Gaza è l'inferno, i terroristi di Hamas resistenti un reportage che non ha nulla a che vedere con la realtà: di Bernardo Valli
Testata: La Repubblica Data: 28 gennaio 2009 Pagina: 27 Autore: Bernardo Valli Titolo: «I fantasmi di Gaza»
Da La REPUBBLICA del 28 gennaio 2009, un articolo che descrive Gaza come l'inferno ( e i soldati israeliani come suoi guardiani), Hamas come un'organizzazione di resistenti "nazionalisti" (perché uno dei suoi fondatori, Rantisi, ammirava il laico Nasser: il quale voleva distruggere Israele quanto lui).
Un reportage di pura propaganda, di Bernardo Valli, a pagina 27-28 e 29, "I fantasmi di Gaza":
Forse l´ingresso dell´inferno è così. Il progresso tecnologico avanza ovunque. Al valico di Erez i guardiani hanno installato una centrale da fantascienza, una costruzione di metallo abbagliante, che fa pensare a un voluminoso apparecchio di sterilizzazione, dotato di strumenti elettronici, capace di individuare tutto ciò che non è permesso ai visitatori di portare con sé andando a Gaza; e tutto ciò che non possono portare con sé lasciando Gaza, perché suscettibile di contaminare o ferire il mondo in cui rientrano. Non credo ci sia altrove un controllo di frontiera tanto spettacolare e sofisticato per prevenire il terrorismo. In particolare kamikaze. C´è un momento, all´uscita, durante il controllo, quando devi allargare le gambe e alzare le braccia come in segno di resa, rinchiuso in una gabbia manovrata da tecnici israeliani appostati in una galleria dominante, in cui hai l´impressione di essere scrutato anche nell´anima e nel cervello. I giudici armati, che intravedi appena, fanno la radiografia dei tuoi pensieri? Dispongono di una Tac che rivela colpe e propositi? Cercano di scoprire non solo se porti armi o dinamite ma anche infezioni contratte nella Striscia, ideologicamente appestata, di Gaza? Ovunque giri lo sguardo, superato il posto di controllo di Erez, mentre entri, obbligatoriamente a piedi, nella striscia di Gaza, con dei portatori che ti alleggeriscono dei bagagli al prezzo di qualche shekel, vedi per centinaia di metri un paesaggio lunare costellato di macerie. E se lo alzi, lo sguardo scopre uno, a volte due palloncini aerostatici, a forma di Zeppelin, che sono là sopra di te, in permanenza, a scrutare dal cielo quel che si muove a Gaza. Sono carichi di telecamere e di sensori che colgono il calore di un razzo in partenza e fanno scattare l´allarme per gli israeliani che abitano in prossimità del confine. Mi dicono che la gente di Sderot, a due chilometri, ha quindici secondi per cercare un riparo. Quella di Ashkelon, più lontano a Nord, dispone di una trentina di secondi. Nel kibbutz di Nir Am, incollato al confine, l´allarme arriva con o dopo il missile. Non serve. L´ingresso a Gaza, sul versante palestinese, non è cambiato. C´è una baracca e un uomo in maniche di camicia, in apparenza assonnato e disarmato, che guarda distratto il passaporto e te lo restituisce dopo avere gettato un´occhiata sulla fotografia. Non servirebbe costruire una vera stazione di confine.