Il linguaggio conta, determina la nostra percezione del mondo. Spesso leggiamo sui giornali: “Militanti di Hamas, sparano, tirano missili, attaccano ecc.”. Perché “militanti”? La parola indica chi aderisce attivamente a un partito o a un’altra organizzazione politica. Per chi è anti-israeliano definire i membri di Hamas e di Hizbullah come “militanti” è ribadire la tesi di D’Alema: si tratta di partiti legittimi, che portano le armi così per errore, ma essenzialmente fanno politica. E chi non ci crede come li deve chiamare? “Militari” no, perché militare è il membro di un esercito legale e Hamas non lo è. “Guerrigliero” sottolinea il legame con le “romantiche” attività del Che Guevara e dintorni: improprio. Per male che se ne possa pensare, non rapivano gente a scopo di riscatto né bombardavano i civili. “Miliziani”, cioè appartenenti a “milizie” gruppi armati non statali, è accettabile. La parola giusta è “terroristi”, membri di organizzazioni che perseguono scopi politici attaccando indiscriminatamente i civili. Dunque “Terroristi di Hamas sparano, tirano missili ecc.” Ricordiamocene. Il linguaggio conta.