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La Stampa - Informazione Corretta - La Repubblica Rassegna Stampa
02.02.2009 Assalto alla sinagoga in Venezuela, ristampa della propaganda nazista in Germania
Le cronache di Maurizio Molinari e Andrea Tarquini, l'analisi di Danielle Sussmann

Testata:La Stampa - Informazione Corretta - La Repubblica
Autore: Maurizio Molinari, Danielle Sussmann , Andrea Tarquini
Titolo: «Un'altra notte dei cristalli Noi ebrei via da Caracas - Antisemitismo di stato in Venezuela - Torna la stampa nazi la Germania si divide sui giornali di Hitler»

Ieri notte la sinagoga di Maniperez (Venezuela) è stata assaltata e dissacrata da un gruppo di antisemiti.
Non è il primo episodio di antisemitismo che si verifica in questi anni in Venezuela ( ricordiamo il "censimento" degli ebrei fatto da Chavez nel 2005 e la rottura dei rapporti con Israele avvenuta in seguito alla recente guerra Israele/Hamas ).
Di seguito riportiamo la cronaca di Maurizio Molinari sull'accaduto:

La STAMPA - Maurizio Molinari : " Un'altra notte dei cristalli - Noi ebrei via da Caracas "

Dalle strade residenziali dell’Upper West Side alle monocamera nell’East Village, fino alle case di Miami con vista sull’oceano, i telefoni hanno iniziato a squillare dall’alba. A chiamare da Caracas sono stati genitori, nonni e zii raccontando a figli e nipoti in America quanto avvenuto nella notte. «Hanno dissacrato la sinagoga di Mariperez», «hanno gettato in terra i rotoli della Torà», «hanno lasciato scritte insultanti», «erano armati». Sono centinaia gli ebrei venezuelani che negli ultimi anni hanno abbandonato il loro Paese a causa di Hugo Chávez rifugiandosi soprattutto a New York e Miami, da parenti ed amici, per iniziare una nuova vita.
La grande fuga è iniziata fra il 2004 e il 2005, quando Chávez mandò per la prima volta la polizia a bussare alle case degli ebrei per «censire le presenze», sapere in quanti abitavano in quali case. Per i più giovani è stato un campanello d’allarme al quale ne sono seguiti altri: gli insulti lanciati da Chávez nella notte del Natale 2006 nei confronti di «alcune minoranze discendenti da coloro che hanno crocefisso Gesù», la diffusione del libello antisemita zarista «Protocolli dei savi anziani di Sion», le scritte «Judios perros» (ebrei cani) sulle mura di centri ebraici, gli insulti via radio contro personaggi noti accusati di non essere abbastanza chavisti, le minacce di morte ai rabbini. Ad ogni scossa di odio il flusso di partenze verso l’America è aumentato. Le famiglie si sono divise: a Caracas restano genitori e nonni, molti dei quali ancora riconoscenti al Paese che li accolse durante la Seconda guerra mondiale, mentre ad andare via sono le nuove generazioni che non vedono futuro possibile. «È triste pensare che i miei nonni trovarono la libertà a Caracas nel 1942 fuggendo dall’Austria e oggi la stessa Caracas sia pericolosa per noi», dice un veterinario di 32 anni, che non dà il nome «per timore di vendette contro i miei».
La violenza di quanto avvenuto nella notte fra venerdì e sabato ha sorpreso anche i più prudenti su Chávez. Alle 22 un gruppo di almeno quindici uomini armati, a volto scoperto, è arrivato alla sinagoga Tiferet, la più antica di Caracas, ha sfondato i portoni, ammanettato le guardie ed è penetrato nella sala di preghiera dissacrandola: i rotoli della Torà (il Pentateuco) sono stati gettati in terra, gli arredi e i libri sacri strappati, i tallit (scialli di preghiera) usati per pulirsi le scarpe, urinandoci sopra. Lo scempio è durato fino alle 3 del mattino, quando il blitz si è concluso con il furto degli archivi - gli indirizzi degli iscritti - e l’uso di pennarelli rossi per disegnare immagini del Diavolo e lasciare scritte come «Morte a tutti», «Maledetti ebrei» e «Israele assassina».
Gli aggressori si sono ritirati senza che nessuno li fermasse e l’indomani mattina i leader della comunità, che conta 15 mila anime, hanno deciso di chiudere i locali. «Mai nella storia del Venezuela siamo stati vittime di una simile aggressione - sono state le parole del presidente Elia Faranche -, ci sentiamo minacciati, intimiditi, attaccati». Proprio Faranche pochi giorni fa aveva chiesto alla polizia di proteggere la sinagoga dal rischio di attacchi ma si era visto opporre un rifiuto. Centinaia di persone, ebrei e non, ieri mattina si sono assiepati di fronte alla «Tiferet» in una veglia di solidarietà alla quale il ministro degli Esteri, Nicolas Maduro, ha risposto promettendo di «punire i responsabili», nell’ambito di un discorso molto duro nei confronti di Israele «colpevole di crimini a Gaza». Poi sulla vicenda è intervenuto anche il presidente Hugo Chavez: «Noi condanniamo le azioni contro la sinagoga di Caracas, perchè la violenza va condannata e noi la condanniamo, venga da dove venga».
Ma proprio il crescendo di critiche da parte del governo venezuelano contro Israele durante la crisi di Gaza - culminate nella rottura dei rapporti diplomatici - ha portato ad un aumento di atti antiebraici. Per Abraham Foxman, presidente dell’Anti-Defamation League (Adl), quanto avvenuto evoca la «Notte dei cristalli» del 1938 quando i nazisti devastarono le sinagoghe tedesche e, assieme al Centro Wiesenthal, imputa a Chávez «una campagna di odio, incrementata con il pretesto della guerra Israele-Hamas. Se non è stata promossa, è stata certo almeno tollerata». Anche Israele chiama in causa il presidente: «I venezuelani non sono razzisti né antisemiti, simili atti non avrebbero potuto avvenire senza l’avallo delle autorità più alte», afferma il portavoce Yigal Palmor.

