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Il Foglio Rassegna Stampa
18.02.2009 Israele, quale governo?
Ipotesi

Testata: Il Foglio
Data: 18 febbraio 2009
Pagina: 3
Autore: La redazione
Titolo: «Perché in Israele è in arrivo un governo del presidente Peres»

Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 18/02/2009, l'analisi " Perché in Israele è in arrivo un governo del presidente Peres " sulle coalizioni che potrebbero formare il governo israeliano. Ecco l'articolo:

Gerusalemme. Che quella tra Kadima e il Likud, prima ancora che una contesa elettorale, sia una guerra di nervi, s’è capito lunedì scorso, quando i centristi hanno negato ai colleghi della destra di utilizzare la sala riunioni del loro partito. La richiesta era ben motivata: avendo portato alla Knesset 27 parlamentari (prima erano 15), all’indomani del voto i vertici del Likud si sono resi conto che la saletta assegnata loro nella passata legislatura sarebbe stata troppo piccola per ospitare le riunioni del nuovo gruppo parlamentare. Per una settimana, “in segno di amicizia”, quelli di Kadima hanno acconsentito a Bibi Netanyahu e ai suoi seguaci di riunirsi nella loro stanza, destinata al partito di maggioranza relativa (Kadima, con i suoi 28 eletti). La consuetudine è durata cinque giorni. Lunedì i parlamentari del Likud sono stati messi alla porta: “Quella stanza – ha spiegato poi un portavoce di Kadima alla stampa – è destinata al primo partito, che è quello cui spetta l’onore e l’onere di formare il prossimo governo. Visto che quel partito siamo noi, non vorremmo che il Likud approfittasse di una nostra gentilezza per accreditarsi per quello che non è”. Questione di sfumature. Ma a Gerusalemme valgono anche quelle. Il presidente Shimon Peres lo sa, ed è per questo che si sta prendendo tutto il tempo necessario (le consultazioni inizieranno stasera) per decidere a chi e in quali termini affidare l’incarico di formare il prossimo esecutivo. Sarà la sua esperienza e la sua scelta, prevista entro mercoledì 25, che con ogni probabilità condizionaranno il corso delle alleanze, e non il contrario. Gli schieramenti, infatti, sono costruiti soltanto in parte. Sulla carta il Likud è a buon punto: su un totale di 120 membri della Knesset, già 50 sarebbero disposti a sostenere un governo guidato da Netanyahu. Oltre che sul suo partito, l’ex premier può contare sul sostegno delle principali forze della destra religiosa, Shas e United Torah Judaism. Con questi ultimi, l’intesa è stata raggiunta proprio ieri. Tanti voti, ma non abbastanza. Ce ne vorrebbero altri undici, per non avere problemi di governabilità. Il buonsenso farebbe dire che basterebbe formare un governo ampio di centrodestra, con il sostegno determinante del leader nazionalista Avigdor Lieberman, per risolvere il problema. Il suo movimento, Yisrael Beitenu, ha infatti ottenuto 15 seggi alla Knesset. Lieberman sembra poco propenso al compromesso con il Likud. La sua campagna da leader di una destra laica e a vocazione maggioritaria ha pagato: Yisrael Beitenu è diventato il terzo partito del paese. Allearsi con Netanyahu, l’uomo politico che tutto sommato più gli somiglia, vorrebbe dire accettare la leadership del Likud nel fronte conservatore. Così, nonostante siano più le cose che dovrebbero unirli di quelle che dovrebbero dividerli, secondo gli analisti politici israeliani difficilmente Netanyahu e Lieberman finiranno per coalizzarsi. Piuttosto, quelli di Yisrael Beitenu sarebbero pronti a offrire il loro sostegno a una premiership di Tzipi Livni. Anche con il sostegno di Lieberman, però, i problemi di Kadima non sono risolti: a sostenere un gabinetto Livni, a quel punto, sarebbero 43 deputati. E i partiti di centrosinistra, Meretz e il Labor, hanno già lasciato intendere che – se scegliesse Lieberman come compagno di strada – Livni dovrebbe rinunciare al loro aiuto. Per arrivare (e magari oltrepassare) la quota di 61 seggi, ci sarebbe anche una terza via. Un governo di unità nazionale sostenuto dai tre principali partiti israeliani (Kadima, Likud e Yisrael Beitenu) potrebbe contare su una maggioranza parlamentare di 70 voti, che potrebbero salire a 83 qualora si aggiungessero anche quelli dei laburisti. I sondaggi dicono che gli israeliani vedrebbero di buon occhio l’operazione, e chi gli sta vicino sostiene che anche Peres stia valutando l’opzione. Il nodo resta però lo stesso che non sono riusciti a sciogliere gli elettori: se il prossimo premier debba essere Bibi o Tzipi, Tzipi o Bibi.

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