Pubblichiamo un’intervista di Lorenzo Bianchi a Yael Dayan, apparsa sabato 14 febbraio a pagina 18 sul RESTO del CARLINO nella quale la figlia del generale Moshe, ed ex deputata del Merez, esprime le sue opinioni sul risultato delle recenti elezioni israeliane.
Yael Dayan la sinistra è in macerie. Il Labor è crollato da diciannove a tredici seggi, il suo partito, Meretz, da cinque ad appena tre. Come descriverebbe la situazione dopo il terremoto elettorale del 10 febbraio?
“Sì, c’è stata una rovina, un crollo della sinistra. Si profila all’orizzonte un governo che non farà passi avanti sulla strada del processo di pace. In realtà l’elettorato era alla ricerca di una sorta di partito socialdemocratico. Nella fattispecie “Kadima” di Tzipi Livni potrebbe anche essere la risposta a questa richiesta. Ma il problema è che non ha conquistato un numero sufficiente di seggi. Sarebbero solo 55 su 120 comprendendo anche gli 11 andati ai partiti arabi. A questo punto non è per niente chiara la posizione di Netanyahu..” Yael Dayan, 69 anni, figlia del leggendario generale Moshe che trionfò nella guerra dei sei giorni del 1967, vicesindaco di Tel Aviv dal 2004, femminista, anima e fondatrice del Movimento Peace Now e della sinistra sionista del “Meretz” nel voto di martedì non trova neppure un esile filo di speranza per il futuro.
Disfatta della sinistra a parte, perché è così pessimista?” “Cominciamo il ragionamento con Benjamin Netanyahu. Lei lo vede seduto al fianco della Livni senza peraltro l’apporto di Lieberman e con il sostegno, invece, dei laburisti che sembrano ora molto presi dalla prospettiva di un bagno rigenerante come partito di opposizione? La situazione è senza dubbio molto complicata, per non dire una specie di disastro”. Le agenzie di stampa continuano a battere notizie su un esecutivo di unità nazionale, l’unica soluzione possibile in questa profonda frammentazione. “Dicano pure quello che vogliono. Ma l’ipotesi quale è? Che sia Tzipi Livni primo ministro?
No, lei vorrebbe, ma pare che faccia ,molta fatica a racimolare i voti necessari. “Questo rende più probabile l’incarico a Netanyahu. Lieberman sarebbe comunque necessario. A mio parere il governo di unità nazionale può eventualmente affrontare la crisi economica, ma non il problema di Gaza e neppure la situazione dei palestinesi. Su questo tema “Kadima”, nata per volontà di Sharon dopo il ritiro unilaterale da Gaza, e il Likud coltivano idee diametralmente opposte. In campagna elettorale Netanyahu si è speso per il no netto a qualsiasi restituzione di territorio significativa. Si è detto disponibile solo a dare un impulso all’economia palestinese. All’interno di “Kadima” quelli che condividono le idee del Likud sono, tutto sommato, molto pochi. In ogni caso Lieberman dovrebbe essere tenuto alla porta del nuovo governo che sarà varato”.
Dovrebbe essere escluso in ogni caso? “Sì, dovrebbe essere fuori da ogni eventuale combinazione, ma questa è la mia opinione”. Per quali ragioni? “Teorizza di spogliare della cittadinanza gli arabi che non giurano fedeltà allo stato ebraico. Questo è puro fascismo”. Qualcuno vede in lui una versione israeliana di Joerg Haider. Ha ragione? “Più o meno. In ogni caso il suo tratto più rilevante è il razzismo. Come si può accettare in Israele un leader di un partito politico che ha queste caratteristiche?”
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Su " LE TEMPS " dell'11 febbraio 2009
" Hamas? Una banda di mascalzoni!"
Intervista a Avraham Yehoshua fatta da Frédéric Koller, pubblicata in francese nella sezione " International " di IC (traduzione di Emanuel Segre Amar)
Lo scrittore Avraham Yehoshua, una delle principali garanzie morali nel
campo della pace in Israele, spiega perché ha sostenuto, fino alla fine,
l'intervento militare a Gaza, nonostante l'indignazione che questo ha
suscitato nell'opinione pubblica internazionale.
Subito dopo aver attraversato la porta del suo appartamento, in cima ad una
delle torri di Tel Aviv, Avraham Yehoshua si infiamma: "come osano, questi
giudici spagnoli, parlare di un tribunale per giudicare i crimini di guerra
di ufficiali israeliani! E' ridicolo. La Spagna ha partecipato al
bombardamento di civili, con la NATO, in Serbia. La Spagna spara sugli
immigranti alla propria frontiera!" Il tono ora è chiaro. Agli occhi di uno
dei più grandi scrittori contemporanei israeliani, che si presenta, insieme
ai suoi colleghi Amos Oz e David Grossman, come la garanzia morale nel campo
della pace, non soltanto Israele aveva la giustificazione per un intervento
militare a Gaza, ma nessuno è in condizione di criticare il modo in cui
l'operazione è stata condotta. "A parte la Svizzera e la Svezia, che non
hanno più combattuto guerre da 200 anni! Allora, avanti, criticate!"