La REPUBBLICA dedica alla notizia una breve a pag. 10. A parte la citazione di Tel Aviv invece che di Gerusalemme come capitale di Israele, è da notare come l'articolo, dopo aver esposto gli ultimi episodi di antisemitismo verificatisi in Venezuela, difenda il presidente Chavez nel finale (" Proprio Chavez ieri ha condannato l'attacco alla sinagoga ") .

Sulla situazione degli ebrei in Venezuela, riportiamo l'analisi di Danielle Sussmann scritta per INFORMAZIONE CORRETTA

Il testamento di Simon Wiesenthal riposa nelle sue parole:
La Libertà non è un dono del cielo…devi combattere ogni giorno per difenderla

Antisemitismo di stato in Venezuela

Il 30 gennaio il Simon Wiesenthal Center (SWC) di Los Angeles informava i suoi iscritti sull’aumento della tensione in cui vive la comunità ebraica in Venezuela (e nell’America Latina), a causa di un antisemitismo già manifesto esploso oltre misura durante l’operazione Cast Deal contro Hamas. Da due anni Ugo Chavez si è alleato con entusiasmo all’Iran di Ahmadinejad trascinando altre repubbliche latino americane nel blocco dei Paesi non Allineati. Tra gli effetti più vistosi di tale allineamento si è avuto lo spostamento delle ventennali sedi diplomatiche del Costa Rica e di El Salvador da Gerusalemme a Tel Aviv. Le due piccole isole caraibiche non potevano rischiare l’isolamento dal blocco latino americano con uh simile potente vicino. Un’altra dimostrazione di alleanza latino-americana-iraniana si è avuta con il caloroso abbraccio tra il neo Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed hmadinejad nell’annuale riapertura, con gli applausi della maggioranza dei membri presenti al suo discorso di odio e di disprezzo contro Israele. Durante l’Operazione Cast Deal contro Hamas, Chavez ha dato un’ulteriore segnale,  rompendo le relazioni diplomatiche con Israele, con l’espulsione dell’intero corpo israeliano da Caracas. Israele, dopo una decina di giorni, si è trovata costretta a contraccambiare la mossa. Anche la Bolivia ha minacciato di rompere le relazioni diplomatiche ma non sembra aver dato seguito concreto alla minaccia. L’avvento e il successo populista di Chavez alla guida del Venezuela ha fondamento nella corruzione che ha minato le precedenti presidenze, e si è costruito anche sulle responsabilità che hanno creato un divario immenso tra quella che viene denunciata come l’oligarchia dei ricchi e il popolo abbandonato a sé. Ovviamente, dell’oligarchia fanno parte anche gli ebrei anche se non predominano. Lo straniero – soprattutto italiano – malgrado l’immenso contributo dato allo sviluppo e al boom del paese dal dopoguerra, è discriminato e vede ledere i suoi diritti a favore degli indios. Nel caso della comunità ebraica, a fronte di tanti rapimenti di italiani ed ebrei venezuelani, solo questi ultimi sono stati uccisi dopo che i familiari avevano pagato il riscatto. In aggiunta, sono coinvolti nella politica ostile di Chavez verso lo stato ebraico che ricalca i deliri di Ahmadinejad. Il pretesto di Cast Deal è servito ad aumentare la pressione sulla comunità ebraica venezuelana, con solo l’SWC e l’Anti-Defamation League (ADL) a difenderla nel consesso internazionale. Le scritte antiebraiche ed antisraeliane, volgari e trite di antisemitismo, sono aumentate così come le pressioni sulla comunità a dissociarsi da Israele.

