Riprendiamo dal CORRIERE della SERA di oggi, 19/02/2009, l'articolo " Gaza, l'ultima missione del contabili della morte " a pag.14, di Davide Frattini sui morti palestinesi dell'operazione Piombo Fuso. Contrariamente a quando dichiarato da Hamas ai media, i morti civili sono meno di un terzo. Ecco l'articolo
GAZA — La contabilità della morte accumula fototessere, figurine colorate di un album che qua nessuno avrebbe voluto completare. Le doppie non sono ammesse. I volontari passano e ripassano le liste, cancellano i nomi registrati due volte (un corpo arrivato in un ospedale e poi trasportato in quello più vicino a casa), controllano le date e le testimonianze.
La lapide di carta è il dossier che raccoglie i documenti. Certifica un decesso, racconta gli ultimi minuti di una vita: nome, cognome, età, sesso, fotocopia della carta d'identità, dichiarazione del medico, militante o civile, dov'è successo, com'è successo. Le squadre del Centro palestinese per i diritti umani sono state divise per area, si muovono nei quartieri che conoscono. Mohammed Ghannan coordina i ricercatori che stanno coprendo Gaza City. Dal primo giorno di conflitto è stato all'ospedale Shifa, il più grande della Striscia, a contare. Cadaveri e feriti. Da quando i combattimenti sono finiti, gira per la città a raccogliere le informazioni.
La casa degli Shaaban sta nel posto sbagliato in una guerra contro Hamas. Dall'altra parte del muro, c'è la villona verde piscina di Mahmoud Zahar, uno dei capi oltranzisti del movimento. Il 15 gennaio il missile sparato da un drone colpisce il gabbiotto delle guardie, la famiglia teme un bombardamento, i tre fratelli più grandi scappano in strada e vengono centrati dall'aereo senza pilota. «Gli israeliani dicono che facevano parte della guarnigione di Zahar. Non è vero », spiega la madre, mentre mostra le foto dei cadaveri sul telefonino. I corpi sono coperti dalla bandiera verde di Hamas, «sono arrivati i miliziani a imporcelo». Il lavoro di Ghannan è anche controllare questa storia, più tardi con i vicini. Mostra la foto di un'altra vittima, indossa l'uniforme mimetica. «Eppure i parenti negano che sia un militante».
Tel Al Hawwa, la collina del vento, ha cambiato nome da quando i fondamentalisti hanno preso il potere nella Striscia. I palazzoni di Tel Al Islam restano opprimenti. Nel salotto della famiglia Bulbul, la plastica copre i buchi che dovrebbero essere le finestre e il poster del «martire» è l'unico colore sulle pareti. Ahmed, 21 anni, è stato ucciso il 27 dicembre, primo giorno di guerra, nel bombardamento contro il quartier generale della polizia.
Nelle liste del Centro palestinese per i diritti umani, viene considerato non combattente. «Come i 168 poliziotti ammazzati nelle caserme», spiega Jaber Wishah, vicedirettore del centro. Per gli israeliani, gli uomini della forza esecutiva erano un obiettivo militare legittimo. Replica Wishah: «Un combattente deve trovarsi nella zona degli scontri, con un'arma o in uniforme. Ne abbiamo contati 175». Sfoglia il dossier che raccoglie i nomi delle vittime di ventidue giorni di conflitto. L'associazione vuole usarlo per la petizione contro Israele alla Corte dell'Aja. Wishah elenca i dati, che considera definitivi: 1.375 morti, tra loro 111 donne, 290 minori. I non combattenti uccisi sarebbero 1.200, l'87%.
Al Mezan, un'altra organizzazione palestinese, ha calcolato una cifra simile per il totale dei morti: 1.351. Alza quella dei militanti: 232. Il ministero della Sanità, controllato da Hamas, dà un numero complessivo per i «martiri»: 1.455. La Croce Rossa internazionale non rende pubblica la sua ricerca, verrà consegnata al governo israeliano e all'Autorità palestinese. «Quello che posso dichiarare — dice il portavoce Yiad Nasser — è che i nostri risultati, almeno per il totale dei morti, non sono lontani da quelli dei volontari».
L'esercito israeliano — rivela il quotidiano Jerusalem Post — ha raccolto la sua indagine in 200 pagine. E' stata basata su un elenco temporaneo del ministero della Sanità palestinese. Dei 1.338 morti, ne sono stati identificati 1200: carta d'identità, come sono stati uccisi, fazione di appartenenza (se militanti). Tra loro, è stato possibile definire 880 persone come combattenti o non combattenti: 580 membri di Hamas e altri gruppi, 300 tra donne, bambini sotto ai 15 anni e uomini sopra i 65. I 320 nomi che restano da classificare sono tutti di uomini e due terzi sono indicati come «terroristi». «La comunità internazionale — spiega al giornale il colonnello Moshe Levi — ha ricevuto un'immagine distorta, perché Hamas nasconde le sue perdite. La nostra ricerca mostra che il numero dei civili uccisi non è più di un terzo del totale».
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