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Luciano Tas
Le storie raccontate
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1984: repressione del dissenso ebraico in Urss
 

E’ a gennaio che il Premier cinese Zhao Ziyang si reca negli Stati Uniti per incontrare il Presidente Ronald Reagan. E’ la prima volta in assoluto che un capo della Repubblica popolare cinese incontra un Presidente americano. E’ davvero un evento storico, perché da qui incomincia, seppure lentamente, il disgelo tra le due grandi potenze. E’ un successo della diplomazia USA che in Reagan ha uno dei suoi più importanti  e fortunati Presidenti. La sua nomina era stata oggetto di scherno tra le sinistre europee che gli rinfacciavano il suo passato di attore cinematografico “di serie B”.

In realtà Reagan provvederà a metter fine alla guerra in Vietnam, e anni dopo a trovare insieme al Premier sovietico Gorbaciov la strada per uscire dalla guerra fredda. Due grandi figure che saranno a lungo ricordate dalla Storia.

Ancora a gennaio ‘84 si registra un inasprimento nella repressione di Mosca alla lotta che gli ebrei sovietici hanno intrapresa per recuperare i loro diritti culturali e nazionali (in URSS quella ebraica non è una religione ma una nazionalità il cui territorio è dal 1928 nella regione asiatica del Birobigian, confinante con la Cina e bagnata dai fiumi Amur e Ossuri, che saranno il teatro di duri combattimenti tra forze cinesi e forze sovietiche), oppure per emigrare liberamente nella loro “vera” patria, Israele, dove almeno pogrom non ne conosceranno più.

E’ in carcere e versa in pessime condizioni di salute una delle figure di maggior spicco della dissidenza ebraica in URSS, Anatolij Sharanskij che dopo diversi anni di carcere durissimo riuscirà a raggiungere Israele, dove, uomo di grande intelligenza e sensibilità, diventerà più tardi ministro.

Gli ebrei in URSS sono diventati ora merce di scambio con gli Stati Uniti.

Se è vero che il leader sovietico Breznev era andato maturando l’idea di sbarazzare l’URSS di tutti i suoi ebrei, continuando così l’opera appena intrapresa da Stalin, l’idea originale non è mutata, è solo cresciuto il prezzo della “merce”. Il convincimento tutto antisemita della dirigenza sovietica che gli ebrei costituiscano una sorta di consorteria potente deriva dal fatto che quella dirigenza ha finito per credere alle sue stesse menzogne, e cioè che una potente lobby ebraica americana ed una ancora più potente “Internazionale ebraica” sarebbero in grado di condizionare la politica occidentale. Una credenza bene radicata ancora agli albori del XXI secolo persino tra qualche vescovo già scomunicato come scismatico e ai nostri giorni riabilitato dalla Chiesa cattolica.

E’ così che due milioni e mezzo di ebrei dell’URSS sono in balia della più ferrea dittatura reazionaria del mondo contemporaneo. Per quella dittatura è davvero il “1984” di George Orwell.

Il problema che nasce nel XX secolo – il terrorismo in tutte le sue forme – si acutizza in modo crescente negli anni Settanta e Ottanta.

A febbraio di questo 1984 integralisti islamici attaccano l’ambasciata sovietica a Kabul. Nel 1979 i sovietici per sostenere il regime comunista (praticamente un governo fantoccio) di Babrak Kamal non trovano di meglio che invadere l’Afghanistan, immemori della Storia che in questo paese ha sempre visto perdenti gli occupanti. Infatti la guerriglia afgana costringerà i sovietici nel 1989 a un non glorioso ritiro, che da un lato ha avuto il merito di accelerare la fine del comunismo insieme a quella dell’impero sovietico, ma dall’altro ha dato un straordinario impulso all’integralismo islamico e al suo conseguente terrorismo.

L’Afghanistan dopo il ritiro sovietico ha visto una sanguinosa guerra civile con la vittoria finale dei mujahedin che faranno precipitare il paese nel più oscuro e barbaro medioevo.

Tutto il Medio Oriente è in preda a sconvolgimenti. L’Iran ha potuto respingere gli assalti iracheni ed è passato all’offensiva entrando a sua volta in Iraq minacciando di travolgere tutte le difese dell’aggressore, cui l’appoggio bellico americano ed europeo non basta a rovesciare le sorti della lunga guerra.