Ma noi non siamo qui per criticare, ma piuttosto per comprendere.
Le Temps: - lei è arrabbiato contro le critiche internazionali?
Avraham Yehoshua: - Quando queste si alzano in questo modo, si. Io sono uno
dei severi critici di Israele sulla questione dell'occupazione e delle
colonie nei territori palestinesi. Sono 42 anni che io sono favorevole alla
formazione di uno stato palestinese, e al dialogo con l'OLP. Ma quando c'è
un gruppo vizioso come Hamas, che ci attacca dopo il nostro ritiro da Gaza,
e che spara da tre anni su dei civili israeliani, ciò non è accettabile. Da
otto anni i razzi degli islamici di Hamas hanno provocato la morte di 10
persone in territorio israeliano.
- In tre settimane Tsahal elimina 1300 persone, delle quali una maggioranza
sono civili e molti sono bambini. Si fa fatica a comprendere.
- Lo scopo non era quello di uccidere dei civili, ma di fermare il fuoco di
Hamas. Se si vogliono uccidere civili per uccidere dei civili, se ne possono
uccidere a migliaia. I nostri soldati hanno paura. Noi abbiamo paura.
Bisognava intervenire a un prezzo che fosse accettabile. Ciò non ha nulla a
che fare col principio di rivincita o con il voler dare una lezione
uccidendo dei civili.
- Perché avete sostenuto il principio di questa guerra?
- Si sarebbe dovuto intervenire molto prima, al momento dei primi tiri di
razzi, quando ci siamo ritirati da Gaza nel 2005. Prima, quando Hamas era in
guerra contro l'occupazione, aveva tutti i diritti di tirare, ma non più
dopo il ritiro unilaterale da Gaza.
- L'esercito israeliano è ben presto intervenuto con colpi mirati su
dirigenti di Hamas.
- Se si fosse tagliata l'erogazione di elettricità ai primi tiri di Qassam,
si sarebbe potuto evitare questa guerra.
- Questa sarebbe stata una punizione collettiva contro una popolazione che
non ha necessariamente scelto Hamas.
Ma che cosa volete? Che si continui a permettere loro di tirare sui nostri
concittadini? Sarebbe stato più utile per fermare i tiri di razzi, si
sarebbero evitati i morti ed i danni che ci sono stati dopo. Ma al posto di
questo, si è detto: non è poi una grande cosa! E così Hamas ha continuato,
anche durante questa guerra. Se Hamas, dopo una settimana di guerra, avesse
detto che accettava il cessate il fuoco, come avevano fatto l'Egitto e la
Siria nelle guerre precedenti, Israele avrebbe subito smesso di sparare. Ma
loro non l'hanno chiesto. Loro erano nascosti nei loro bunkers. Loro se ne
fregavano completamente della sorte dei loro cittadini che soffrivano.
- L'anno scorso Hamas aveva accettato una prima tregua di sei mesi. Ma
nessuna delle due parti l'ha rispettata.
- La tregua è stata più o meno rispettata.
- L'esercito israeliano è intervenuto il 4 novembre per uccidere dei
dirigenti di Hamas, nonostante la tregua in atto. Ed Israele non ha aperto
le frontiere di Gaza come era stato promesso.
- La questione delle frontiere è davvero bizzarra. Esiste una frontiera con
l'Egitto. Perché l'Egitto, che è un paese arabo, non apre il passaggio verso
Hamas? Perché, dopo il nostro ritiro, dovremmo essere responsabili di Gaza
quando Hamas vuole liquidare lo stato ebraico? Perché dovremmo permettere
loro il transito? C'è un passaggio, quello di Rafah (alla frontiera
egiziana). L'avremmo rispettato. Ma chi si chiede perché l'Egitto blocca il
passaggio?
- L'Egitto non vuole importare il problema palestinese sul proprio
territorio, mentre è gia impegnato con la minaccia dei Fratelli musulmani.
- Ah! Loro non vogliono il problema palestinese, e noi, noi dovremmo aprire
i passaggi! Non è un problema nostro. E' un problema loro! perché ci sarebbe
una responsabilità morale di Israele ad aprire simili passaggi, quando non
c'è più un solo soldato israeliano a Gaza, e non c'è più occupazione?
- Il blocco frenava de facto l'approvvigionamento di 1,5 milioni di
Palestinesi. Non ci sono, dalla parte egiziana, le infrastrutture necessarie
per far transitare gli aiuti internazionali.
- Che Hamas smetta di tirare, che inizi a costruire, e si apriranno i
passaggi anche senza chiedere loro di cambiare la loro carta costituzionale
che vuole la distruzione di Israele.
- Lei era d'accordo sugli scopi della guerra e sulla maniera nella quale fu
condotta?
- Se c'è stata brutalità, aggressività, da parte israeliana, evidentemente
non sono d'accordo. Ma il punto era: si può fermare il tiro dei razzi? Lo
scopo non era la distruzione di Hamas.
