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Replica alla provocazione sull’antisemitismo tollerabile 06/02/2009

In realtà, la cancelleria Angela Merkel pone due questioni basilari. Una, in ambito cristiano, sulla coerenza del cattolico che deve accettare le regole della Chiesa, riconoscendo al Papa la dovuta obbedienza, soprattutto se membro del clero. Il diritto ad esprimere il suo parere, la Merkel lo ha per via della sua matrice culturale europea e cristiana. Detto questo, il vero sostanziale appunto che la Merkel ha fatto al pontefice deriva dalla posizione tedesca di contrastare ogni forma di antisemitismo. Da quando è salita al potere, oltre alla legge che considera reato il negazionismo della Shoah, la Merkel ha via via dato forti segnali contro l’antisemitismo. Ha aperto tutti gli archivi tedeschi della IIa Guerra Mondiale che sono allo studio degli storici. Non poteva non intervenire coerentemente sul caso Williamson, tanto più che quest’ultimo ha portato in causa la Germania con il timore, espresso a conclusione dell’intervista, di poter venire arrestato per le sue dichiarazioni al giornalista svedese in Germania. L'intervento della Merkel, inoltre, difende la posizione dei vescovi tedeschi che hanno condannato in blocco Williamson e i lefebvriani. La questione sull’islam è ben più vasta e complessa. Da un lato, abbiamo la religione islamica – che non è un unicum - e il suo miliardo e mezzo di fedeli, dall’altro,  la manipolazione interpretativa e politicizzata della religione da parte degli islamisti. Qual’è l’obiettivo di questi ultimi? Quello di influenzare tutti i musulmani, accreditando l’opinione che sia in atto un odio occidentale ed infedele nei loro confronti. Il fulcro di tale odio per ora, sono Israele e gli Stati Uniti. La propaganda degli islamisti, si esprime su quattro capisaldi fondanti come analizzato dal professore Yaniv Levyatan che insegna all’Ezri Center for Iran and Persian Gulf Studies, Università di Haifa: la strategia della verità, scudo umano, drammatizzazione, demonizzazione. 1) I leader fondamentalisti sono gli unici detentori della verità, in quanto unici interpreti della legge coranica impossibile da confutare pena la condanna a morte; 2) La tecnica dello scudo umano permette ai guerriglieri di trasformare ogni reazione militare avversaria in un massacro di civili; 3) La drammatizzazione «ha lo scopo d’ingigantire al massimo la portata del colpo subito per impressionare l’opinione pubblica mondiale con la crudeltà israeliana»; 4) la demonizzazione, infine, mira a trasformare il nemico in un essere disumano. Il lavaggio del cervello per il mondo islamico inizia già nei piani scolastici e nei programmi televisivi per l’infanzia.

 

 

In aggiunta, l’Europa non si è accorta della strategia islamista in atto dal 1991 – con la Guerra del Golfo – che ha iniziato a radicarsi in Europa con le associazioni “culturali” islamiste, con imam autodichiaratisi, che iniziavano a fomentare gli strati più frustrati e il malcontento musulmano delle periferie delle grandi città europee. Reclutando nelle loro file, grazie ai finanziamenti arabi, giornalisti, politici e capipopolo terzomondisti. Quando l’Europa se ne è accorta, verso il 2005, grazie all’impegno di alcuni dissidenti di valore, era ormai troppo tardi. Da più di 14 anni, gli islamisti si sono rafforzati prima nella società musulmana europea, facendosi temere dai moderati, sfruttando in seguito i vantaggi del sistema democratico occidentale con veri e propri ricatti. La Chiesa cattolica, più delle altre Chiese, persegue da sempre ed ostinatamente una politica filo-araba sul Medio Oriente. Tra il negazionismo arabo e quello antisemita europeo, non esiste più alcuna differenza. Protestare contro il Vaticano che accoglie fra le sue fila un vescovo negazionista, anche se deve essere riconfermato vescovo, dopo il clamore suscitato, è coerente ai principi della politica e della legge tedesca. Quanto all’islam, a meno di non cercare lo scontro fisico ed incendiare l’Europa, non si possono che cercare di risolvere gli errori, sottovalutati al tempo dell’indipendenza degli stati arabi, che risalgono al dopoguerra. Strutture periferiche da risanare, educazione, controlli nelle moschee e nei centri culturali islamici con imam accreditati e sermoni in lingua del paese ospitante, ecc.ecc. Ma si tratta di una strategia che deve partire dal basso e non certo da raggiungere nel confronto conflittuale. Non è questione di tollerare o meno l’islam aggressivo, ma di fare le debite differenze tra questi e i musulmani che non lo sostiene. Intanto, una decisa e comune presa di posizione nel condannare il negazionismo e l’antisemitismo occidentale, in seno all’occidente, serve da esempio per le comunità e paesi islamici. Sottovalutare il fenomeno come si è fatto ad oggi, offre più di un valido sostegno alle tesi antisemite dell’islamismo e dei paesi islamici che lo sostengono. Perciò un vivo grazie alla Merkel e ai vescovi tedeschi.

 

 

Danielle Sussmann


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