Se non fossi Cristiano, se Cristo non avesse bussato così prepotentemente nella mia vita, sarei di sicuro un Ebreo, vorrei essere ebreo, far parte del popolo dell'Alleanza, recidere ogni legame con il passato e condividere tutto, presente e futuro con il popolo ebraico. Eh sì, perché è vero che gli Ebrei sono i nostri padri, perché basta averci avuto un po' a che fare, averne conosciuto qualcuno, aver letto di tanto in tanto il Vecchio Testamento, aver ascoltato il Vangelo alla messa della domenica, per capire che se sei Ebreo non hai sangue che ti scorre nelle vene, ma la Bibbia, i dieci comandamenti, la firma dell'alleanza tra l'Uomo e Dio. Ecco perché non possono che disturbarmi le parole di padre Abrahamovicz, capo della comunità lefevriana del Nord-Est, il quale invita senza mezzi termini gli Ebrei a smettersela e a convertirsi perché "è ora che riconoscano Cristo, il Messia". Sì, è profondamente vero. Gli Ebrei non riconoscono in Cristo il Messia, sono ancora lì ad aspettarlo. Ma chi è padre Abrahamovicz per giudicare un popolo intero, un popolo senza il quale al Cristianesimo stesso mancherebbero le basi e le ragioni di esistere? Per chi è cattolico come me, è chiaro, può sembrare un'eresia sostenere che Gesù non era il Messia, non era Dio. Ma, volendo spaccare il capello in quattro, se siamo dei veri cristiani come diciamo di esserlo, quante volte dovremmo ammettere di aver rinnegato Cristo, di averlo tradito non riconoscendo il Gesù che è presente e vivo nelle persone che ci stanno accanto, in quelle che soffrono, in quelle che ci chiedono aiuto, ma noi no, per loro non abbiamo mai tempo? Siamo umani. E chissà quante volte sarà capitato a padre Abrahamovicz, a un lefevriano di ferro. Francamente non capisco la decisione di Benedetto XVI di far pace coi lefevriani, di riprendersi dentro una fraternità così ultraconservatrice, così restauratrice della Chiesa pre-Concilio. E non lo capisco perché, oltre alle ultime sterili polemiche sull'esistenza o meno della Shoah e delle camere a gas (mi sembra che ci siano abbastanza prove storiche che testimoniano entrambe), oltre al loro evidente antisemitismo, non riconoscono il fatto che è stato il Concilio Vaticano II a salvare la Chiesa, a permetterle di raggiungere tutto e tutti. Il Concilio è stato un passo necessario, che ha permesso che i tempi stessero al passo con la Chiesa e non, come sostengono gli ultrà del cattolicesimo, che la Chiesa stesse al passo coi tempi. E poi, miei cari, la Chiesa deve riavvicinarsi il più possibile alle origini, a quello che era il Cristianesimo primitivo, fatto di pochi fronzoli, pochi precetti di stampo farisaico, e molta sostanza. Come può una messa in Latino, un rito che più rito non si può dove ci si inginocchia per tutto il tempo, dove non si vede nulla se non la nebbia provocata dall'incenso, dove l'altare è girato, come può tutta questa "forma" riavvicinare la gente alla Chiesa, far conoscere Dio a chi ancora non ha incontrato Cristo? Certo, mi si potrà obiettare che oggi molte chiese sono vuote, che c'è la crisi delle vocazioni e quant'altro. Ma se avessimo continuato con le forme e i riti precedenti al Concilio, sarebbe peggio. E non mi si dica che la tradizione è stata tradita, perché è la tradizione che deve servire l'uomo e non viceversa. Altrimenti rischiamo di dare immagine di un cristianesimo vecchio, stantio, pesante e moralista. E questo è da evitare. Come è da evitare di sostenere che un musulmano, un ebreo, un protestante, non possano salvarsi se non aderiscono alla Chiesa Cattolica Apostolica Romana. Niente di più falso, perché se così fosse, Dio non sarebbe Dio. Per chi ci crede, al Signore basta un movimento impercettibile di un'unghia per salvare un uomo, per far andare in Paradiso anche chi appartiene ad una fede diversa. E poi, parliamo di Israele. E' l'unico stato democratico e libero del Medio-Oriente, l'unica roccaforte di valori Occidentali, l'ultimo bastione della libertà contro il totalitarismo islamico. Chi è che accoglie i cristiani perseguitati dalle pseudo-democrazie o dalle dittature islamiche della regione? Israele. Chi è che paga ai propri cittadini musulmani il viaggio a La Mecca? Israele. Da destra e da sinistra, oggi, va di moda attaccare Israele, dire che sbaglia, che massacra i palestinesi, che è troppo militarista, che ordisce complotti sionisti volti a conquistare il mondo. Però, ci si dimentica, guarda caso, che una cosa è vivere con i missili che ti svolazzano in testa o andare sull'autobus con il rischio di saltare in aria da un momento all'altro, e un'altra e vivere in una tranquilla via di periferia in Europa. Sono un sionista? Sì, sono un sionista e se fossi israeliano ne sarei molto molto orgoglioso. Ma in fondo in fondo tutti siamo un po' israeliani, anche se non ce ne rendiamo conto. Se Israele dovesse cadere, si metterebbe male per tutti noi. Andrea Usai articolo pubblicato da La Voce di Romagna del 12 febbraio 2009