Stefano Montefiori : "Hitchens picchiato a Beirut: 'Erano teppisti filo-
siriani' " (pag. 19)
«Ero con due amici, avevamo appena partecipato alla manifestazione per commemorare Hariri»
Pomeriggio di San Valentino, Beirut. Christopher Hitchens passeggia con due amici per Hamra Street, «il boulevard Saint Michel della capitale libanese», spiega al telefono da Londra. «Accanto a un caffè ho visto questo manifesto spaventoso del partito Snnp, il Partito nazional-socialista siriano, con un simbolo che è chiaramente una svastica. Ho cercato di staccarlo dal muro ma era fatto di plastica o chissà cosa, non veniva via. Allora ho tirato fuori la penna e ho scritto bello grosso Fuck the Ssnp. In pochi minuti ero circondato da teppisti che hanno cercato di rapirmi. Mi hanno picchiato per bene. Zoppico ancora oggi».
«Hitch» è fatto così, anche per questo sono in molti ad amarlo. È l'opinionista che decide di provare in prima persona il waterboarding, tecnica di interrogatorio potenzialmente fatale per tutti, figurarsi per un quasi sessantenne da 15 mila sigarette e non pochi bicchieri l'anno («Sì, è tortura » fu il verdetto). È l'ex trozkista britannico ormai cittadino americano, che ha sostenuto le ragioni della guerra in Iraq e scritto libri contro Madre Teresa di Calcutta, Henry Kissinger, Bill Clinton e — ultimo solo in ordine cronologico — Dio. I suoi articoli su Vanity Fair americano, sulla rivista online Slate e — in Italia — sul Corriere della Sera sono analisi prive quasi sempre di correttezza politica e mai di coraggio e intelligenza.
Specie quando si tratta di difendere i valori della democrazia e la loro realizzazione terrena, l'Occidente, contro il «fascio-islamismo». Prendersela con un manifesto politico nel cuore di Beirut non sarebbe la mossa più prudente da consigliare a un cittadino americano in Medio Oriente, ma nell'ottica di Hitchens il guaio è la svastica affissa sui muri tra i tavolini all'aperto, non la sua incoscienza.
«Ero con due amici, Jonathan Foreman e Michael Totten, avevamo appena partecipato alla manifestazione per commemorare Rafiq Hariri, l'ex primo ministro assassinato dai siriani il 14 febbraio del 2005 — racconta ancora Hitchens —. È stato un grande momento, in piazza c'era il meglio della società libanese. Stavamo camminando in Hamra Street, alle quattro del pomeriggio, quando ho visto quel manifesto filo-siriano con la svastica. Un insulto, qualcosa dovevo fare. Sono arrivati subito, erano molto professionali, credo fossero paramilitari del partito perché hanno agito con molta decisione. Hanno cercato di separarmi dai miei amici per portarmi via, sembrava che volessero rapirmi e lì ho avuto paura. Ho reagito, mi hanno buttato a terra, mi hanno preso a calci e pugni in faccia, sanguinavo. Ho ancora i lividi. Per fortuna la gente che era nel bar accanto è uscita attirata dal parapiglia; neanche a Beirut è così facile rapire qualcuno in pieno giorno. Nella confusione siamo riusciti a raggiungere un taxi che ci ha salvati, altri tassisti sono scappati via senza caricare i nostri inseguitori. È andata bene». Hitchens è ripartito solo ieri per Londra: nel sud del Libano ha assistito a un raduno di Hezbollah, ha incontrato il leader druso Walid Jumblatt, e mercoledì sera ha tenuto la conferenza «Chi sono i rivoluzionari nel Medio Oriente di oggi?» all'Università americana di Beirut.
«L'aggressione è stata spiacevole, ma niente al confronto della giornata con gli Hezbollah. Cattivi, organizzati bene e finanziati meglio. Il vero terrore l'ho provato tra loro».
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