Riportiamo dal FOGLIO di oggi, 19/02/2009, l'articolo " Come si spiega questa muffa mediatica attorno alle elezioni in Israele " di Alessandro Schwed sull'immagine sbagliata di Israele che i media continuano a presentare all'opinione pubblica. Ecco l'articolo:
C’è uno stato d’animo, non cessa. Sta assopito, poi si desta. E’ uno spirito che precede ogni avvenimento israeliano, simile a un vento contrario che a un tratto si alza e va addosso a Israele. Un gelido tramontano che pela i fatti come patate, toglie la loro forma iniziale e la riveste di una muffa gradita all’opinione pubblica. Fa della cronaca un tubero irriconoscibile. Su Israele non conta la verità, ma la verità che piace. Guerra o elezioni, gli avvenimenti sono fumetti con i buoni e i cattivi. Già da prima delle elezioni, la prospettiva che l’incarico di governo potesse venire affidato a Netanyahu, è stata lanciata in faccia ai lettori quale imminente Armageddon, come se non fosse Teheran a minacciare il mondo – la qual cosa va detta e pensata piano. E’ vietato immaginare la realtà israeliana dove la sicurezza è connessa alla sopravvivenza, e infatti le elezioni si sono svolte intorno a chi di più garantisse sicurezza alla nazione. In Europa, quando la verità è sugli ebrei, non è di casa: è esule. Poco vale che l’esistenza di Israele sia avversata dai paesi arabi sin dalla fondazione dello stato: l’avversione agli ebrei è naturale come l’esistenza dell’acqua. C’è uno schema televisivo e regressivo come in una realtà infantile: gli ebrei sono i cowboys e i palestinesi gli indiani. Curioso che gli ebrei siano gli indiani da duemila anni e non lo veda nessuno. Guardate la lettura di Gaza offerta dai media, lettura che si va sgretolando; ricordatevi la cronaca visionaria della repressione del campo di Ienin. La cronaca israeliana è scritta in un sogno, è realtà rimodellata. Persino le recenti elezioni sono state seguite come gli ennesimi preamboli ebraici alla Terza guerra mondiale che se scoppierà, sarà per colpa loro. La guerra a Gaza, pochi giorni fa genocidio operato delle ex vittime delle SS, ora sta mostrando in modo limpido, ma quanto sottovoce, le vere cifre dei morti, la loro composizione e la vita palestinese sotto il magico regno di Hamas. Poche ore fa, la muffa mediatica copriva la realtà delle elezioni, descrivendo sbaragliata la Livni e trionfante la destra, in modo di rappresentare gli israeliani come fascisti naturali E il titolo di un giornale moderato come Avvenire è colpito dalla muffa mediatica: gli israeliani temporeggiano con la scusa di inserire Shalit nella trattativa con Hamas. Come se la sua vita fosse una ridicola scusa per non concedere niente ad Hamas - di cui a un tratto viene presa in mano la bandiera. A sessantuno anni dalla fondazione dello stato ebraico, molti non desiderano capire che poi Israele è una piccola comunità. Ogni soldato che muore è vicino di un vicino di casa, cugino di un cugino, amico di amici comuni. Sarebbe stato da rimarcare come in cambio di Shalit, Hamas chieda mille prigionieri palestinesi, e così noto – in verità senza stupore che la vecchia muffa stia riprendendo il suo cammino naturale – come si sorvoli su chi sono i prigionieri che si fanno chiamare resistenti, gli eroici patrioti che hanno fatto esplodere corpi di persone che aspettavano l’autobus, erano a un matrimonio, a fare la spesa. La cronaca ammuffita dimentica. E la dimenticanza più ammuffita è che grandi plebi diseredate lottano per l’olocausto nucleare di Israele. La corrente della pace con la muffa non si assume responsabilità. Non paga un prezzo personale. Con la muffa, sparge a due mani la parola sicurezza, ma quando parla di sicurezza intende quella europea. Ciò non costituisce grande novità. Il suo primo nome è pregiudizio. Il suo secondo, terrore – effetto lapalissiano del terrorismo.
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