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La Stampa Rassegna Stampa
31.01.2009 Lucia Annunziata ignora la storia dei fratelli Bielski
Una storia vera, non propaganda sionista

Testata: La Stampa
Data: 31 gennaio 2009
Pagina: 37
Autore: Lucia Annunziata
Titolo: «Così Hollywood riscrive la storia»

Quando l'arroganza della convinzione di sapere tutto può portare a un risultato disastroso. E' quanto è successo a Lucia Annunziata che in un articolo sulla STAMPA di oggi, 31/01/2009, a pag. 37, dal titolo " Così Hollywood riscrive la storia " , prende una sonora cantonata. Definisce il film " Defiance" di Edward Zwick l' "ultimo passo verso la neutralizzazione della verità ", " un film di propaganda sionista che periodicamente l'industria Usa ci propina " . Lucia Annunziata non sa che la storia dei fratelli Bielski, che dal '41 alla fine della guerra hanno organizzato una resistenza anti - nazista, lottando con le armi all'interno di boschi e foreste della Bielorussia, salvando alla fine  più di un migliaio di ebrei, è una storia vera. Forse all'Annunziata non sono piaciuti quegli ebrei che hanno imparato a sparare, a difendersi e anche ad uccidere. Peccato, se leggerà qualche buon libro di storia si renderà conto che questa non è propaganda sionista e che Hollywood, fra i tanti meriti, ha anche quello di farci conoscere, pur nella trasposizione cinematografica, fatti veri. Come la storia dei fratelli Bielski. Rileviamo anche il cattivo gusto di avere unito due film che poco hanno in comune, se non gli anni in cui si sono svolte le vicende raccontate. Si legga a proposito la critica a " Valchiria " di Bernard - Henri Levy ( è su IC ) , apprenderà come si critica seriamente un film.

Ecco l'articolo:

Lucia Annunziata : " Così Hollywood riscrive la storia "

