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La polpetta avvelenata di B.Spinelli 16/02/2009

Pubblichiamo due mail a commento dell'articolo di Barbara Spinelli pubblicato ieri domenica 15/02 sulla Stampa.

Da: Segre Fast Web <>
Data: Sun, 15 Feb 2009 18:48:42 +0100
A: "direttore@lastampa.it" <direttore@lastampa.it>
Conversazione: Per Barbara Spinelli
Oggetto: FW: Per Barbara Spinelli

La sua, a me ben nota, atavica antipatia nei confronti dello Stato di
Israele, la porta, con assoluta regolarità, a scrivere parole che non posso
non confutare. Ma, più grave, accanto a critiche che sarebbero lecite se
fossero basate su realtà oggettive, manca, nelle sue parole di oggi,
qualsiasi franca proposta su ciò che i governanti israeliani dovrebbero
fare. E manca, totalmente, l'esame di quello che sono e che vogliono, e non
solo da oggi, i rappresentanti dei Palestinesi. Insomma, il suo è un mero
esercizio di ragionamenti del tutto avulsi dalla realtà.
Inizia anche lei, come in tanti oggi, e sempre di più, quasi ci fosse una
regia occulta, col parlare di uno Stato binazionale. Ma poi si guarda bene
dallo spiegare al lettore che cosa ciò comporterebbe per GLI EBREI;
l'esperienza di quanto successe loro in quasi tutti i paesi musulmani,
spesso ancora legati all'ideale del nazismo, andrebbe ricordata, se si vuole
essere obiettivi, come lo scrivere su un quotidiano non di partito
imporrebbe.
A questo punto lei, ignorando volutamente il pensiero e le parole dei
politici della "destra israeliana", colpevoli solo perché "di destra",
inculca nel lettore la falsa credenza che chissà quali atroci disgrazie
costoro vorrebbero far cadere sul futuro dei Palestinesi. Già quando nacque
il governo Begin si dicevano le stesse cose, ma poi Begin fece la pace col
nemico, e vinse perfino un premio Nobel per la Pace.
Lei non distingue le diverse situazioni sul terreno, confondendo Gaza, i
territori, Gerusalemme est e il Golan, che vanno esaminate in modo distinto;
e non parte storicamente dall'inizio per fare i suoi ragionamenti. Avrebbe
dovuto ricordare che la Giordania, già paese "occupante" la Cisgiordania, al
momento della firma della pace non volle riprendersi quella patata bollente,
lasciandone ai governanti di Israele la gestione in attesa di non si sa bene
che cosa. E identica fu la posizione dell'Egitto con Gaza. E intanto proprio
i paesi arabi continuarono a non permettere la nascita di uno Stato
palestinese.
A Gaza l'uomo forte per antonomasia di Israele, Sharon, decise di
allontanare tutti i suoi concittadini, anche quelli che sempre vissero nella
Striscia, e tutti sanno quali conseguenze ciò ha comportato. Fu un errore
quello commesso da Sharon? Si potrà discuterne in eterno. Almeno però le
cose sono diventate chiare al mondo intero, o, almeno, a tutti coloro che
volevano capire le cose, senza pregiudizi.
Ma certo, per dirla con A.B. Yehoshua, furono proprio "quei mascalzoni di
Hamas a regalare la vittoria a Netanyahu come fosse un mazzo di fiori". E
lei questi ragionamenti non li fa, perché scomodi per la sua teoria.
Ma oggi, dopo l'esperienza di Gaza, quale politico israeliano di normale
intelligenza può tranquillamente dire di ritirarsi dai territori senza
quelle garanzie che nessun Palestinese sembra oggi intenzionato a dare? E
infatti nessun Palestinese le potrebbe dare, bloccati come sono tutti dai
fondamentalisti che considerano islamico fino all'ultimo centimetro quadrato
di tutte le terre dove hanno vissuto degli islamici.
Siccome tuttavia nessun governante di Israele pensa ad uno Stato di
apartheid (lei dovrebbe fare attenzione ad usare su La Stampa queste parole
quando parla di Israele: già in altra occasione ho potuto dimostrare ad un
suo collega, Mario Vargas Llosa, quanto fosse falso l'uso di quella parola),
