Dal FOGLIO del 20 gennaio 2009 riportiamo due articoli sulle dichiarazioni di Cynthia Ozick, intervistata il 19 gennaio da Alessandra Farkas per il CORRIERE della SERA, sulla guerra Israele-Hamas, l'antisemitismo europeo e la memoria della Shoa.
L'analisi di Giulio Meotti e l'intervista di Nicoletta Tiliacos alla storica Anna Foa.
Da pagina 1 dell'inserto "Memoria e sepolcri imbiancati ", di Giulio Meotti:
L’Olocausto rovesciato è stato messo in scena a Gaza. Una mostra, organizzata da Hamas prima che Israele lanciasse l’operazione “Piombo fuso”, ritrae bambini palestinesi nei forni crematori: “Gaza: una mostra per descrivere le sofferenze dei bambini nell’Olocausto”. C’è il modellino di un forno crematorio con svastica e stella di Davide. E’ in occidente che sono stati però accesi i forni di questo mito infanticida che si nutre di lauti paragoni fra Olocausto ebraico e Occupazione palestinese, Gaza e i lager. Una retorica nefanda si è imposta da tempo nella cultura occidentale, e nei giorni scorsi ha dato il destro a ogni tipo di paragone sui bambini palestinesi. L’Unità nel giugno 1968 scriveva che Israele ha mutuato la violenza “dai persecutori nazisti del popolo ebraico”. Si arriva al paragone fra “Ramallah e Auschwitz” del Nobel José Saramago, alla “razza ebraica guerriera e persecutrice” di Alberto Asor Rosa; a quel Richard Falk, osservatore speciale dell’Onu, che ha appena accusato di “Olocausto in fieri” Israele, fino ai Nobel della pace, l’irlandese Mairead Maguire e l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu, che hanno definito l’atomica israeliana “una camera a gas” e paragonato Israele all’apartheid. L’11 settembre 2001, ben prima che esplodesse la “seconda Intifada”, il celebre Centro Zayed di Abu Dhabi ospitava una conferenza intitolata: “La confezione dell’Olocausto fra nazismo e razzismo sionista”. Due giorni fa ha usato immagini simili anche monsignor Luigi Bettazzi, presidente emerito di Pax Christi Internazionale e vescovo emerito di Ivrea. Di Israele ha detto: “Non vorrei che un giorno si dica che sono stati superati i nazisti, che per uno dei loro ne uccidevano dieci, e tu ne uccidi cento”. E prima ancora il cardinale Raffaele Martino aveva paragonato Gaza ai lager. E il governo spagnolo per le stesse ragioni ha deciso di annullare la giornata della memoria dell’Olocausto. Intanto Cynthia Ozick lancia una provocazione dal Corriere della Sera: “Concordo pienamente con la decisione spagnola di annullare la commemorazione pubblica delle vittime dell’Olocausto. Ovviamente per motivi ben diversi dai loro. E anzi invito i governi europei ad abrogare il Giorno della Memoria perché non ne sono degni e perché, ancora una volta, mostrano d’essere dalla parte di chi commise la Shoah”. Fra le maggiori scrittrici viventi, autrice di best seller come “Lo scialle” (Feltrinelli), Ozyck pensa alla cultura araba inzuppata di cannibalismo ebraico e spiega che ha riabilitato la condanna del sangue medievale: “Una tradizione antisemita iniziata nel medioevo che accusa gli ebrei-demoni d’omicidio. L’antisemitismo è riesploso nel mondo islamico e l’Europa vi si è aggregata come un’orda di lupi”. Mai come oggi è diffusa la conoscenza della Shoah in Europa, il cinema sarà invaso da altre pellicole dolciastre sugli ebrei nei campi; eppure, mai come oggi, il veleno antiebraico è tornato a circolare. Quando il musicista greco Mikis Theodorakis definisce Israele “radice del male” e chiama Ariel Sharon “il piccolo Hitler”, non lo fa per ignoranza dell’Olocausto. E’ autore, infatti, del capolavoro “Mauthausen”. Parliamo con lo storico israeliano Benny Morris, docente alla Ben Gurion University e autore di “The Birth of the Palestinian Refugee Problem”, che ne ha fatto il capofila dei “nuovi storici”, pronti a dissacrare i miti fondatori d’Israele. “E’ un non senso, storicamente e moralmente, il paragone fra l’Olocausto e Gaza. Quella di Ozyck è un’interessante provocazione, anche se penso che la Shoah debba rimanere parte delle celebrazioni europee proprio ora che c’è il nuovo antisemitismo. Ma è vero che quest’ipocrisia è nauseante. L’Olocausto è stato un massacro di ebrei innocenti, israeliani e arabi invece sono in guerra da mezzo secolo. Israele è un paese che vive sotto minaccia di olocausto nucleare”. La cultura europea definisce l’Olocausto “male assoluto”. “E lo si getta nella storia più lontana. In tutta questa memoria vedo molta ipocrisia. La cultura europea, che alimenta il paragone fra la Shoah e Gaza, non ha mai preso coscienza dell’antisemitismo radicale di Hamas. E’ direttamente ad Allah che gli islamisti si richiamano. E continueranno la loro battaglia in nome del Corano fino all’ultimo ebreo. Fin dalla guerra del 1948 