Lo specchio della memoria Ando Gilardi
Bruno Mondadori Euro 17
Si chiamava Alex, non meglio identificato ebreo di nazionalità greca, di cui si sono perdute le tracce. Stava ad Auschwitz e a lui si devono “quattro scatti” dall’orrore.
Nell’agosto 1944 riuscì a fotografare una fila di internate nude, avviate alle camere a gas. La visione emulsiona terrore. La “sfocatura del mosso” fa sentire il tremito di chi stava scattando l’immagine. Insieme a pochissimi anonimi altri che documentarono con rudimentali macchine fotografiche nascoste l’universo concentrazionario dall’interno, Alex “fermò” il suo angosciato sguardo. L’incomprensibile e irragionevole troppo di cui era testimone. E proprio perché troppo, fuori da ogni immaginabile, sapeva che un giorno non sarebbe stato creduto.
Quando nell’estate del 1945 una sopravvissuta di Auschwitz tornò alla propria casa, la memoria era l’unico documento dell’orrore attraversato. Cominciò a raccontare. La presero per matta. Convocata al commissariato di Pubblica Sicurezza venne diffidata dal diffondere il panico. “Se questo è un uomo” di Primo Levi fu respinto da due editori. Fu supposto “non credibile”. Tanto il racconto della donna quanto il libro di Levi erano “narrazioni”. Prove dell’orrore aberrante, ma “soltanto” testimonianze. Nei “loro limiti” non facevano vedere. Poi affiorarono le “prove fotografiche” di quegli anonimi che erano riusciti a fermare ciò che sembrava impossibile comunicare con le parole. Delle povere prove dilettantesche. Tragica la loro aura.
Ando Gilardi nel suo originale “Lo specchio della memoria” sostiene che le fotografie più documentarie e decisive per conoscere la verità sulle vicende umane degli ultimi cento anni non hanno firma. Non sono d’autore, ma l’estrema e forse unica traccia di sconosciuti. I “fotografi” della Shoah riproducevano l’incomprensibile con occhi spogli ed esangui. Le fotografie di Alex e dei suoi compagni sono il rovescio dell’estetica. Scatti impietosamente inequivocabili. Esprimendo l’estremo limite dell’impossibile umano, sono le uniche immagini degne della costruzione di un’enciclopedia visiva del mondo. Sono infatti entrate in YouTube. Le testimonianze scritte e orali sono diventate le loro oracolari didascalie. Con strana e imperturbabile indifferenza scatenano gli impulsi delle nostre ancora incredule e lacerate anime.
Giuseppe Marcenaro
Tuttolibri – La Stampa