Riportiamo dal MANIFESTO di oggi, 18/02/2009, l'articolo a pag.10 " Più lontani i «due stati», e l’Europa assente causa un disastro " di Michelangelo Cocco nel quale si riferiscono le dichiarazioni di Massimo D'Alema e Fausto Bertinotti sulla situazione in Medio Oriente. D'Alema parla di colonizzazione della Cisgiordania, e dei massacri di Gaza. Ovviamente contano solo i morti palestinesi e poco importa se, da anni, Israele e i suoi cittadini vengono bersagliati dai missili di Hamas...a D'alema che teme che i leader dei paesi arabi non credano più nella nascita di due stati, ricordiamo che, in realtà, non ci hanno mai creduto. Non è stata l'operazione Piombo Fuso a " disilluderli".
Le affermazioni di Bertinotti, invece, sono riassunte nella frase " L’ex segretario di Rifondazione comunista ricorda che la delegittimazione dell’interlocutore di pace da parte d’Israele è avvenuta prima con Arafat e poi nei confronti dell’occasione straordinaria del governo di unità nazionale palestinese e infine con la costruzione del Muro". C'è poco da rispondere a chi prende sul serio come interlocutore di pace i terroristi alla Arafat e di Hamas e non comprende la necessità di uno stato di difendersi, anche con un muro, se necessario. Bertinotti = D'Alema, prendiamo atto della nuova alleanza.
Ecco il pezzo:
Scettici sull’ipotesi che Barack Obama possa produrre cambiamenti radicali. Pessimisti sulla possibilità dell’affermarsi di «due stati per due popoli», la strada indicata dalle Nazioni Unite per la risoluzione del conflitto israelo- palestinese. Massimo D’Alema e Fausto Bertinotti si sono ritrovati ieri pomeriggio a discuterne a Roma, nell’incontro «A che punto è la notte in Palestina», organizzato presso la Casa internazionale delle donne dall’Associazione per la sinistra e coordinato daMaria Luisa Boccia. L’ex ministro degli esteri e l’ex presidente della Camera trovano molti punti di contatto e, proprio mentre le dimissioni di Veltroni terremotano il Pd, vengono incalzati dall’ex primo rappresentante della delegazione palestinese in Italia, Ali Rashid, che ricorda loro che «una sinistra debole nel proprio paese non può aiutare gli altri». D’Alema teme che la questione palestinese «diventi meno importante in un’agenda statunitense nella quale sono subentrate altre priorità»: la crisi economica, l’Asia, la destabilizzazione di Afghanistan e Pakistan. La colonizzazione della Cisgiordania e i massacri di Gaza fanno sì che non solo «la Palestina rischi di diventare una tragedia dimenticata, ma che la prospettiva dei due stati venga duramente colpita». «Non soltanto - scherza,ma non troppo, D’Alema - ora ce ne sono tre (Israele, la Cisgiordania e Gaza, ndr), masono molti degli stessi leader arabi a non crederci più». Secondo il presidente della fondazione Italianieuropei, il nuovo inquilino della Casa Bianca potrebbe svolgere uno stimolo determinante per la pace solo se si realizzassero delle precondizioni: che in Israele si formi in questi giorni un governo non estremista, che i palestinesi ricompongano l’unità nazionale e che l’Europa faccia la sua parte e non continui ad appoggiare solo Tel Aviv. Se questo non si avverrà, D’Alema prefigura uno scenario a tinte fosche, perché «il conflitto israelo-palestinese sta cessando di essere un conflitto nazionale e diventando uno di natura religiosa». Il rischio è, se questo scenario prenderà corpo, che questa guerra «entri nelle nostre società», portata da quelle parti delle comunità islamiche tentate dalle sirene dell’estremismo. Bertinotti è un po’ più ottimista: bisogna guardare a quei segnali che indicano che il declino della soluzione dei due stati non sia irreversibile», come «l’elezione di Obama, che indica la fine dell’unilateralismo». L’ex segretario di Rifondazione comunista ricorda che la delegittimazione dell’interlocutore di pace da parte d’Israele è avvenuta prima con Arafat e poi nei confronti dell’occasione straordinaria del governo di unità nazionale palestinese e infine con la costruzione del Muro». Le macerie di Gaza sono ancora fumanti. «Non c’è dubbio - dice D’Alema - che è stata prodotta una serie di documenti» su presunti crimini di guerra commessi da Israele nella recente offensiva. Per Ali Rashid è necessario costruire una mobilitazione per raggiungere l’obiettivo di portare davanti alla giustizia i responsabili dei massacri.
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