fra Israele e gli arabi, questo conflitto è stato soprattutto religioso. L’islam e la cultura araba hanno subito parlato di jihad contro gli ebrei e di una ‘guerra di sterminio’ contro Israele. Eppure gli storici hanno minimizzato la dimensione religiosa a favore del nazionalismo. L’occidente si è inventato l’idea che Israele sia una creazione coloniale nel mondo arabo, al fine di mitigare, inconsciamente, il senso di colpa per la Shoah”. Matthias Küntzel è autore di “Jihad and Jew-Hatred”. Storico di formazione ecologista, editorialista per il Wall Street Journal, Küntzel è il massimo esperto di antisemitismo iraniano. Parlare con Küntzel è importante perché quando fu invitato all’università di Leeds, in Inghilterra, per discutere di antisemitismo islamico, la comunità musulmana ottenne la cancellazione della sua conferenza. Ne nacque un caso clamoroso sulla libertà d’espressione. Docente all’Università di Gerusalemme, Küntzel è d’accordo con Ozyck. “L’abuso dell’Olocausto è la versione soft dell’Olocausto negato da iraniani e islamisti”. Di ieri è notizia che Teheran pubblicherà in inglese un libro che liquida la Shoah come “mistificazione storica”. Ci sarà un messaggio di Ahmadinejad. “L’opzione di un nuovo crimine epocale contro gli ebrei è stato elevato a politica governativa. L’ex presidente iraniano Hashemi Rafsanjani ha detto che ‘Hitler ha ucciso solo 20 mila ebrei e non 6 milioni’. Dal dicembre 2005 la ‘menzogna dell’Olocausto’ è diventata martellante nei sermoni televisivi, i talk show sbeffeggiano le camere a gas e il centro religioso di Qom ha annunciato progetti di ricerca contro i ‘difensori dell’Olocausto’. Ahmadinejad usa la parola ‘sionista’ come Hitler usava ‘ebreo’. Molti imam in Europa negano ogni giorno l’Olocausto”. Ozyck afferma anche che “i cuori che dovrebbero pulsare di compassione progressista si sono alleati ai jihadisti”. Dice Küntzel: “E’ un antisemitismo che si nutre di antirazzismo. C’è una continuità fra la cultura di sinistra compiacente verso il mondo arabo e l’islamismo. Ozyck ha ragione. Gaza come la Shoah è propaganda mista progressista e islamista. Per la prima volta l’islamismo in Germania ha attratto intellettuali e politici di sinistra. La leadership iraniana nega l’Olocausto per commetterne un altro e sono bravi a usare i cliché occidentali sulla Shoah. Perché ad esempio non paragoniamo mai la Shoah al Darfur o ai massacri islamici in Siria? L’Olocausto è sempre usato contro un gruppo preciso: gli ebrei. Dopo la Seconda guerra mondiale il nazismo è elevato a crimine in occidente. Ma non nel mondo islamico, dove si stava preparando la guerra contro Israele, i leader arabi si erano alleati ai nazisti e si riprese a distribuire libelli come i ‘Protocolli dei savi di Sion’. I paesi occidentali non lo hanno mai denunciato, mentre si apprestavano a imprigionare David Irving e Robert Faurisson. Decenni di silenzio sull’antisemitismo islamico e l’Europa che si riempiva la bocca di parole di compassione per le vittime dell’Olocausto. Ahmadinejad ha avuto la bontà di far cadere l’ipocrisia: via Israele dalla mappa geografica. Non possiamo separare la negazione dell’Olocausto dalla volontà di eliminare Israele”. D’accordo con Ozyck è Joel Rubinfeld, presidente del Comité de Coordination des Organisations Juives in Belgio e dell’Atlantis Institute di Bruxelles. E’ stato Rubinfeld a organizzare una grande marcia pro Israele a Bruxelles. Più che di negazione, lui parla di banalizzazione della Shoah. “L’abuso quotidiano dell’Olocausto è una forma di negazionismo e di banalizzazione. Sono compassionevoli verso la Shoah, ma non amano i sopravvissuti e i loro nipoti che combattono in Israele. Questi europei sofisticati chiudono gli occhi di fronte alle marce paranaziste di Hezbollah o di fronte all’Iran che organizza conferenze internazionali negazioniste. La Shoah li fa commuovere, ma non quando Israele si difende nella guerra dichiarata dagli islamisti contro gli ebrei israeliani e contro gli ebrei in tutto il mondo. Non è raro veder spargere calde lacrime sulle vittime della Shoah. Ma la sola vista dei figli di coloro che scamparono alla Shoah che si difendono dallo stesso progetto genocida è insopportabile”. A chi paragona Israele al nazismo, farebbe bene visitare Kfar Etzion, a sud di Gerusalemme. Nel 1948 a difendere l’avamposto furono i sopravvissuti all’insurrezione del ghetto di Varsavia. Uccisi armi alla mano dagli egiziani. Erano e sono i veri eredi dell’antifascismo, che gli idioti e gli antisemiti chiamano “fascisti”. Ne diverrà il simbolo una donna, Miriam Ben- Ari, che spedì suo figlio dal marito a Gerusalemme pur di combattere: “Lascio il nostro bambino perché viva al sicuro. Sarà un uomo libero”.
