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Il Foglio - Il Riformista Rassegna Stampa
20.01.2009 La politica italiana ed europea di fronte all'operazione Piombo fuso
rassegna di editoriali e opinioni

Testata:Il Foglio - Il Riformista
Autore: la redazione - Andrea Romano
Titolo: «L’asse Roma-Berlino-Gerusalemme - La lezione della guerra di Israele»

Dai quotidiani del 20 gennaio 2009, segnaliamo editoriali e opinioni sulla crisi di Gaza e sulle reazioni della politica italiana ed europea.

Merita una segnalazione, da LIBERO l'intervista di Andrea Morigi all'imam Yahya Pallavicini che critica le manifestazioni antisraeliane organizzate da gruppi islamici fondamentalisti in Italia ("Mandiamo aiuti nelle zone di guerra, sbaglia chi scende in piazza per provocare",pagina 20)

Da pagina 3 del FOGLIO del 20 gennaio 2009, l'editoriale "L’asse Roma-Berlino-Gerusalemme":

Quello che Angela Merkel ha cambiato nell’immagine della politica tedesca è soprattutto l’assunzione di un ruolo e di una responsabilità nelle relazioni internazionali. E’ in questo campo soprattutto che si è espressa la leadership di Angela Merkel che, affermando con assoluta fermezza la responsabilità esclusiva di Hamas nella crisi di Gaza ha fatto uscire la Germania dal suo tradizionale nanismo politico che accompagnava il suo gigantismo economico. La posizione della Germania, corrispondente a quella espressa con stile diverso ma con eguale impegno da Silvio Berlusconi, ha impedito all’Europa, e persino all’esuberante presidente francese, di continuare nel classico cerchiobottismo, puntando invece a una tregua “permanente”, cioè a fornire garanzie a Israele sul pericolo di riarmo di Hamas attraverso la gruviera del confine egiziano. L’asse italotedesco, al quale si sono collegati numerosi paesi europei, a cominciare da quelli dell’area orientale, è diventato il punto di riferimento centrale della politica internazionale, in un periodo di interregno dell’Amministrazione americana, evitando così pericolosi slittamenti nella retorica terzomondista. Anche sul piano della politica interna la cancelliera ha saputo assumere un ruolo guida, mettendo nell’ombra gli alleati socialdemocratici. Lei ha enunciato con chiarezza il suo disegno di una alleanza con i liberali, nell’anno elettorale che è appena iniziato, mentre la Spd non è riuscita a far capire se è disposta o meno ad allearsi con l’estrema sinistra, e ha pagato un conto salatissimo alla sua incertezza strategica nelle elezioni dell’Assia che proiettano già un’ombra pesante per gli esiti della Spd nelle elezioni parlamentari di settembre. Anche la capacità di scandire le scelte, anche quelle complesse e non precisamente lineari richieste dalla necessità di fronteggiare la crisi economica globale, sul calendario dei tempi politici ed istituzionali è un ingrediente della leadership della cancelliera. L’apertura a una partecipazione dei liberali alle scelte economiche, che deriva anche dalla loro presenza nei governi di cinque länder, assieme alla costruzione di una candidatura alla presidenza della Repubblica alternativa a quella avanzata dalla sinistra, ha il senso di una svolta politica che si realizza già ora in previsione degli equilibri della prossima legislatura. Con questa Germania che ha deciso di farsi sentire, tutti dovranno fare i conti

Dalla prima pagina del RIFORMISTA, di Andrea Romano "La lezione della guerra di Israele"

