Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
La storica Lucetta Scaraffia "dimentica" l'alleanza tra il muftì di Gerusalemme e Hitler nella sua recensione del saggio di Anna Foa
Testata: Corriere della Sera Data: 04 febbraio 2009 Pagina: 41 Autore: Lucetta Scaraffia Titolo: «Vedi alla voce kibbutz e yiddish»
Da pagina 41 del CORRIERE della SERA del 4 gennaio 2009, riportiamo l'articolo di Lucetta Scaraffia "Vedi alla voce kibbutz e yiddish", recensione del saggio Anna Foa "Diaspora". Ne segnaliamo un passaggio: "E poco nota è la terribile responsabilità che hanno tutti gli Stati occidentali nei confronti degli ebrei che cercavano di fuggire dalla Germania dove erano sottoposti a vessatorie discriminazioni razziali e dove, poco tempo dopo, avrebbero conosciuto il genocidio: nessuno accettò di accogliere gli ebrei in pericolo, e perfino le comunità ebraiche di Palestina, pronte ad accogliere i loro fratelli, si trovarono nell'impossibilità di farlo perché i britannici temevano che gli arabi si alleassero con i tedeschi, e cercavano quindi di non irritarli con altre correnti migratorie".
Stupisce che una storica come Lucetta Scaraffia ignori la notevole produzione di libri che indagano e documentano l'alleanza tra il Gran muftì di Gerusalemme, Haji Amin al Husseini, e Hitler. Sotto la guida del muftì, gli arabi palestinesi furono inquadrati nelle forze naziste, e combatterono al loro fianco. L'alleanza arabo-nazista era dunque una realtà.
Su di essa, segnaliamo ai nostri lettori un interessante video, che può essere visto al seguente link, o sulla home page di INFORMAZIONE CORRETTA
È più che una storia degli ebrei nel Novecento Diaspora (Laterza, pagine 288, e 19), il nuovo libro di Anna Foa. E non solo per lo stile avvincente, che appassiona anche chi, come me, ne ha seguito da vicino genesi e stesura. Questo libro racconta infatti la storia della nuova identità ebraica che si forma nel confronto con la modernità, un'identità ricca di sfaccettature e di aspetti imprevedibili che ancora attende di essere compresa e compiuta: «Chi è ebreo oggi?» si domanda la storica nell'ultima pagina. Scomparsa l'anima dell'ebraismo europeo, l'identità ebraica si fonda oggi su due nuovi paradigmi, la Shoah e Israele, tra gli ebrei americani e quelli che vivono nello Stato ebraico, mentre in Europa la diaspora pare «un cimitero fatto di memorie e di fantasmi», dove «un ebraismo virtuale ha preso il posto di quello reale». Foa mette in rilievo aspetti poco noti, che fanno riflettere: uno dei più importanti, il ruolo decisivo degli ebrei dell'Est europeo, che pure erano i meno «moderni» in quanto ultimi a ottenere parità giuridica, che hanno portato negli Stati Uniti l'ebraismo ortodosso ma anche la spinta all'assimilazione, che hanno inventato il socialismo ebraico dei kibbutzim e che, a causa del loro numero imponente e della loro povertà, hanno dato la spinta definitiva a Hitler per procedere all'orrore della «soluzione finale». Ma sono anche quelli che, con l'uso di una lingua propria, l'yiddish, hanno per primi costruito una cultura solo ebraica, e perfino una tradizione iconografica particolarissima, resa celebre dal russo Marc Chagall. Ed è stato l'ebraismo russo a inventare il sionismo, cioè «l'adozione più netta dei paradigmi della modernità », che interrompe «il processo ormai avviato di integrazione e di assestamento degli ebrei nei Paesi dell'Europa occidentale, rimettendo radicalmente in discussione l'esistenza stessa degli ebrei della diaspora ». Nuova anche l'attenzione data all'esplosione culturale che si verifica nell'ebraismo europeo, finalmente emancipato, tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento: «La cultura europea sembra improvvisamente fatta tutta in buona parte da ebrei». Una creatività che non si spiega solo con l'emancipazione, ma anche con la particolare affinità degli ebrei con la modernità, soprattutto nei suoi aspetti più nuovi: ebrei saranno infatti i direttori di teatri e giornali, i musicisti all'avanguardia e i protagonisti creativi del mondo del cinema. Centrale è stato il ruolo degli ebrei di cultura tedesca — basti citare Freud, Einstein, Mahler, Schönberg — poi tutti costretti a emigrare dal nazismo. La novità è anche che si tratta di una cultura priva di religione, quando non apertamente antireligiosa, che però resta ebraica nel profondo: divenuti finalmente cittadini come gli altri degli Stati europei — come dimostra l'ampia partecipazione alla Prima guerra mondiale — gli intellettuali sono spinti alla costruzione di un'identità ebraica alternativa a quella religiosa, ma altrettanto forte quanto quella. Largo spazio, ovviamente, è riservato alla complessa costruzione dello Stato di Israele, rispetto al quale molti degli intellettuali fondatori, come Martin Buber e Gershom Scholem, avevano fin dalle origini colto le contraddizioni e individuato il problema più grave, cioè la relazione con gli arabi, che «avrebbe costituito il test morale alla luce del quale sarebbe stato giudicato il sionismo». E poco nota è la terribile responsabilità che hanno tutti gli Stati occidentali nei confronti degli ebrei che cercavano di fuggire dalla Germania dove erano sottoposti a vessatorie discriminazioni razziali e dove, poco tempo dopo, avrebbero conosciuto il genocidio: nessuno accettò di accogliere gli ebrei in pericolo, e perfino le comunità ebraiche di Palestina, pronte ad accogliere i loro fratelli, si trovarono nell'impossibilità di farlo perché i britannici temevano che gli arabi si alleassero con i tedeschi, e cercavano quindi di non irritarli con altre correnti migratorie. Davanti a questo, il problema dei silenzi sembra poca cosa.
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