A pagina 13, La REPUBBLICA del 21 gennaio 2009pubblica un articolo di Renato Caprile, "Ban-Ki-moon: Inchiesta sull'attacco".
Caprile sottolinea le parole di chi accusa Israele, dal segretario generale dell'Onu alle ong israeliane "umanitarie" (che spesso difendono solo i palestinesi e solo dai veri o presunti abusi israeliani), passando per l'Unrwa e Amnesty International, senza sottolineare la comprovata parzialità, e dunque la scarsa attendibilità di queste fonti.
La versione israeliana è però quanto meno riportata con precisione.
Sulla questione delle armi al fosforo bianco, Caprile scrive, per esempio:
si riapre caso delle munizioni al fosforo bianco. Israele ammette, come riferisce ieri il quotidiano Maariv, di averne fatto uso. Ma soltanto in campo aperto e allo scopo di evidenziare obiettivi e colpire ordigni in procinto di esplodere. La fonte di Maariv, peraltro anonima, sottolinea che comunque sono stati rispettati i codici internazionali in materia che ne vietano l´utilizzo in zone abitate.
Un passaggio che contrasta nettamente con il sottotitolo scelto dalla redazione "Israele:abbiamo usato armi al fosforo".
Sempre la redazione pubblica una foto che, ci assicura, mostrerebbe le scie bianche di una bomba al fosforo sul cielo di Gaza.
Un'affermazione che è tutta da verificare. Se la foto non è contraffatta (è avvenuto spesso, nei conflitti che hanno visto impegnato Israele, e sempre a danno dello Stato ebraico) è ancora da vedere se la scia appartiene effettivamente a una bomba al fosforo, e anche dove la bomba è effettivamente stata lanciata.
Ecco il testo:
GERUSALEMME - «Straziante. Da spezzare il cuore». Di fronte alle macerie di Gaza, il segretario generale dell´Onu Ban Ki-Moon è rimasto senza parole. Era lì, primo leader mondiale, a vedere finalmente coi propri occhi. A rendersi conto di persona dei danni e delle sofferenze inflitti alle popolazioni della Striscia dal «Piombo fuso» israeliano. Ban Ki-Moon, prima di andare a prendere visione a Sderot, in Israele, dell´altra faccia della tragedia, ha voluto visitare gli edifici dell´Unwra, l´agenzia Onu per i profughi palestinesi, colpiti più volte in quelle tre settimane dal fuoco di Tsahal.
«I responsabili dei bombardamenti contro queste strutture - ha detto - dovranno renderne conto. È necessaria un´inchiesta approfondita e una spiegazione completa sugli episodi più gravi affinché non si ripetano mai più». Ban Ki-moon alla fine della sua breve visita, che non è piaciuta per nulla agli israeliani, ha esortato le parti a rispettare la tregua. Tregua che per il momento regge, se si esclude qualche sporadico episodio di spari contro i soldati israeliani che stanno ripiegando. Operazione questa che dovrebbe concludersi oggi con il primo giorno di lavoro alla Casa Bianca di Barak Obama, che ha nominato l´ex senatore del Maine, George Mitchell (che da parte di madre è di origini libanesi e che lavorò con successo alla pacificazione in Irlanda del Nord come inviato di Bill Clinton) come inviato in Medio Oriente. Le truppe di Gerusalemme rimarranno attestate, con il dito sul grilletto, a ridosso dell´enclave palestinese.
Intanto si riapre caso delle munizioni al fosforo bianco. Israele ammette, come riferisce ieri il quotidiano Maariv, di averne fatto uso. Ma soltanto in campo aperto e allo scopo di evidenziare obiettivi e colpire ordigni in procinto di esplodere. La fonte di Maariv, peraltro anonima, sottolinea che comunque sono stati rispettati i codici internazionali in materia che ne vietano l´utilizzo in zone abitate. Amnesty international è però di tutt´altro avviso. Avrebbe prove «evidenti e incontestabili» dell´uso massiccio di questa sostanza in aree densamente popolate di Gaza e del nord della Striscia. «Un crimine di guerra», secondo Donatella Rovera, ricercatrice di Amnesty in Israele e nei Territori palestinesi.
Se Hamas paradossalmente inneggia alla vittoria radunando ieri decine di migliaia di sostenitori davanti al Parlamento distrutto di Gaza - la prova, secondo la loro propaganda, che continua a godere del sostegno popolare - Israele pone una precisa condizione per l´apertura definitiva dei valichi di confine. Il rilascio del caporale Gilad Shalit, prigioniero delle milizie islamico-radicali da due anni e mezzo. Per Tzipi Livni, ministro degli Esteri e leader di Kadima, le due questioni sono intimamente legate. «Siamo consapevoli - ha detto la Livni - delle pressioni che non solo Hamas ma anche la comunità internazionale esercita sulla piena riapertura dei confini. Ma se Hamas vuole ottenere qualcosa da noi, noi vogliamo qualcosa in cambio, vale a dire Gilad Shalit». La famiglia del militare nei giorni scorsi si era lamentata del fatto che il cessate il fuoco proclamato da Israele non fosse stato condizionato fin da subito al rilascio del loro congiunto.
Se i 1.300 morti e gli oltre 5.000 feriti palestinesi non hanno tolto il sonno alla Livni, che ieri l´altro aveva detto di sentirsi a posto con la propria coscienza, lo stesso dicasi per Ehud Olmert, il primo ministro, la cui popolarità dopo la guerra è in forte rialzo. Le distruzioni e le vittime dei 22 giorni di azione militare israeliana nella Striscia sono per Olmert da ricondurre «per intero» alle responsabilità di Hamas, che porta su di sé tutto il peso di questa tragedia. «Ecco perché non gli si può consentire - ha detto il premier - di guidare il processo di ricostruzione né di ricevere alcun tipo di legittimazione». Su di chi sia la responsabilità, qualche dubbio invece ce l´hanno le maggiori Ong israeliane. Che chiedono, a causa dell´altissimo numero di vittime civili, l´apertura di un´inchiesta, indipendente e imparziale, sull´operato delle forze armate.
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