La tregua è fragile e il costo in vite umane terribile, ma dei venti giorni dell'operazione Piombo fuso è possibile fare un bilancio che guardi anche al modo in cui la politica italiana ha reagito a quest'ultima guerra. Il primo insegnamento non è affatto una novità e riguarda la determinazione di Israele a fare da sola per tutelare la propria esistenza e la sicurezza dei propri cittadini, qualunque sia l'opinione prevalente nella comunità politica e mediatica internazionale.
È un insegnamento antico, iscritto nelle fondamenta dello Stato ebraico, ma che in questo caso ha sostenuto la sua sfida più grande: quella contro l'accusa di aver deliberatamente condotto un "massacro di bambini", secondo la formula usata dai molti che alludono (senza saperlo?) alla persistenza dello stigma di Erode come tratto del più classico antisemitismo. Se ogni guerra strazia bambini e genitori, comprese quelle che abbiamo democraticamente voluto negli anni della finzione retorica degli "interventi chirurgici", è solo la guerra di Israele che merita il titolo di "massacro di bambini". Israele sapeva che sarebbe accaduto, così come tutti noi dovremmo conoscere gli strumenti utilizzati nella contesa mediatica globale dai compagni di strada di ogni latitudine del fondamentalismo islamista. E pur sapendolo, Israele ha intrapreso l'unica strada lasciata aperta dalla latitanza della comunità internazionale su Gaza e sugli obiettivi politici di Hamas.
Questo è il secondo e più autentico insegnamento che la guerra ci lascia in eredità: l'ammonimento innanzitutto a noi stessi a non permettere più che Israele sia costretta a fare affidamento solo sulle proprie forze per tutelare la propria sicurezza. E dunque, per quanto riguarda Gaza, l'assunzione di una responsabilità multilaterale diretta nella prevenzione e nella repressione del contrabbando di armi e nella radicale trasformazione della missione di Hamas come viatico per la rinascita umana e civile della Striscia. Ma è un ammonimento che si estende ben al di là della Palestina, investendo la nuova presidenza Obama e la probabile accelerazione che subirà già nei prossimi mesi il dossier nucleare iraniano. Perché anche in questo caso conosciamo già le modalità con cui la democrazia israeliana si prepara a tutelarsi in solitudine dal possibile salto di qualità di quel dossier, dalla sua eventuale trasformazione in minaccia reale contro Gerusalemme. Alle nostre democrazie, e non solo a quella statunitense, spetta dunque l'onere di impedire che la questione iraniana diventi un problema esclusivamente israeliano. Rivitalizzando un'azione multilaterale di pressione su Teheran che in questi ultimi mesi è sembrata appannarsi, anche per gli effetti del cambio di amministrazione statunitense.
E la politica italiana? Come ha reagito dinanzi a una discussione pubblica non solo estremamente polarizzata, come da tradizione nel caso di conflitti in quell'area, ma capace di travolgere misure e proporzioni: ad esempio sommando le ambiguità della formula del "massacro dei bambini" a paragoni storici pesantemente allusivi (come l'insistenza sull'"olocausto palestinese" o il confronto tra Gaza e Hiroshima che ieri campeggiava su un titolo di Repubblica di ben undici colonne)?
In realtà la politica italiana ha reagito meglio del previsto. Sia al governo che all'opposizione, dove hanno prevalso toni equilibrati e la ricerca condivisa di un contributo fattivo alla soluzione della crisi. Per una volta, complice la linea più defilata che Berlusconi ha impresso alla politica estera italiana prima dell'imminente accelerazione del G8, il tasso di protagonismo retorico non è stata l'unica misura della nostra iniziativa internazionale. Frattini ha commesso una gaffe clamorosa, annunciando in Parlamento che non vi sarebbe stata alcuna offensiva di terra israeliana, ma ha gestito in modo equilibrato un ruolo italiano che ha dovuto rendersi compatibile con la presidenza europea di Sarkozy. Ma ciò che più conta, l'Italia si prepara a svolgere intorno a Gaza un ruolo attivo di smilitarizzazione della Striscia partecipando alla prevenzione del contrabbando di armi.
Identico equilibrio è venuto da Piero Fassino, che in questa crisi ha finalmente mostrato a cosa potrebbe servire un buon ministro ombra del Pd. L'ex segretario dei Ds ha dato prova di lucidità individuando le fonti del conflitto nella vocazione irriducibile di Hamas e ha mostrato una buona dose di coraggio difendendo le ragioni di Israele alla sicurezza, senza imbarcarsi in polemiche autoreferenziali con il governo. Ma soprattutto è riuscito a compattare sulle proprie posizioni la gran parte del Pd, nonostante la sostanziale assenza politica di Veltroni. Rimarrebbe da dire di Massimo D'Alema, che in questi giorni ha mostrato come mai prima d'ora la tenacia del proprio pregiudizio anti-israeliano. Ma serve più ricordare l'isolamento politico che ne ha circondato le battute, tra cui quella memorabile secondo cui la stampa italiana sarebbe imbeccata dai servizi di sicurezza di Gerusalemme.

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