Anche oggi, 19/02/2009, i quotidiani trattano l'argomento della tennista israeliana alla quale è stato rifiutato il visto d'ingresso a Dubai. Di seguito riportiamo due articoli dalla STAMPA ( " Tennis, scoppia la guerra del golfo. Tv e sponsor in fuga " di Stefano Semeraro e " Effetto Gaza sulla Davis. Svezia - Israele a porte chiuse " di Francesco Alonzo ) preceduti da un commento che abbiamo ricevuto da una nostra lettrice, e che ci sembra molto appropriato. Ecco i pezzi:
Cari amici di IC e cari lettori,
dopo la vicenda del visto negato alla tennista israeliana Peer, ci giunge notizia che il match di tennis Svezia-Israele valido per il primo turno di Coppa Davis in programma a Malmoe, in Svezia, si disputerà a porte chiuse. Il motivo è dovuto alla paura di manifestazioni anti-israeliane, dato che in città abitano 60.000 musulmani. Due considerazioni: se da un lato è comprensibile la paura delle autorità svedesi riguardo a manifestazioni violente, dall'altro è inammissibile il fatto che eventi, sportivi e non, diventino ostaggio di gruppi o individui mossi dall'odio per Israele. Se la grande Oriana Fallaci fosse ancora viva, avrebbe già fatto sentire la sua coraggiosa voce di protesta in merito agli ultimi vergognosi episodi di antisemitismo sia in Italia che all'estero.
Saluti,
Michela Dettori
La STAMPA - Stefano Semeraro " Tennis, scoppia la guerra del golfo. Tv e sponsor in fuga "
Adesso anche il tennis ha la sua guerra del Golfo.
L'ha scatenata il ricco (2 milioni di dollari) e apparentemente felice torneo di Dubai che ha negato il visto a Sha’har Peer, tennista israeliana n.45 del mondo, e che in queste ore deve decidere se sbattere la porta in faccia anche al suo collega e connazionale Andy Ram, n.11 del mondo in doppio.
Da lunedì Ram dovrebbe scendere in campo per il torneo maschile, programmato a ruota di quello delle ragazze: «Ma credo negheranno il visto anche a lui», ha dichiarato da Tel Aviv l'agente di Ram, Amit Naor. Già il primo niet arabo, giustificato dal direttore del torneo di Dubai con motivi di sicurezza («C'è malumore nei confronti di Israele, non avremmo potuto garantire l'incolumità della giocatrice») ha scatenato comprensibili furie: i tabelloni li compila il computer, non il Corano o la Torah.
La Wta minaccia di cancellare il torneo dal calendario del prossimo anno, l'Atp freme e potrebbe decidere di annullarlo subito. Il network americano Tennis Channel ha azzerato le dirette tv e l'edizione europea del «Wall Street Journal» ha ritirato la sua sponsorizzazione all'evento. E chissà che la decisione di Federer di non giocare a Dubai - per un mal di schiena un po' sospetto -, il Paese dove ha comprato casa e spesso si allena, non abbia venature diplomatiche. Così come l’improvviso dubbio di Nadal non più tanto sicuro di esserci. Una vera crisi internazionale, insomma.
«Politica e discriminazione non dovrebbero mischiarsi allo sport», ha detto la Peer, «per me è un momento molto difficile. Sento di aver subito un'ingiustizia e mi auguro che quello che è capitato a me non si ripeta». Nobili illusioni. Sha’har, che come tutte le ragazze israeliane ha svolto il servizio militare, in passato aveva gareggiato in doppio con l'indiana musulmana Sania Mirza (il duo si disfò per i guaiti degli integralisti) e nel 2008 era diventata la prima ebrea a giocare - senza problemi - in un paese islamico, il Qatar. Eppure quest'anno, mentre Israele guerreggiava in Palestina, era già stata bovinamente contestata da alcuni dimostranti durante un torneo in Nuova Zelanda. Niente di nuovo, purtroppo. Nel tennis si ricordano ancora le polemiche sulla finale di Coppa Davis giocata in Cile nel '76 da Panatta & Co, oltre che il boicottaggio, sempre in Davis, dell'India che nel '74 si rifiutò di giocare la finale nel Sudafrica dell'apartheid.
Lo strappo del Dubai potenzialmente può diventare devastante. Il ricco Medio Oriente è la nuova frontiera dello sport-business che coinvolge anche F1 (Bahrein), e motomondiale (Qatar). In Dubai sono andate a svernare Inter e Milan, e quest'anno il mondiale di calcio per club sarà ospitato proprio negli Emirati Arabi Uniti: cosa succederebbe vi partecipasse il Liverpool, che ha in rosa un giocatore israeliano, Yossi Benayoun? Il paradosso è che il Dubai si propone da anni come un «paradiso degli sport», oltre che dello shopping e delle vacanze, e si prepara ad ospitare accademie internazionali di cricket e hockey e una scuola calcio del Manchester United.
«Usa Today» ha rivelato che già l'anno scorso Ram e il suo connazionale Erlich dovettero «stranamente» rinunciare all'ultimo momento all'iscrizione al torneo arabo - e l'Atp sopì il caso pagando loro le spese già sostenute. Israele e Uae non hanno relazioni diplomatiche, è vero, ma accettare in silenzio ostracismi del genere sarebbe grave. A meno che non entrino in campo, appunto, altri interessi: il tennis in questi anni ha investito molto in Medio Oriente (il Masters femminile si gioca a Doha) e i ricchi sceicchi possiedono quote in tornei europei. «Dobbiamo pensare agli interessi degli sponsor, annullare il torneo non sarebbe giusto», si è affrettata a commentare Venus Williams. Qualcuno le ricordi che lei e sua sorella Serena da anni non giocano a Indian Wells per protestare contro gli insulti razzisti del pubblico. O i razzismi degli altri contano di meno?
La STAMPA - Francesco Alonzo " Effetto Gaza sulla Davis. Svezia - Israele a porte chiuse "
L'incontro tennistico di Coppa Davis fra Svezia e Israele, in programma a Malmö dal 6 all'8 marzo, si svolgerà a porte chiuse. L'esclusione del pubblico e stata decisa ieri dal Comitato per il Tempo Libero del Comune di Malmö, con lo scarto di un voto, dopo un lungo dibattito che aveva visto i rappresentanti del centrodestra battersi invano contro socialdemocratici e comunisti. L'esito della votazione - 5 a 4 - sarà rispettato e la signora Catharina Elgh-Linander (vicepresidente conservatrice del Comitato) ha dichiarato alla stampa: «È stata una decisione presa secondo i principi democratici, avendo come obiettivo primo la sicurezza degli spettatori». La situazione nella striscia di Gaza aveva già provocato, nei mesi scorsi, violente dimostrazioni anti-israeliane proprio a Malmö, dove la presenza di immigrati islamici è massiccia, e la decisione di far svolgere l'incontro di Coppa Davis senza pubblico è stata presa nel timore che altre dimostrazioni potessero degenerare.
La proposta era stata presentata dal presidente socialdemocratico del Comitato, Bengt Forsberg, appoggiato dai rappresentanti della sinistra, nella piena consapevolezza che l'esclusione del pubblico sarebbe risultata un danno economico per il Comune di Malmö di 3,2 milioni di corone (circa 300.000 euro). Ma il provvedimento, pur tenendo lontani gli spettatori dallo stadio, non servirà a frenare i gruppi di dissidenti all'insegna del motto «Non si gioca». La città di Malmö si prepara a gestire i manifestanti e le bande di hooligans che - così prevedono le autorità - si mischieranno a loro.
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