Da L'OPINIONE del 29 gennaio 2009, "Le nuove strategie per combattere i terroristi di Hamas", di Michael Sfaradi:
La riunione del gabinetto di sicurezza che si è tenuta ieri sera nelle sale del ministero della difesa di Tel Aviv è solo l’ultimo evento in ordine di tempo che abbiamo registrato in questi ultimi due giorni. Voci di corridoio danno per scontato che durante la riunione sono stati concordati con i vertici militari tutta una serie di obiettivi nella striscia di Gaza, che verranno eventualmente colpiti, di volta in volta, nel caso in cui gli attentati contro militari israeliani dovessero continuare. Come negli anni passati si tornerebbe al vecchio sistema: l’esercito non deve aspettare ordini da parte del governo prima di agire, ma avendo carta bianca può mettere in atto delle azioni di ritorsione, più o meno importanti, a seconda dell’atto terroristico subito. Il ricorso a questo tipo di politica dovrebbe, almeno secondo le intenzioni, innalzare il livello di guardia in modo che Hamas e i suoi militanti si convincano a pensare due volte prima di compiere qualsiasi gesto contro la cittadinanza o i militari israeliani e dovrebbe diminuire i tempi per dare un maggiore impatto psicologico ad ogni reazione. L’attentato dove ha perso la vita un soldato israeliano ed altri tre sono stati feriti, è stato rivendicato dalla Jihad Islamica, ma per Israele la responsabilità ricade comunque su Hamas. Da qui la violenta risposta dell’aeronautica di Gerusalemme, che ha più volte bombardato la striscia Philadelphi, il confine che divide l’Egitto con la striscia di Gaza.
Bombardamenti che potrebbero essere il preludio a nuovi scontri. In Israele non si parla d’altro, al punto che le discussioni su questo argomento hanno soppiantato di gran lunga le dispute politiche che solitamente precedono le elezioni, lasciando così gran parte della popolazione in attesa degli eventi. Le truppe che stanziano intorno alla striscia di Gaza sono state messe in stato di allarme e la stessa cosa, a distanza di qualche ora, è accaduta anche per tutte le basi del Nord Israele. Potrebbe anche trattarsi di una precauzione che serve unicamente a costringere i militari di stanza i confini a mantenere alto il livello di attenzione, ma queste decisioni improvvise ed in certi versi anche immotivate, soprattutto per quello che riguarda il Nord, potrebbero nascondere invece delle sorprese non gradite. Chi gira nelle grandi città come Tel Aviv, Gerusalemme o Haifa, non ha potuto non notare che la presenza della polizia e dei servizi di sicurezza si è fatta più costante. Questo, sommato ad altri segnali che arrivano sia dalla strada che fra le righe dei maggiori quotidiani, fa ben capire che il ministero degli Interni ha preso molto seriamente le minacce di Hamas sulla riapertura della stagione degli attentati suicidi. I responsabili della sicurezza, di conseguenza, non se la sentono di prendere sotto gamba una minaccia di questo tipo e mettono in atto ogni precauzione che serva ad evitare spiacevoli eventi e prevenire lutti e dolori che avrebbero una forte ripercussione all’interno di Israele, un grave attentato in questo momento sconvolgerebbe completamente le prossime elezioni e l’assetto futuro della Knesset (il parlamento israeliano) aggiungendo altri mandati all’estrema destra di Lieberman. E’ chiaro, a questo punto, che la tenuta dell’attuale cessate il fuoco, ed in qualche senso anche la composizione del nuovo parlamento israeliano dipende da come Haniyeh, il primo ministro di Hamas, ed il suo governo decideranno di comportarsi nei prossimi giorni.
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