Il 30 gennaio il Simon Wiesenthal Center (SWC) di Los Angeles informava i suoi iscritti sull’aumento della tensione in cui vive la comunità ebraica in Venezuela (e nell’America Latina), a causa di un antisemitismo già manifesto esploso oltre misura durante l’operazione Cast Deal contro Hamas. Da due anni Ugo Chavez si è alleato con entusiasmo all’Iran di Ahmadinejad trascinando altre repubbliche latino americane nel blocco dei Paesi non Allineati. Tra gli effetti più vistosi di tale allineamento si è avuto lo spostamento delle ventennali sedi diplomatiche del Costa Rica e di El Salvador da Gerusalemme a Tel Aviv. Le due piccole isole caraibiche non potevano rischiare l’isolamento dal blocco latino americano con uh simile potente vicino. Un’altra dimostrazione di alleanza latino-americana-iraniana si è avuta con il caloroso abbraccio tra il neo Presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ed hmadinejad nell’annuale riapertura, con gli applausi della maggioranza dei membri presenti al suo discorso di odio e di disprezzo contro Israele. Durante l’Operazione Cast Deal contro Hamas, Chavez ha dato un’ulteriore segnale, rompendo le relazioni diplomatiche con Israele, con l’espulsione dell’intero corpo israeliano da Caracas. Israele, dopo una decina di giorni, si è trovata costretta a contraccambiare la mossa. Anche la Bolivia ha minacciato di rompere le relazioni diplomatiche ma non sembra aver dato seguito concreto alla minaccia. L’avvento e il successo populista di Chavez alla guida del Venezuela ha fondamento nella corruzione che ha minato le precedenti presidenze, e si è costruito anche sulle responsabilità che hanno creato un divario immenso tra quella che viene denunciata come l’oligarchia dei ricchi e il popolo abbandonato a sé. Ovviamente, dell’oligarchia fanno parte anche gli ebrei anche se non predominano. Lo straniero – soprattutto italiano – malgrado l’immenso contributo dato allo sviluppo e al boom del paese dal dopoguerra, è discriminato e vede ledere i suoi diritti a favore degli indios. Nel caso della comunità ebraica, a fronte di tanti rapimenti di italiani ed ebrei venezuelani, solo questi ultimi sono stati uccisi dopo che i familiari avevano pagato il riscatto. In aggiunta, sono coinvolti nella politica ostile di Chavez verso lo stato ebraico che ricalca i deliri di Ahmadinejad. Il pretesto di Cast Deal è servito ad aumentare la pressione sulla comunità ebraica venezuelana, con solo l’SWC e l’Anti-Defamation League (ADL) a difenderla nel consesso internazionale. Le scritte antiebraiche ed antisraeliane, volgari e trite di antisemitismo, sono aumentate così come le pressioni sulla comunità a dissociarsi da Israele.

Sembra di tornare in piena Germania nazista leggendo il “piano d’azione” pubblicato da un quotidiano filogovernativo digitale Aporrea.org, che indica le regole contro la comunità ebraica venezuelana, tra cui:

- la pubblica denuncia dei membri dei potenti gruppi ebraici in Venezuela, con i loro nomi, quelli delle loro società e i loro affari in modo da poterli boicottare;

- evitare i prodotti, i negozi, i supermarkets, i ristoranti, i prodotti Kosher e quant’altro appartenga o si riferisca ad “ebrei sionisti”;

- mettere in causa l’esistenza delle istituzioni culturali ebraiche

- urlare slogan filo-palestinesi ed antisraeliani contro gli ebrei per strada;  

- invitare gli ebrei antisionisti che vivono in Venezuela ad esprimere pubblicamente la loro dissociazione dai “crimini di guerra sionisti” e dall’imposizione dello stato artificiale di Israele in Palestina;

- la nazionalizzazione di società, confisca di proprietà di quegli ebrei che sostengono le atrocità sioniste dello stato nazista di Israele, e donare le loro proprietà ai palestinesi, vittime dell’Olocausto odierno;

- inviare ogni tipo di aiuto ai palestinesi incluse le armi;

- attaccare i siti web filo-sionisti inclusi quelli dei governi e delle istituzioni che hanno relazioni con Israele;

- organizzare una conferenza internazionale che abbia come tema: la creazione teocratica dello stato nazista di Israele quale colonia europea genocida, e i miti e fatti dell’Olocausto ebraico o panzana-Olocausto (gioco di parole tra Holocaust e Holohoax- ndr) definita tra parentesi l’industria del ricatto.

