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Il Foglio Rassegna Stampa
27.01.2009 Gaza prigioniera di Hamas
che impone un regime di terrore anche contro i palestinesi

Testata: Il Foglio
Data: 27 gennaio 2009
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: «Così Hamas ha giustiziato l’uomo della pace di B’Tselem»
Dal FOGLIO del 27 gennaio 2009, "Così Hamas ha giustiziato l’uomo della pace di B’Tselem":

Roma. Nei giorni scorsi Hamas ha confermato di aver giustiziato diversi membri del partito rivale al Fatah e attivisti palestinesi accusati di “collaborazionismo” con Israele. Il ministro per gli Affari sociali dell’Autorità palestinese, Mahmoud Habbash, ha accusato Hamas di aver ucciso a sangue freddo 19 uomini e di averne gambizzati oltre 60. Ora scopriamo che tra questi c’era anche Haidar Ghanem, il celebre 46enne palestinese attivista dei diritti umani in rapporti con l’organizzazione israeliana pacifista B’Tselem. Ghanem era uno dei massimi attivisti a Gaza, credeva nella pace, nella democrazia e nei diritti umani. Per questo Hamas lo ha ucciso. Per molti israeliani, Ghanem era il “Sacharov palestinese”. Nel 2002 Ghanem era stato condannato a morte da un giudice palestinese per aver dato a Israele informazioni utili per stanare un covo di terroristi. Ghanem aveva “confessato” di aver collaborato con gli israeliani, ma non che le sue informazioni erano servite a colpire dei palestinesi. B’Tselem, che indaga sul trattamento dei palestinesi da parte di Israele nei Territori occupati nel 1967, ha affermato che Ghanem aveva raccolto testimonianze da abitanti di Rafah, nel sud della striscia di Gaza, per dieci mesi sui crimini delle fazioni palestinesi. Era invisa ad Hamas e Fatah perché la sua organizzazione è quella che ha raccolto gran parte dei casi di omicidi politici ed esecuzioni sommarie. Dopo l’occupazione del 1967, Israele emanò un’ordinanza con cui aboliva la pena di morte, prevista dalla legge giordana ed egiziana. Sarà reintrodotta dall’Autorità palestinese sin dalla sua creazione nel 1994. Con Haidar Ghanem, Hamas ha applicato una sentenza rimasta congelata in questi sei anni. Li chiamano “collaborazionisti”, sono i palestinesi che con le loro informazioni hanno permesso alle forze israeliane di prevenire atti terroristici nella striscia di Gaza e in Cisgiordania. Lo fanno per motivazioni economiche, ideologiche e familiari. Molti odiano l’islamismo shariaco e assassino che ha brutalizzato la popolazione palestinese. A Ramallah miliziani islamisti hanno trascinato in una moschea un “collaborazionista”. E’ stato costretto ad autoaccusarsi dinanzi agli altoparlanti collegati con l’esterno; poi, trasferito in un campo, è stato crivellato di proiettili. I collaborazionisti fanno quello che dicono gli accordi fra Israele e l’Anp siglati a Oslo: combattere il terrorismo. Nell’agosto 2002 Ikhlas Yasin Khouli, vedova e con sette figli, è stata fucilata, senza processo, a Tulkarem dalle Brigate dei martiri di al Aqsa. L’ultimo caso è stato Imad Sa’ad, ufficiale di polizia arrestato dalle forze di Abu Mazen per aver fornito allo Shin Bet israeliano informazioni vitali sulla cattura di quattro terroristi di Hamas. Circa 1.500 “amil”, collaborazionisti, sono stati trucidati, spesso con terribili torture, dal 1988 al 1993. Spesso la “collaborazione” era di essere omosessuale, come nel caso di Fouad Mussa. Altri accusati di collaborazionismo erano in realtà colpevoli molto più banalmente del “reato” di infedeltà coniugale. Si chiama “Intrafada”, è l’Intifada intestina tra palestinesi. Del caso di Mohammed Laloh si è occupata Amnesty International: si tratta di un venticinquenne arrestato, detenuto e torturato per due mesi. Scarcerato nel novembre 2001, Laloh aveva ovunque i segni delle torture subite ed era ridotto su una sedia a rotelle. Altri come i fratelli Salam, pur essendo fedelissimi di Arafat, furono torturati per essersi convertiti al cristianesimo. Ad Abu Amas, arrestato nel 2001 a Gaza, andò peggio: i poliziotti di Arafat ne fecero ritrovare il corpo per strada due mesi dopo e non si diedero neanche cura di avvisare la famiglia. Alam Bani Odeh è stato fucilato davanti a 5mila persone. L’invocazione “Allah è grande” ha quasi sempre accompagnato la loro fine. Alam, 25 anni, venne incappucciato e legato a un paletto di legno. Indossava una maglietta con un bersaglio rosso all’altezza del petto. E’ vietato persino seppellire i collaborazionisti nei cimiteri palestinesi. Quelli di Hamas dicono che “rendono impuri gli altri corpi”. Dopo averlo denunciato tante volte, Haidar Ghanem farà questa fine.

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