La verità comincia a farsi strada, lo scrive Lorenzo Cremonesi, in questo caso una garanzia. Siamo stati bombardati, nelle radio, in Tv, sui giornali, ogni bollettino di guerra era preceduto dalla solita macabra contabilità " i morti ad oggi sono...". Adesso le cifre cominciano a trapelare, e siamo lieti che il primo a darne notizia sia proprio Cremonesi, uno che le fonti palestinesi se l'è sempre bevute senza beneficio di inventario. Sul CORRIERE della SERA di oggi, 22/01/2009 a pag.1-5, scrive addirittura " il loro numero appare molto più basso dei quasi 1300 morti riportati da Hamas, i morti potrebbero essere tra 500 e 600, meno della metà. Strano che le organizzazioni non governative straniere le riportino senza verifica ". Strano ? Non diremmo proprio, e non solo le Ong, ma tutti media hanno creduto ciecamente alle "fonti palestinesi". Si legga anche dei letti vuoti negli ospedali di Gaza, mentre per tutto il tempo del conflitto sembrava che non ve ne fossero più di disponbili. Si sta ripetendo la stessa storia di Jenin, di Kana, della Chiesa dell'Annunciazione, con i media occidentali che pendono dalle labbra delle "fonti palestinesi", sparando cifre senza sentire il dovere professionale di verificarle. Le smentite, come sempre, arrivano tardi, così come il racconto dei crimini che realmente Hamas ha compiuto contro i cittadini di Gaza, raccontati nel servizio di Cremonesi. Quei numeri, quelle immagini, sono stati assorbiti dalle menti di coloro che stavano davanti ai teleschermi, sarà difficile cancellarle.
Ecco l'articolo:
"Così i guerriglieri di Hamas ci hanno usati come bersagli", pagina 1 e 5
GAZA — «Andatevene, andatevene via di qui!
Volete che gli israeliani ci uccidano tutti? Volete veder morire sotto le bombe i nostri bambini?
Portate via le vostre armi e i missili», gridavano in tanti tra gli abitanti della striscia di Gaza ai miliziani di Hamas e ai loro alleati della Jihad islamica. I più coraggiosi si erano organizzati e avevano sbarrato le porte di accesso ai loro cortili, inchiodato assi a quelle dei palazzi, bloccato in fretta e furia le scale per i terrazzi alti.
Ma per lo più la guerriglia non dava ascolto a nessuno. «Traditori. Collaborazionisti di Israele. Spie di Fatah, codardi. I soldati della guerra santa vi puniranno. E in ogni caso morirete tutti, come noi. Combattendo gli ebrei sionisti siamo tutti destinati al paradiso, non siete contenti di morire assieme?». E così, urlando furiosi, abbattevano porte e finestre, si nascondevano ai piani alti, negli orti, si barricavano vicino a ospedali, scuole, edifici dell'Onu.
«I miliziani di Hamas cercavano a bella posta di provocare gli israeliani. Erano spesso ragazzini, 16 o 17 anni, armati di mitra. Non potevano fare nulla contro tank e jet. Sapevano di essere molto più deboli. Ma volevano che sparassero sulle nostre case per accusarli poi di crimini di guerra», sostiene Abu Issa, 42 anni, abitante nel quartiere di Tel Awa. «Praticamente tutti i palazzi più alti di Gaza che sono stati colpiti dalle bombe israeliane, come lo Dogmoush, Andalous, Jawarah, Siussi e tanti altri, avevano sul tetto le rampe lanciarazzi, oppure punti di osservazione di Hamas. Li avevano messi anche vicino al grande deposito Onu poi andato in fiamme. E lo stesso vale per i villaggi lungo la linea di frontiera poi più devastati dalla furia folle e punitiva dei sionisti», le fa eco la cugina, Um Abdallah, 48 anni. Usano i soprannomi di famiglia. Ma forniscono dettagli ben circostanziati.
Trionfa la paura di Hamas e imperano i tabù ideologici alimentati da un secolo di guerre. Chi racconta una versione diversa dalla narrativa imposta dalla «muqawama» (la resistenza) è automaticamente un «aamil», un collaborazionista e rischia la vita.
Aiuta però il recente scontro fratricida tra Hamas e Olp. «La censura non è un fatto nuovo, tra le società arabe manca la tradizione culturale dei diritti umani. Avveniva sotto il regime di Arafat che la stampa venisse perseguitata. Con Hamas è peggio», sostiene Eyad Sarraj, noto psichiatra della Striscia. E c'è un altro dato che sta emergendo sempre più evidente visitando cliniche, ospedali e le famiglie delle vittime del fuoco israeliano. Il loro numero appare molto più basso dei quasi 1.300 morti, oltre a circa 5.000 feriti, riportati da Hamas. «I morti potrebbero essere tra 500 e 600. Per lo più ragazzi tra i 17 e 23 anni reclutati da Hamas, che li ha mandati letteralmente al massacro», ci dice un medico dello Shifa, il più grande ospedale di Gaza. Un dato confermato anche dai giornalisti locali: «Hamas commette un vecchio errore. Perché insistono nel gonfiare le cifre delle vittime? Strano tra l'altro che le organizzazioni non governative straniere le riportino senza verifica. Alla fine la verità potrebbe venire a galla».
Come si è giunti a queste cifre? «Prendiamo il caso del massacro della famiglia Al Samoun del quartiere di Zeitun. Quando le bombe hanno colpito le loro abitazioni hanno riportato che avevano avuto 31 morti. E così sono stati registrati dagli ufficiali del ministero della Sanità di Hamas. Ma poi, quando i corpi sono stati effettivamente recuperati, la somma totale è raddoppiata a 62 e così sono al computo dei bilanci totali», spiega Masoda Al Samoun di 24 anni.
È sufficiente visitare qualche ospedale per capire che i conti non tornano. Molti letti sono liberi all' Ospedale Europeo di Rafah. Lo stesso vale per il Nasser di Khan Yunis. Solo 5 letti dei 150 dell' Ospedale privato Al-Amal sono occupati. A Gaza City è stato evacuato lo Wafa, bombardato da Israele a fine dicembre. L'istituto è noto per essere una roccaforte di Hamas.
Lo Al Quds è stato a sua volta colpito la seconda settimana di gennaio. Lo racconta Magah al Rachmah, 25 anni, abitante a poche decine di metri dal complesso sanitario. «I miliziani si erano rifugiati soprattutto nel palazzo dell'amministrazione.
Usavano le ambulanze e avevano costretto autisti e infermieri a togliersi le uniformi con i simboli dei paramedici, così potevano sfuggire ai cecchini israeliani ». Tutto ciò ha ridotto di parecchio il numero di letti disponibili. Pure, lo Shifa resta ben lontano dal registrare il tutto esaurito. Sembra fossero invece pieni i suoi sotterranei. «Hamas vi aveva nascosto la stanza degli interrogatori per i prigionieri di Fatah», dicono i militanti del Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina.
È stata una guerra nella guerra questa tra Fatah e Hamas. Le organizzazioni umanitarie locali, per lo più controllate dall'Olp, raccontano di «almeno una ventina di esecuzioni, casi di tortura, rapimenti nelle ultime tre settimane» perpetrati da Hamas.
Uno dei casi più noti è quello di Achmad Shakhura, 47 anni, abitante di Khan Yunis. Era stato rapito per ordine del capo della polizia locale di Hamas, Abu Abdallah Al Kidra, quindi torturato, gli sarebbe stato strappato l'occhio sinistro, e infine ucciso il 15 gennaio.
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