Sconvolto anche il lontano Oriente. In India furiosi scontri tra separatisti Sikh e maggioranza indù nello Stato del Punjab. Forze indiane intervengono per aiutare la maggioranza e attaccano Amiritsar, capitale spirituale dei Sikh: contro i rivoltosi sarà perpetrata una strage, la cui entità resterà segreto di stato.

A ottobre Indira Ghandi verrà assassinata da tre guardie del corpo Sikh. Le succede il figlio Raijv. Violenze contro i Sikh in tutto il paese.

Il 7 giugno a Padova il Segretario del PCI Enrico Berlinguer è colpito da emorragia cerebrale durante  un suo comizio. Morirà quattro giorni dopo.

Il Presidente della Repubblica Sandro Pertini è a Padova dalla sera del 7 e vi resterà fino ai funerali, facendo accompagnare dall’aereo presidenziale il feretro a Sassari, dove Berlinguer era nato 62 anni prima.

Berlinguer era diventato Segretario del PCI nl 1972 e aveva guidato il partito nella stagione del cosiddetto “compromesso storico”, dell’eurocomunismo (per distinguerlo in qualche modo dal comunismo sovietico), della “solidarietà nazionale” (in pratica: opposizione meno preconcetta ai governi della Democrazia Cristiana fino, forse, a entrare nella “stanza dei bottoni”), e dello “strappo” con l’URSS.

In Argentina comincia il processo contro i militari responsabili di crimini efferati tra il 1976 e il 1982, gli anni dei “desaparecidos” (forse trentamila). Ergastolo ai generali Videla e Massera.

A Samarkanda, nell’Uzbekistan sovietico, un giovane rabbino, Moshé Abramov, è arrestato per ”teppismo aggravato”. E’ accusato di avere violato le leggi limitative della pratica e dell’insegnamento religioso ai minori e di servizi di culto svolti fuori dai luoghi appositamente indicati per tale scopo dalle autorità.

Era stato alla fine del 1983 che la televisione britannica aveva mandato in onda un documentario inedito girato nei campi di sterminio nazisti dal grande regista Alfred Hitchcok negli ultimi giorni della seconda guerra mondiale. Il documentario, che arriva in Italia l’anno successivo, era stato scoperto solo da poco tempo negli archivi del Museo Imperiale di Guerra a Londra.

Il discorso del Presidente Pertini agli italiani nell’ultimo giorno del 1983 fa discutere, e per una volta la stampa orientata a sinistra come la Repubblica di Eugenio Scalfari, o a destra come Il Giornale di Indro Montanelli, sono concordi nel disapprovare certi passaggi del discorso presidenziale che, dicono, sarebbero legittimi per chiunque, ma non per un Presidente della Repubblica che è il rappresentante di tutti gli italiani ed è costituzionalmente super partes.

Pertini aveva detto, riferendosi alla situazione mediorientale, che “adesso sono partiti i palestinesi (dal Libano). Ha avuto inizio la loro diaspora. Una volta erno gli ebrei a conoscere la diaspora. Vennero dispersi, cacciati dal Medio Oriente e dispersi per il mondo. Adesso sono i palestinesi”.

Pertini aveva dimenticato di precisare che i palestinesi di cui parlava erano i 4000 armati di Arafat, presi a cannonate in Libano, ma non da cannoni israeliani.

Il paragone tra i 4000 guerriglieri di Arafat con il popolo ebraico – osserva con una certa ironia il rabbino capo di Roma Elio Toaff su un quotidiano – è “a dir poco esagerato”.

Pertini aveva poi detto che la responsabilità della strage di Sabra e Chatila perpetrata dalla Falange cristiana libanese per vendicarsi dell’assassinio del Presidente Gemayel, “è ancora del governo in Israele che quasi va baldanzoso di questo fatto. E’ un responsabile cui dovrebbe essere dato il bando dalla società”.

A posteriori si può capire come due anni prima, ai funerali del piccolo Stefano Taché, ucciso da terroristi palestinesi a Roma, Pertini fosse stato “sconsigliato” dalla comunità romana di prendervi parte.


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