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Cari amici, vi invio una nota di Mauro Perani, che ho letto nel sito dei biblisti. Potrebbe essere interessante per i lettori, viste le inesattezze di Rumiz Saluti Dario Bazec ---------------------------------------------------------------------------------------------- ALLEGATO Inoltro una mail che ho appena inviato a Paolo Rumiz con alcune osservazioni al suo articolo apparso oggi su "la Repubblica" alle pp. 44-45 del nazionale e dedicato al nuovo catalogo dei Mss, ebraici della Vaticana. ----- Original Message ----- From: Mauro Perani To: p.rumiz@repubblica.it Cc: sd@repubblica.it Sent: Thursday, February 12, 2009 7:47 PM Subject: A proposito dell'articolo di oggi sul nuovo catalogo dei Mss. ebraici della Biblioteca Vaticana Caro Paolo Rumiz, ho letto stamane con interesse su "La Repubblica" le sue due pagine 44 e 45 dedicate al nuovo catalogo dei Mss. ebraici conservati presso la Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), alla presentazione del quale ho partecipato a Roma lo scorso 30 gennaio, in via dell'Ospedale, vicino a San Pietro. Mi piace l'impostazione generale e il suo lodevole sforzo di elogiare un episodio che, in un momento in cui il dialogo e il rapporto fra Vaticano ed ebraismo a dir poco segna il passo, acquisisce un significato particolare. Mi permetto di sottolineare che il suo testo è pieno di errori plateali e di imprecisioni che, essendo i manoscritti ebraici il mio campo di lavoro quotidiano e di insegnamento, vorrei amichevolmente segnalarle. 1. il catalogo non è stato stampato a Gerusalemme, ma in Vaticano sulla base di un testo preparato a Gerusalemme in una versione camera ready. Quindi in realtà è il contrario del titolo posto in alto: non "Curato a Roma e stampato a Gerusalemme", ma curato a Gerusalemme e stampato a Roma. 2. Il commento al Levitico del sec. IX, al quale è stata apposta la vocalizzazione e l'accentazione secondo il sistema babilonese, non è affatto "il più antico manoscritto ebraico esistente sulla faccia della terra"; ma forse uno dei più antichi della tradizione medievale, perché i più antichi sono i rotoli del Mar Morto scoperti a Qumran a partire dal 1947, i quali datano dal II sec. a.e.v. al I e.v. ossia circa mille anni prima del manoscritto vaticano in questione. Eì vero che fra i manoscritti di Qumran e i più antichi codici della tradizione medievale, appunto del IX sec. e.v., ci sono circa ottocento anni quasi senza alcuna documentazione manoscritta, ma resta quanto ho sottolineato. 3. Quella conservata presso la BAV non è affatto, come si legge, "la più grande raccolta di manoscritti ebraici del mondo". Infatti è ben più grande, quantitativamente, la collezione della Bodleiana di Oxford, o quella della Palatina di Parma, con i suoi 1600 mss. ossia circa il doppio di quelli vaticani. Ora certamente i codici ebraici della BAV, come quelli della Palatina di Parma, sono di grande pregio per l'antichità e la qualità dei testi, ma non hanno affatto il primato per la quantità. 4. Un titoletto poco sotto la metà della prima colnna di sinistra dell'articlo è errato (forse non lo ha fatto lei), perché il commento al Levitico non è affatto scritto in babilonese (che era una grafia cuneiforme), ma in ebraico, con un sistema di vocali e accenti (segni posti sotto o sopra le consonanti ebraiche) secondo il sistema babilonese, esistito assieme a quello tiberiense (elaborato dalle accademie rabbiniche di Tiberiade in Palestina), che ebbe il sopravvento sul primo. 5. Malachi Beit-Arié, amico con cui collaboro da decenni, non è il curatore del catalogo, che è invece l'amico Benjamin Richler, mentre al primo si devono le descrizioni paleografiche e codicologiche. 6. L'espressione "Bibia Volterra" è inesatta, perché se è italiano deve avere due "b", mentre se è latino ha la "l": Biblia. 7. Dopo la menzione del know how, si afferma che "si studiano i vecchi testi in alfabeto askenazita o sefardita": è errato perché non di alfabeto si tratta, che è sempre quello ebraico, bensì di tipo di scrittura dei copisti, secondo la tipologia o lo stile di grafia sefardita e ashkenazita. 8. Certamente l'errore storico e culturale più grave è quello in cui si afferma che: "C'è gente che a causa della Controriforma cambia identità: vedi il figlio di rabbi Nissim Abu-l Faraj di Sicilia ... che diventa Guillelmus Raimundo Moncadae, e da convertito, Flavius Mitridates, traduttore in latino della Qabbalà per Pico della Mirandola". Questa frase è davvero una collezione di errori, che di seguito elenco: a) non di cambio di identità si tratta, bensì di conversione al cristianesimo; b) il cambio di nome da Shemuel ben Nissim a Guglielmo Raimondo Moncada avviene in occasione della conversione; c) Flavius Mithridates nel periodo della Controriforma era già morto da circa 50 anni. Infatti, pur non conoscendo esattamente la data di nascita, da collocare comunque con ogni probabilità negli anni Quaranta del Quattrocento, si è convertito nel 1466, mentre il 1491 è il teminus post quem della morte, poiché in questo anno sua madra nel proprio testamento lo menziona come vivo. Ma al massimo potrebbe essere stato ancora vivo nei primissimi anni del Cinquecento, non certo alla metà del Cinquecento. Quindi non ha mai avuto nulla a che fare con la Controriforma. Con viva cordialità, Mauro Perani. PS: Indico un volume da me curato l'anno scorso e contenente gli atti di un convegno su Flavio Mitridate. Perani, Mauro (a cura di), Guglielmo Raimondo Moncada alias Flavio Mitridate. Un ebreo converso siciliano. Atti del Convegno Internazionale Caltabellotta (Agrigento) 23-24 ottobre 2004, Palermo: Officina di Studi Medievali 2008 pag. 268; ISBN: 88-88615-67-9. |
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