- Ancora questa mattina (venerdì) dei razzi sono stati tirati dal sud della
Striscia di Gaza su Israele.
- Ah si.
- Bisogna ancora colpire Gaza?
- No. Ma che cosa vuole? Che cosa farebbe lei se ogni cinque giorni ci fosse
il tiro di un razzo sul suo ufficio di Ginevra?
- Alcune voci - molto rare - in Israele pensano che ci fosse un margine di
negoziazione prima di colpire in questo modo. In ogni modo, un giorno
bisognerà pur parlare con Hamas.
- Hamas non vuole parlare con noi.
- In questo momento ci sono trattative tra Hamas ed Israele per il tramite
dell'Egitto.
- Si, indirette. Gli egiziani supplicano Hamas di fermare il fuoco. Ma loro
non vogliono. Lei non capisce che cosa è una banda di mascalzoni? Loro non
vogliono parlare con noi e noi non vogliamo parlare con loro perché negano
il nostro diritto di esistere. Noi abbiamo negoziato con l'OLP non appena ha
riconosciuto l'esistenza di Israele, nel 1988. Non dico che tutte le
negoziazioni siano riuscite. Rimangono i problemi dei profughi, di
Gerusalemme, ed altri.
-In Cisgiordania molte persone non credono più alla soluzione dei due stati,
perché la colonizzazione è andata troppo avanti. Gli estremi si rinforzano
nei due campi. Come si può rilanciare il processo di pace?
- Il Likud di Netanyahou, che finirà col vincere le elezioni, può mandare
dei fiori a Hamas per dire "grazie, voi avete rinforzato la destra". E' per
questa ragione che i paesi arabi sono in collera con Hamas e per questa
ragione non ci sono state manifestazioni in Cisgiordania a sostegno di
Hamas. Durante le tre settimane di guerra un milione e mezzo di Palestinesi
in Israele avrebbe potuto gridare "che cosa state facendo!". Ma non hanno
detto nulla.
- Loro sono già qualificati come traditori da alcuni politici. Delle
manifestazioni hanno avuto luogo in Cisgiordania ma sono state represse
dalla polizia del Fatah. E Hamas può inviare dei fiori al governo
israeliano, e, in particolare, a Sharon, che gli ha offerto il potere.
Forse Hamas può inviare dei fiori a Sharon.
- Può darsi che Hamas possa inviare dei fiori a Sharon. Evidentemente la
colonizzazione dei territori è molto grave e negativa.
- Si ritorna al cuore del problema: la colonizzazione che continua.
Si, è all'origine del problema. Ma se si tolgono le colonie, che cosa
succede? Invece di dire "grazie, molto bene, si incomincia a lavorare",
Hamas dice "voi ci lasciate! Noi vi perseguiremo, noi tireremo dei razzi più
potenti!". Come si può convincere il popolo israeliano a ritirarsi dalla
Cisgiordania?
- Lei dimentica delle tappe tra il ritiro unilaterale dell'esercito
israeliano e la presa del potere da parte di Hamas. Israele e la comunità
internazionale non hanno fatto nulla per impedire questo scenario. Non è il
risultato di una politica cieca?
- Si. Ma che cosa si poteva fare? Si, ma gli Stati Uniti hanno voluto le
elezioni. Allora si deve accettare la democrazia. Hamas vince. Bene, questa
è la volontà dei Palestinesi. Ma che Hamas la smetta di tirare. Se si vuole
la pace, una soluzione di due Stati, bisogna fare la guerra a Hamas. Non c'è
contraddizione. E' per questo che gli Arabi di Israele e della Cisgiordania
non sono stati solidali con Hamas.
- Ma oggi, in Cisgiordania, Hamas è più popolare di Fatah.
- E allora che cosa vogliono da noi?
- Voi avete colpito. Che si fa ora per la pace?
- L'Egitto ha preso la situazione in mano seriamente. Ha capito, dopo questa
guerra, che la situazione diventa estremamente pericolosa. L'Egitto è
responsabile per tutto questo. Avrebbe potuto aprire il passaggio di Rafah e
controllare il contrabbando di razzi. Le potenze europee devono anch'esse
dare il loro accordo per una soluzione di pace e bloccare i traffici. Mi
creda, Hamas smetterà i suoi tiri e comincerà a costruire delle case per lo
sventurato popolo di Gaza e smetterà pure di fabbricare dei razzi nelle loro
cucine.
- E Israele smantellerà le sue colonie e si ritirerà dalla Cisgiordania?
- Questo lo si deve fare. Sono necessarie delle pressioni europee e
americane molto forti su Israele e sui Palestinesi. Mi piace il discorso di
Obama quando ha ricordato il mondo musulmano e il proprio impegno
"aggressivo". Bisognerà essere aggressivi per ottenere un risultato. E' già
una buona cosa che Bush se ne sia andato. Israele è l'unico Stato creato
dall'ONU. La comunità internazionale ha il dovere di aiutarci per giungere
alla pace.