Di Nicoletta Tliacos, sempre da pagina 1 dell'inserto "Anna Foa critica il catastrofismo di Cynthia Ozick: “Non vedo nessuna nuova Notte dei cristalli” :
Roma. La presa di posizione della scrittrice americana Cynthia Ozick (“mi sento ripiombata nel 1938, l’Europa non è degna del Giorno della memoria”, ha detto al Corriere della Sera) lascia più che perplessa la storica Anna Foa, della quale è in uscita (giovedì prossimo, per Laterza) un libro intitolato “Diaspora. Storia degli ebrei nel Novecento”. Al Foglio, Anna Foa dice di avere “la massima stima per Cynthia Ozick, che considero una grande scrittrice. Ma il suo discorso non ha molto senso, nel momento in cui dimostra di essere semplicemente speculare al discorso spagnolo, certamente aberrante, che vieta la celebrazione del Giorno della memoria per ‘punire’ Israele”. Il punto di partenza, infatti, “è che si è verificata un’assoluta sovrapposizione tra Israele e il Giorno della memoria, e tra Israele e comunità ebraiche: come quella romana, colpita nei giorni scorsi dal folle invito al boicottaggio dei negozi. E dunque abbiamo la Spagna, da una parte, che ridimensiona o cancella le celebrazioni dedicate al ricordo della Shoah per protestare contro la politica di Israele. E dall’altra c’è Cynthia Ozick, la quale parla di ritorno del ’33 e del ’38. Un discorso viscerale, che posso anche comprendere, ma che, visto che sono una storica, mi invita invece ad aggrapparmi alle possibilità della ragione. E allora non ci siamo. Quelle sono date molto precise, con segni inequivocabili che non ritrovo ora”. Non c’è una nuova “notte dei cristalli da fronteggiare. Ci sono manifestazioni islamiche violente, con un’estrema sinistra al seguito, ed è senza dubbio un elemento nuovo del quadro. Pericoloso quanto si vuole, ma non vedo, da parte dei governi europei, niente di paragonabile a quello che avvenne negli anni Trenta. Non vedo nessuna legge discriminante contro gli ebrei. E allora dobbiamo fare attenzione. Non sono d’accordo con chi dice che c’è più antisemitismo oggi che nel 1938, come pure mi capita di leggere in questi giorni”. La storica non condivide “l’attacco così violento contro l’Europa, e non ha molto senso porre il problema di chi è degno o meno del Giorno della memoria. Quella è una data che pone problemi, ed è ovvio che sia così. Penso soprattutto all’Italia che conosco meglio, ma ho letto anche un’intervista su Moked, il sito dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane, alla storica Annette Wieviorka sulla situazione francese, che ne esce come abbastanza simile alla nostra. In quella data le istituzioni ebraiche e non ebraiche del mondo occidentale si attivano moltissimo, con iniziative più o meno interessanti, più o meno formali, se non convenzionali. Ma anche con interrogativi che partono soprattutto da parte ebraica. C’è infatti chi si chiede se non ci sia, nella celebrazione di quella giornata, un rischio di isterilimento, di fossilizzazione, di ritualità senza sostanza”. Per Anna Foa si deve dunque “distinguere tra la memoria della Shoah (e la storia della sua memoria, anche in Israele, e anche per quanto riguarda quella complessa memoria che passa attraverso il processo Eichmann) e l’atteggiamento verso Israele. E’ da combattere l’atteggiamento dell’estrema sinistra italiana, spagnola e di altri paesi, e degli islamici che sono alla testa delle manifestazioni, volto ormai all’annientamento di Israele. Ma non vedo come tutto questo possa essere confuso con l’idea che l’Europa stia sprofondando nel ’38 e in una nuova Kristallnacht. Fare confusione non ci aiuta a essere efficaci. E poi non bisogna essere ‘degni’ del giorno della memoria: bisogna semmai costruirne uno che sia davvero utile, che spieghi”. Nel suo libro di prossima uscita, Anna Foa esprime una tesi che suona in parte come replica alle posizioni alla Ozick. La storica parla della crisi dell’Europa e della profonda crisi che l’ebraismo europeo sta attraversando, ma sottolinea anche che “Stati Uniti e Israele, i due poli fondamentali per l’ebraismo contemporaneo, traggono tutta la loro vitalità dall’ebraismo europeo (segnatamente da quello russo, in Israele, mentre per gli Stati Uniti c’è anche quello tedesco). La diaspora è un retroterra di forza per Israele. E’ una vecchia storia che mi sento di ribadire: la diaspora è legami, spunti, circuito di vitalità, influssi. La forza di Israele nasce anche dall’Europa
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