il suo ragionamento non sta in piedi. E' vero che è arduo trovare una
soluzione (altrimenti qualcuno l'avrebbe già trovata) ma ciò non autorizza
alcuno a diffondere falsità che servono solo ad esacerbare gli animi.
L'idea di "riempire le pance dei Palestinesi per moderarli" lei la affronta
solo in modo superficiale, senza spiegare cosa ne è alla base. Tutti i
numeri (che lei mai cita) dimostrano quel che succede, e non da oggi, nella
realtà palestinese. I soldi arrivano, in grande abbondanza, da tutte le
parti, ma anziché servire al benessere della popolazione, arricchiscono solo
i capi (Arafat insegna!) e permettono l'acquisto di armi. Chi, tra quei
"mascalzoni" vorrebbe mai fermare la crescita di questo albero della
cuccagna? C'è una ben precisa volontà di creare e mantenere questa
situazione per facilitare il mantenimento dello status quo, unico in grado
di permettere, un domani, di annientare lo Stato di Israele. Il non voler
riconoscere questa realtà oggettiva, riconosciuta oggi anche da tante
persone illuminate in campo arabo, non è più accettabile. Se tutti quei
soldi andassero al miglioramento delle condizioni di vita dei Palestinesi,
creando posti di lavoro, tanti problemi troverebbero una soluzione. E chi,
tra i Palestinesi, vorrebbe trovare queste soluzioni, avrebbe finalmente la
possibilità di operare per il bene comune, e lo Stato palestinese vedrebbe
finalmente la luce.
Per Israele, da sempre, i Palestinesi sono una realtà ben riconosciuta (non
vale il viceversa, ahimé. E da qui nasce l'oggi impossibile soluzione del
problema). Lei non può sostenere il contrario. Se non fosse così non si
spiegherebbe il perché, grazie ad Israele, sono proprio i Palestinesi, tra i
popoli arabi della zona, ad avere, nel MO, la più lunga aspettativa di vita,
perché nel periodo dell'occupazione di Gaza il territorio ha goduto delle
maggiori migliorie, perché i residenti nei territori vedono la propria
condizione di vita migliorare come mai in passato. Voler cancellare queste
realtà permette si di portare avanti ragionamenti diversi, ma non autorizza
a spiattellarli come verità assolute.
Infine, sarebbe bello che un giorno lei incominciasse a pensare una cosa
semplice semplice: la pace, per ottenerla, bisogna volerla dalle due parti.
In Israele, tranne pochi pazzi, tutti la vogliono, anche negli schieramenti
della destra. Tra i Palestinesi, tranne alcuni (tenuti quasi tutti in
silenzio col terrore), nessuno la vuole, e comunque nessun Capo. Lo Statuto
di Hamas è disponibile a tutti, e parla molto chiaramente. Se lei non parte
anche da questo punto fermo, e se le sue parole sono quindi in contrasto con
questo, farà pura retorica, e, peggio, farà disinformazione.
Attenzione, però: per i fondamentalisti musulmani, il nemico da affrontare
non è solo Israele. "prima quelli del sabato, poi quelli della domenica"
hanno scritto sui muri della basilica di Betlemme. Se lo ricordi, Barbara
Spinelli! Mubarak e tanti altri arabi hanno capito che Israele sta lavorando
anche per loro. Provi a farselo spiegare per bene da uno come il rais
egiziano che ha imparato a conoscere bene i Palestinesi, lasciando da parte
quel pazzo di Gheddafi!
Emanuel Segre Amar

ho scritto al direttore della Stampa per esprimere la mia insoddisfazione per l'articolo della Spinelli; detto tra noi, raramente ho letto un articolo più brutto in vita mia. Fino a qualche anno fa non era così, ogni tanto scriveva delle cose interessanti.  Non capisco cosa sia successo, deve essere quella che io chiamo la "sindrome di Enzo Biagi" (Sergio Romano, ecc; unica eccezione, forse, Indro Montanelli): ci sono dei giornalsiti che non sanno invecchiare, ma che nessuno trova il modo di mandare in pensione.

Alessandra Pontecorvo


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