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Corriere della Sera Rassegna Stampa
05.02.2009 Per Sergio Romano i razzi kassam non sono terrorismo
l'apologia di Hamas dell'ex ambasciatore

Testata: Corriere della Sera
Data: 05 febbraio 2009
Pagina: 31
Autore: Sergio Romano
Titolo: «I missili lanciati da Hamas e gli attentati terroristici»

Rispondendo ad una lettera di un lettore che gli chiede spiegazioni sul perchè abbia negato che i lanci di razzi da Gaza siano atti terroristici, Sergio Romano sul CORRIERE della SERA di oggi, 05/02/2009,individua arbitrariamente le caratteristiche che contraddistinguerebbero un attentato terroristico (clandestinità dell'organizzazione, segretezza, imprevedibilità dell'attentato, uso della vita dell'attentatore come arma suprema), poi "dimostra" che Hamas, non essendo un'associazione segreta e utilizzando uno stile di combattimento identico a quello dei corpi speciali degli eserciti (colpire e nascondersi), non compie in realtà attentati terroristici.
Romano tenta così di eludere così la   questione fondamentale: Hamas, anche quando lancia i razzi, colpisce deliberatamente i civili per ottenere obiettivi politici, dunque è un'organizzazione terroristica. Per altro, non soltanto gli Stati Uniti, ma la stessa Unione europea, certo non sospetta di partigianeria filoisraeliana, la definiscono così.
Romano ha però una risposta pronta anche per questa obiezione: paragona gli attentati a Sderot (mirati alla popolazione civile) agli attacchi che Israele ha fatto a Gaza nel corso dell'operazione Piombo Fuso (mirati a obiettivi militari). Per Romano non c'è differenza fra chi si difende e chi attacca, sono tutti (o nessuno) terroristi, tutti nello stesso calderone. Inoltre Israele sarebbe colpevole  di condurre nei confronti di Hamas una guerra "asimmetrica", data la sua superiorità militare.
In definitiva: se Israele viene attaccata di Hamasnon ha il diritto di difendersi. Dovrebbe lasciarsi distruggere senza fiatare.

Ecco il testo: "I missili lanciati da Hamas e gli attentati terroristici"

Ho sempre pensato che lo scopo dei terroristi fosse di causare almeno terrore fra i civili indifesi. Se i lanci di razzi da Gaza non sono atti terroristici come lei ha asserito, che cosa sono?
Franco Ottolenghi
franco.ottolenghi@tiscali.it

Caro Ottolenghi,
Come lei sa, la definizione di terrorismo è un difficile esercizio a cui sono stati dedicati studi importanti e dibattiti interminabili, soprattutto alle Nazioni Unite. Personalmente uso quella che mette l'accento sulla clandestinità dell'organizzazione, la segretezza e l'imprevedibilità dell'attentato e, come nel caso del terrorismo religioso, l'uso della vita dell'attentatore come arma suprema. Nella guerra dei missili contro i territori israeliani queste caratteristiche non sono presenti. Le milizie di Hamas non sono una organizzazione segreta e ne hanno dato la prova, tra l'altro, combattendo contro le forze armate israeliane durante le scorse settimane. Si spostano rapidamente dopo il lancio del missile e cercano di sfuggire alla rappresaglia. Ma questo è uno stile di combattimento comune a tutti i corpi speciali (arditi, commando, incursionisti, raiders, Seals) creati dalle forze armate di molti Stati nel corso del Novecento.
Qualcuno potrebbe osservare, tuttavia, che i missili colpiscono centri abitati e sono diretti contro la popolazione civile. È vero. Ma l'uso della popolazione civile come obiettivo militare non è una novità introdotta dai movimenti dell'islamismo radicale. Il fenomeno comincia con i primi bombardamenti della Grande guerra. Assume proporzioni maggiori durante la guerra cino- giapponese e la guerra civile spagnola. Diventa una componente fondamentale della strategia dei Paesi combattenti durante la Seconda guerra mondiale. I bombardamenti tedeschi di Coventry, le V1 e le V2 lanciate su Londra, le bombe americane su Milano e Roma nel 1943, i bombardamenti anglo-americani di Dresda e di Amburgo, le bombe atomiche lanciate dagli Stati Uniti su Hiroshima e Nagasaki, non si proponevano la distruzione di un obiettivo militare. Il loro bersaglio era il «morale», vale a dire quel valore intangibile da cui dipende in ultima analisi la capacità di combattere e di resistere. Si colpiscono i civili, in altre parole, per piegare la loro volontà o, meglio ancora, aizzarli contro il loro governo. Se usiamo questo criterio, tra l'assedio israeliano di Gaza e i missili di Hamas contro Sderot e altre città esistono meno differenze di quanto non appaia a prima vista. Lo scopo, in ambedue i casi, è quello di attaccare il «fronte interno» del nemico e creare alle sue spalle un diffuso sentimento di rabbia e paura. Gli israeliani assediavano Gaza nella speranza di spingere il suo popolo alla rivolta. Hamas bombardava Sderot nella speranza di provocare Israele. E ha raggiunto il suo obiettivo.
Aggiungo un'altra considerazione. Quella di Israele contro Hamas è una guerra doppiamente asimmetrica. È tale, anzitutto, perché i due combattenti hanno arsenali totalmente diversi e il piccolo non può permettersi di giocare la parte con le regole rese possibili da armi di cui non dispone. Ed è asimmetrica, in secondo luogo, perché Israele non riconosce all'organizzazione palestinese lo statuto di combattente legittimo. Quando è considerato brigante il nemico tende inevitabilmente a comportarsi come tale. Ma non è necessariamente un terrorista.

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