Peccato che mentre si discute aspramente sulla Memoria, la vera memoria ci stia pian piano sfuggendo per essere ricostruita dalla più potente industria culturale di oggi: Hollywood. Se, come ben sappiamo, la riscrittura della storia è nelle mani di Los Angeles, è dunque forse inevitabile che più lontano si faccia il Secolo passato, più asciugata, levigata e dunque oggettivamente bugiarda, stia diventando la pagina più drammatica del Novecento, il Nazismo e la Shoah. Curioso infatti il contrappunto offerto dalle nostre sale cinematografice alla discussione fra Chiesa e Comunità ebraica, tra negazionisti e lo stesso Papa. Al tormento sanguinante di tutti coloro che l’Olocausto hanno vissuto, o in una maniera o nell’altra attraversato, il cinema (grande cinema, in questo caso) si affianca con due film che sono forse l’ultimo passo verso la neutralizzazione della verità, per tutti.
Stiamo parlando di Defiance di Edward Zwick, che ricostruisce la storia della sopravvivenza di un gruppo di ebrei della Bielorussia, e di Operazione Valkiria, di Bryan Singer, che racconta la storia dell’attentato che un gruppo di generali dell’esercito tedesco organizzò nel luglio del 1944 per assassinare Adolf Hitler. Due colossi la cui resa «storica» può essere paragonata solo a quella (intenzionalmente in quel caso) maccheronica del Mediovevo in Non ci resta che piangere di Benigni e Troisi. Immaginate un ebreo contadino-boscaiolo della Bielorussia, considerato feccia all’interno della stessa comunità ebraica, come pure fa notare il film, con la faccia e il corpo di Daniel Craig. E’ una vertigine di sovrapposizioni: Craig vestito con uno dei soliti giubbotti di pelle lasciatogli addosso dal set di 007, porta il mitra sulla pancia come gli addestrati a Quantico, uccide con la baldanza di un esperto guerrigliero, e seduce come un eroe. Alla fine si esce convinti che l’operazione di sopravvivenza ai nazisti di 1200 ebrei nei boschi della Bielorussia sia stata organizzata dal M16 Inglese. Dubitiamo che i fratelli (Craig ne ha tre) avessero tanto charme; nei titoli di coda è quasi penoso vedere i loro volti squadrati da contadini sovrapporsi a quelli dei loro interpreti cinematografici del 2008.
Che Storia è mai questa? Potremmo uscircene alzando le spalle davanti al solito film di propaganda sionista che periodicamente la industria Usa ci propina, ma anche per le grandi fiction ci vuole un punto di credibilità storica. L’indimenticabile Exodus, di Otto Preminger, che è stato forse il più efficace lavoro propagandistico a favore dello Stato di Israele, conquistando negli Anni ‘60 una platea giovanile al fascino della resistenza israeliana, aveva un intento storico preciso, una narrazione con un contesto, e la scelta di Paul Newman era la perfetta ricostruzione ideale del nuovo Sabra che nasce dalle ceneri dell'abbandono dell’Europa.
Dall’altra parte di queste «figurine» pseudoebraiche, Hollywood ci propone il volto dei loro nemici, nelle sembianze di Tom Cruise- colonnello Claus von Stauffenberg, conte e parte delle elite cattoliche conservatrici dell’esercito tedesco. Film su un complotto vero, e nodo storico complesso (alcune delle domande che ci si dovrebbe porre su quell’episodio le ha fatte Bernard-Henry Levy tre giorni fa sul Corriere), l’operazione Valkiria è in realtà l’ultimo della serie Missione impossibile. Primi piani di Tom, dialogo ristretto all’azione, scansione di tempi adrenalinici. Ne esce una storia che non può che portare all’ammirazione dei Nazisti: Tom è bello, è aristocratico, la contessa sua moglie è docile e bella, i quattro bambini sono angelici, e il loro dramma è consumato fra varie tenute di campagna o di città, piene di arazzi, mobili antichi e pavimenti di marmo. Insomma è un inno alla potenza estetica della Germania Nazista, che ricorda nella sua profusione la Caduta degli Dei (film invece denso di Storia), ma senza neppure un filo di interesse per la vicenda più ampia. Le uniformi brillano in tutta la loro accuratezza e Berlino è il trionfo dell'architetto Albert Speer. Non ci sono vittime, non c’è un ebreo, non c’è una bomba. Nel 1944 siamo solo a nove mesi dal suicidio di Hitler, ma in Operazione Valchiria non c’è un soldato affaticato, un edifico bombardato, e almeno uno stivale infangato. Due anni fa è uscito un libro Le benevole di Jonathan Littell (Einaudi, 2007) che è stato molto criticato in Italia e che negli Usa non è stato ben accolto: c’era dentro, si diceva, troppo giustificazionismo per la soggettività del nazista che vi si racconta. Possibile, ma in quel libro c’era almeno il vomito, la diarrea, il passaggio a piedi sopra corpi che spruzzano sangue. Ne Le benevole c’è lo sporco fisico e mentale di cui l’Olocausto contagiò come un virus letale lo stesso esercito di aguzzini. E’ lo stesso sporco e claustrofobia di cui è avvolta la fine del Reich nel film La caduta (2004).
Qui invece, nel mondo di Cruise, la espulsione di ogni realtà produce una vertiginosa inversione di valutazione. A che si riduce dunque il Nazismo? Cosa ci porta a concludere questa memoria ricostruita da Hollywood? Che dopotutto i tedeschi non erano mica male con tutti questi generali belli, fieri e anche Giusti. E che, insomma, la responsabilità di tutto è stata solo di una piccolissima banda di matti, quali Hitler, Goebbels e Goering. Se solo l’attentato fosse riuscito… - dice Cruise - la Germania avrebbe salvato l’Europa e il mondo… Diamine, alla fine forse era mica male questo Nazismo!

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