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Il Venerdì di Repubblica Rassegna Stampa
25.01.2009 Gli israeliani secondo Michele Serra
ricchi, cattivi e prepotenti

Testata: Il Venerdì di Repubblica
Data: 25 gennaio 2009
Pagina: 154
Autore: Michele Serra
Titolo: «Gaza, ovvero la speranza sepolta dalle macerie»
 Rispondendo a un lettore ebreo, scampato allo Sterminio nazista, che espone i suoi dubbi su Israele e sul conflitto mediorentale, Michele Serra, sul VENERDI' di  REPUBBLICA  del 25 gennaio 2009, ripropone, con qualche ipocrita professione di "dubbio" e di "smarrimento" inequivocabili stereotipi antisraeliani.
Ricchi, potenti, con troppi pochi morti rispetto a quelli palestinesi, nazionalisti, egemonizzati da fanatici religiosi che vogliono trasformare Israele in una teocrazia, prepotenti... questi sono gli israeliani secondo Serra.
Le domande del suo interlocutore sono state un pretesto per riproporre questa visione ideologica, che Serra vorrebbe anche contrabbandare come imparziale.
E' una regola: se un ebreo scrive una lettera che si presta ad essere utlizzata dalla propaganda antiisraeliana, avrà la massima visibilità, scrivesse anche al "Corriere di Rocca Cannuccia".
Invece, le lettere che esprimono opinioni diverse, che ricordano fatti trascurati e confutano affermazioni false, molto difficilmente vengono pubblicate dai giornali.

Ecco il testo della lettera e della risposta, "Gaza, ovvero la speranza sepolta dalle macerie", pagina 154:

Caro Serra, sono uno scampato allo Sterminio nazista, ormai vecchio. Mi ero ripromesso di andare in Israele quando ci sarebbe stata la pace. Non ci sono mai andato e ormai dubito che la vedrò mai, la pace. Angoscia, sofferenza, incredulità sono i miei sentimenti di questi anni a proposito di Israele. Nell'ultima guerra del Libano, anche la paura per la sua stessa sopravvivenza. A troppe domande non so dare risposta. Ho vissuto, come tutti gli ebrei della mia generazione, l'orrore della persecuzione, ma so che non si può pretendere dagli ebrei ciò che non pretendiamo da altri popoli. Perché gli ebrei, come tutti gli altri popoli, si comportano secondo le circostanze, storiche, politiche, culturali.
Ma quella di Israele è una tragedia storica. Non ho il minimo dubbio sul cinismo, il fanatismo e la crudeltà di Hamas e di Hezbollah, che si fanno scudo di civili, anche bambini.
Ma che parte di responsabilità ha Israele nella nascita di questi movimenti fanatici, con l'occupazione del Sud del Libano e dei Territori ? Quanto la bomba israelo-palestinese è alle radici del fanatismo islamico ? E' lecito uccidere i civili usati come scudi per far capire che non ci si fermerà davanti a nulla ? Perché non si permette l'accesso a Gaza della stampa ? Perché non si vuole una forza di interposizione fra le due parti ? Quale nazione è riuscita a crescere e sopravvivere nei secoli basandosi esclusivamente sulla forza militare ? Queste e altre domande tengono acceso il fuoco dentro la mia anima, che dopo l'orrore che abbiamo attraversato non può smettere di soffrire per il destino di questo popolo
Giacomo Piperno

Caro Piperno, non c'è molto da aggiungere alle sue dolenti affermazioni. A parte una cerchia ristretta di antisemiti e una fazione contrapposta che disprezza gli arabi e li considera vittime di serie B, credo che l'opinione pubblica, nella sua larga maggioranza, guardi a quel conflitto con sconcerto e smarrimento.
L'impressionante sproporzione di reddito, tecnologia, potenza militare tra i contendenti, se non può essere imputata al popolo israeliano come una colpa, certo non contribuisce a rendere più popolare la sua causa: tra Davide e Golia Israele non incarna il primo, e davvero non saprei dire se questo costituisce la sua fortuna o la sua sciagura. La sproporzione (annosa) tra il numero delle vittime non fa che rendere più vistosa, e a volte scandalosa, questa differenza di potere e di ricchezza.
Ma come lei scrive così bene, e con tanto comprensibile coinvolgimento emotivo, ciò che turba maggiormente è scoprire che un popolo di perseguitati non è immune dalla prepotenza. Sia per eccesso di legittima difesa, sia perché ogni forma di nazionalismo acceca, le ragioni di Israele (che ci sono, eccome) hanno spesso innescato azioni e reazioni che solo la faziosità può impedire di definire inique. A peggiorare la situazione c'è il crescente potere, all'interno dei due schieramenti, degli oltranzisti religiosi, che tengono in ostaggio quanto rimane della ragionevolezza sui due fronti. Il suprematismo islamico, così denso di implicazioni razziste e “purificatrice”, è un orrore ideologico e culturale che il mondo sta pagando a caro prezzo. La visione di Israele come teocrazia non solo non osta, ma si aggiunge pericolosamente a questa radicalizzazione confessionale del nostro secolo.
Il risultato è che pochissimi, ormai, guardano con speranza al futuro di quel pezzetto di mondo nel quale gli uomini di buona volontà paiono continuamente zittiti dalla violenza e dall'odio etnico (reciproco).
Se questo può consolarla, caro Piperno, lei non è solo nel suo smarrimento: lo condividiamo in tanti, in attesa di condividere, chissà quanto, il sentimento vitale della speranza.

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