è fin dai tempi del suo libro "Lettera a un amico ebreo" che la guardo con una sensazione di allarme. Io temo la sua sfuggente ambiguità e la sua mancanza di franchezza nel dire ciò che in realtà davvero pensa sull'argomento ebraismo. Sono gli schizzi non trattenuti di parole che compaiono qua là nei suoi testi a identificare quelli che sono i suoi verisentimenti sul tema; ma lei, a differenza del dottor Stranamore, riesce a tenerli sotto controllo quasi totalmente, così che uno, se non ci sta più che attento quasi non se ne accorge.Lei dice: "una doverosa manifestazione di umana pietà". Sì, ma solo se intesa a ricordarci di un sentimento (pietas) che induce ad amare erispettare il prossimo (e non inutili lacrimucce per una generica umanapietà) e che nulla c'entrerebbe con la frase seguente: "...ha finito per risvegliare il ricordo di altre sofferenze e di creare fra di esse una sorta di indecorosa competizione".Avrebbe dovuto rispondere ai suoi lettori: si ricorda la Shoah perché è la massima rappresentazione dell'ignoranza e della crudeltà della razza umana e della sua assenza di pietas da quando è cominciata la Storia. La storia èinfinitamente piena di sofferenze e di ingiustizie e la Shoah essendo la più grande e la più malvagia (in quanto aveva come obiettivo il genocidio di un popolo e non la semplice eliminazione di nemici politici) diventa simbolo anche per tutte le altre.Lei dice: "non abbiamo una festa europea con cui celebrare le nostre glorie e la nostra unità. Abbiamo invece una comune giornata del dolore. Non avreinulla da obiettare... se per alcuni ambienti ebraici non fosse contemporaneamente una giornata del pentimento".Beh, se proprio le manca un po' di allegria, so che si sta istituendo un giorno per celebrare l'unità europea e le nostre glorie (se lei lecondivide) sono il 25 Aprile per l'Italia e il 14 Luglio per la Francia, ad esempio.Ma cosa c'entra questo discorso con la il ricordo della Shoah?Il 27 gennaio è sì il giorno del pentimento e della memoria, della memoria di cosa possa diventare un uomo se non alimenta in sè rispetto e responsabilità per gli altri uomini. Trova questo sbagliato?Lei dice: "Tralascio il problema della responsabilità collettiva (una tesi che sa terribilmente di razzismo)".Io dico: Sì, è responsabilità collettiva in quanto tutti hanno partecipato:agendo direttamente nelle uccisioni, voltando la testa dall'altra parte,appropriandosi di appartamenti improvvisamente vuoti, di posti di lavoro vacanti, di aziende prive di proprietari, di oggetti e opere d'arte senza padrone, di 5000 lire per denunciare ai fascisti un ebreo, ecc ecc ...E se uno ha avuto padri o nonni così certo non potrà rallegrarsene.Il male è lungo a svanire e non termina con la fine dell'azione sulla vittima, le sue conseguenze anzi si propagano come un veleno su tutto e su tutti coloro che in un modo o nell'altro entrano nell'area della sua nube. E dura a lungo nel tempo, lasciando conseguenze e sofferenza per generazioni =generazioni; non solo nei figli, dei figli delle vittime ma anche nei figlidei figli dei carnefici e chissà ancora per quanto.Ma se responsabilità collettiva è stata, ed è stata, ora è necessario crear=una coscienza collettiva e una cultura (che prima non c'era) che non lopermetta più, atta a premunirsi come fosse un vaccino, contro un possibileritorno di quell'orrore.Quindi battiamoci il petto, le assicuro che non è così doloroso, rispetto al dolore che la non conoscenza della Shoah potrebbe riportare.E perbacco non confondiamo Foibe o Stalin con la Shoah, sono storiecompletamente diverse, così come mettere sullo stesso piano partigiani efascisti. Pensiamoci: combattere contro Hitler o combattere a favore diHitler è davvero la stessa cosa? O no?