- Sostenere la dissoluzione dello stato artificiale di Israele

Sulla REPUBBLICA un articolo di Andrea Tarquini riporta la notizia di un editore tedesco che, accusato di antisemitismo dopo aver deciso di ristampare i quotidiani nazisti, cerca di discolparsi fornendo scuse poco credibili. Ecco il pezzo:

Andrea Tarquini : " Torna la stampa nazi la Germania si divide sui giornali di Hitler "

La ristampa dei media nazisti di quando Hitler dette la scalata al potere spacca la Germania. E ancora una volta, il passato del Terzo Reich divide la prima potenza europea. L´editore Peter McGee ha lanciato sul mercato Zeitungszeugen, una serie di fascicoli settimanali su quell´epoca con annesse ristampe del Voelkischer Beobachter e di Der Angriff, le massime testate dei nazionalsocialisti, ma anche di giornali della Spd e del Partito comunista tedesco. Tutto accompagnato da commenti di storici scevri da ogni sospetto di revisionismo, per narrare e documentare il clima di guerra civile. Ma le autorità bavaresi, competenti in materia, hanno vietato la pubblicazione. Che è uscita con sovraimpresso come un timbro "Censurata". McGee non demorde, adisce alle vie legali. Media e opinione pubblica si dividono: la comunità ebraica è per il divieto, storici dell´autorevolezza del celebre Hans Mommsen, vicino alla Socialdemocrazia, sono contrari. E non pochi denunciano il rischio di aprire volenti o nolenti, col divieto, uno spazio al principio della censura.
«Il progetto che io guido è una cosa seria, non un trucco per offrire propaganda ai neonazisti», dice McGee. Che offre ai potenziali lettori anche buoni per poi acquistare gratis le ristampe dei giornali dell´epoca (tra il 1930 e il 1933), nel caso in cui egli come spera si vedrà dare ragione dalla giustizia. Sul lato opposto della barricata è schierata la comunità ebraica. Secondo cui la ristampa apre il rischio di offrire materiale di propaganda ai gruppi neonazisti e a ogni corrente di un antisemitismo che secondo gli ebrei tedeschi è «in allarmante crescita». «No, non è propaganda, è serio contenuto storico commentato a dovere», replica Hans Mommsen. E accusa il segretario generale del Consiglio centrale degli ebrei tedeschi, Kramer, di «non capirci nulla».
Come andrà a finire? Il pubblico, di uno schieramento o dell´altro, attende con ansia di saperlo. Un compromesso è difficile, anche per ragioni giuridiche. Dopo la vittoria della coalizione antinazista degli Alleati contro l´Asse, le autorità liberatrici- (e amministratori occupanti) americane affidarono al ministero delle Finanze dello Stato di Baviera, uno dei Bundeslaender della Repubblica federale. La competenza per tutta la parte libera della Germania sui copyright su ogni testo nazista affidandogli il compito-dovere di impedirne ogni abuso a fini di propaganda nostalgica. Con serietà inflessibile tipicamente tedesca, le autorità bavaresi hanno immediatamente bloccato dunque la ristampa dei testi da parte di McGee.
Chi ha ragione? La domanda spacca trasversalmente media, partiti e società in Germania. Certo, qualcuno sospetta che sotto sotto il signor McGee veda nella ristampa di giornali nazisti dell´epoca anche fini di lucro: "NS sells", scherzava ieri Welt am Sonntag, cioè "il nazismo si vende bene". Normale per un editore. La tesi è la seguente: non solo lettori aderenti alla galassia neonazista o di ultradestra, ma anche altre parti del pubblico possono subire il fascino del frutto proibito. Cioè appunto di comprare ristampe di testi che dal dopoguerra sono assolutamente vietati.
Insomma, il partito del no sostiene che non sia indispensabile a fini di ricerca storica ristampare quelle testate naziste di allora, specie a fronte del rischio di fare un favore ai neonazisti. Ma il partito del sì ha anche i suoi argomenti. Esperti della fama dello stesso Hans Mommsen, di Wolfgang Benz o di Peter Longerich difendono il valore storico del progetto editoriale di McGee. Gli storici democratici e liberalconservatori tedeschi sperano che, se McGee la spunterà, si rafforzerà la loro richiesta respinta da anni, di pubblicare in Germania il Mein Kampf come edizione critica adeguatamente commentata. Insomma secondo loro il diritto all´informazione deve far premio sul rigore etico a tutti i costi della censura. La seconda guerra mondiale è finita da oltre 60 anni, la guerra delle ristampe continua.

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