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Informazione Corretta Rassegna Stampa
14.02.2009 L'uso di Hamas degli aiuti umanitari
L'analisi di Danielle Sussmann

Testata: Informazione Corretta
Data: 14 febbraio 2009
Pagina: 1
Autore: Danielle Sussmann
Titolo: «L'uso di Hamas degli aiuti umanitari»

Prima, il “moderato” Abbas, presidente dell’Autorità Palestinese, si serve della riunione solenne del Parlamento Europeo per condannare Israele imputando all’esercito israeliano crimini di cui solo Hamas si è reso colpevole durante l’operazione Cast Lead. Dal 13 di febbraio, si sono aggiunti i ministri degli esteri e della giustizia che stanno premendo sull’ICC (International Criminal Court) affinché indaghi su Israele che accusano di crimini di guerra durante il conflitto a Gaza. Non dovrebbe essere accettata la validità delle dichiarazioni dell’AP, in quanto non rappresenta uno stato ed inoltre, Israele non riconosce l’autorità della corte.

 

Durante la guerra a Gaza, Hamas lanciava contro i soldati israeliani, bottigliette di medicine e siringhe contenenti esplosivo. Viene dimostrato, ulteriormente, con quale cinismo Hamas si sia servito degli aiuti umanitari. I contenitori farmaceutici, usati come granate, facevano parte di una grossa partita di medicine inviate a Gaza e prodotte dalla Jerusalem Pharmaceutical Company (filiale della Shire Company) che ha sede a el-Bireh, una città adiacente a Ramallah, in Cisgiordania. Pertanto, prove alla mano, le medicine-granate accusano Hamas e il Jihad islamico a Gaza, di un ulteriore crimine di guerra. Responsabilità cisgiordane, al momento, non sono evidenti.

 

E’ indubbio che non possano coesistere due staterelli palestinesi – verrebbe a dire, in aggiunta al terzo ben più grande: la Giordania, che si differenzia solo per una stella bianca nella bandiera identica a quella palestinese -  e sono tutti d’accordo a che i due “fratelli serpenti” si riappacifichino per dare concretezza alla creazione di uno stato palestinese legittimo. L’Egitto, in particolare, si impegna (formalmente) a che le due fazioni ritrovino la concordia, guardando all’obiettivo comune, anziché continuare nella  loro guerra fratricida che mette in stallo la creazione dello stato palestinese.

 

Sorprende la difesa ad oltranza dell’AP nei confronti di Hamas che, dopo il bagno di sangue in cui ha annientato gli uomini di Fatah e preso il potere nella Striscia, continua imperterrito a torturare ed ucciderli tutt’ora. Vero che Arafat abbracciò re Hussein dopo che il monarca giordano aveva annegato nel sangue il suo tentativo di golpe. Le riconciliazioni islamiche durano il tempo della forza dell’uno e quello della debolezza dell’altro, in attesa che le condizioni si ribaltino, come ha insegnato Maometto. E chi, meglio degli arabi, sa sfruttare questa tradizionale strategia?

 

Abbas ha due motivi fondanti per riappacificarsi formalmente con Hamas. Ancora deve evitare di essere ucciso, considerato che nel West Bank vi sono elementi nello stesso Fatah solidali con Hamas e che minacciano sia lui che Israele. Pur offrendogli un forte segnale di rispetto simbolico, con la sua prima telefonata da presidente, Obama lo ha messo ulteriormente all’angolo, avendo ribadito precedentemente la forte alleanza USA-Israele. Il secondo motivo è più coerente alle pressioni di Obama su Abbas affinché questi crei al più presto i presupposti per la realizzazione dello stato palestinese. Si potrebbe pensare che il comportamento di Abbas e dell’AP – nel condannare Israele a tutto spiano per l’operazione a Gaza – sia coerente ad entrambi gli obiettivi che gravano sul presidente dell’AP. Ma, Hamas si è reso colpevole di tali e tanti crimini – testimoniati o provati – da poter consentire ad Abbas di lasciare ad altri il compito di far condannare il regime islamista nella Striscia. In questo senso, si comprende l’indifferenza di Israele sul comportamento e alle accuse lanciate dal presidente dell’AP e dai suoi ministri.

 

La più grande vittoria su Hamas l’avremmo con la condanna internazionale per il suo comportamento da criminale di guerra dimostrato durante il recente conflitto. Aumenterebbero le testimonianze a condanna dell’organizzazione islamista da parte di coloro che ne hanno subito il regime e la ferocia. Si udrebbero anche le tante voci di coloro che sono riusciti a riparare all’estero in questi due anni. In questo senso sembrerebbe andare la decisione di Mubarak a non volere osservatori internazionali al confine tra la Striscia e l’Egitto. Tale presenza manterrebbe lo status quo all’infinito, poiché si è visto che gli osservatori non servono a nulla, ma fungono spesso da ostaggi. L’Egitto appare (dall’inizio del conflitto nella Striscia) sempre più determinato ad isolare Hamas, isolando la Striscia, e mettendo a segno alcuni colpi contro il contrabbando. Mubarak aveva inviato il figlio maggiore Gemal ad indagare sulla fattibilità di una vecchia proposta israeliana: scavare un largo e profondo fossato al confine della Striscia con l’Egitto. Solo agli arabi, poi, è concesso dalla comunità internazionale dei Diritti Umani a senso unico, fregarsene della popolazione. D’altronde, arabi ed islamici hanno contrapposto all’Occidente la loro Carta dei Diritti Umani (---).

 

Aspettiamo la certa punizione di Fatah contro Hamas, appena Hamas sarà isolato. Maometto attese  10 anni. Abbas si scatenerà prima. D’altronde, fintanto che Hamas non sarà isolato e sconfitto inernazionalmente, inutile parlare della creazione di uno stato palestinese. Hamas e l’islam estremista vogliono tutto quel millesimo di terra che è lo Stato di Israele. Non che Fatah non lo voglia pure, ma sa di non poter competere con Israele e Stati Uniti. Tanto più che la maggioranza dei palestinesi del West Bank sta assaporando i vantaggi economici di cui gode oggi e non ha alcuna intenzione di morire per l’islam.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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