Per Sergio Romano "che una organizzazione politico- religiosa disponga di un cospicuo arsenale militare e rifiuti di consegnarlo alle forze armate dello Stato di cui fa parte non è né giusto né sbagliato, ma, più semplicemente, una realtà che è impossibile ignorare".
Il riferimento è a Hezbollah, che Unifil non deve disarmare, per evitare una guerra civile.
Peccato che, oltre a non essere disarmato dal governo libanese con l'ausilio di Unifil, come impone la risoluzione Onu 1701, Hezbollah si sia riarmato, evidentemente preparandosi alla prossima guerra. Forse all guerra con Israele, forse alla guerra civile, nel caso gli altri libanesi deccidessero di sottrarsi alla sua "tutela".
Per ora si astiene dall'attaccare in forze Israele, ma è difficile sostenere che questo sia un successo di Unifil. Piuttosto, è un successo, probabilmente soltanto temporaneo, della deterrenza guadagnata da Israele con la guerra del Libano.
Ecco il testo, a pagina 37, "Missione in libano e critiche a Unifil", dal CORRIERE della SERA del 16 gennaio 2009:
Nella sua risposta sul
Corriere del 5 gennaio sulla missione Unifil lei dice che non è compito del contingente di interposizione di disarmare Hezbollah.
Eppure la scheda Unifil Operazione Leonte (visibile sul sito del ministero della Difesa) afferma testualmente che «con la risoluzione 1701 dell'11 agosto 2006 il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha previsto il potenziamento del contingente militare Unifil con lo scopo di assistere le Forze Armate Libanesi nel prevenire la ripresa delle ostilità mantenendo tra la Blue Line e il fiume Litani un'area cuscinetto libera di personale armato, assetti ed armamenti che non siano quelli del governo libanese e di Unifil; mettere in atto i rilevanti provvedimenti degli accordi Taif e della risoluzione 1559 (2004) e 1680 (2006) che impongono il disarmo di tutti i gruppi armati in Libano; nessuna arma o autorità che non sia dello Stato libanese; nessun commercio o rifornimento di armi e connessi materiali al Libano tranne quelli autorizzati dal governo, ecc.
ecc». Insomma, se lo storico Benny Morris ci dice che Hezbollah si è fortemente riarmata vuol dire che il governo e l'esercito libanesi, e con essi Unifil, hanno fallito.
Gian Paolo Ferraioli, Roma
Sul problema del riarmo di Hezbollah vanno anche tenute presenti le intese raggiunte a Doha (maggio 2008) che hanno reso possibile il ripristino della normalità istituzionale in Libano. Il capo delle milizie sciite Hassan Nasrallah ha preso atto degli accordi di Doha e si è espresso a favore di un Libano indipendente e pluralista. Ha inoltre accettato la rinunzia del ricorso alla forza nelle questioni di politica interna, ma non in materia di resistenza intesa come possibilità di azioni militari contro Israele, giustificate dal recupero di una zona di confine, le fattorie di Sheeba, sotto occupazione israeliana di cui Beirut reclama la restituzione. È con questa scappatoia patriottica che Hezbollah resta una milizia armata e vanifica la risoluzione 1701 del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che riconosce solo alle autorità libanesi la responsabilità del disarmo delle fazioni armate.
Francesco Mezzalama
Roma
Cari lettori,
Il testo della risoluzione dell'Onu conferma ciò che ho scritto qualche giorno fa. L'Unifil non ha l'obbligo di disarmare Hezbollah, ma tutt'al più quello di assistere in tali operazioni il governo libanese. Ma quest'ultimo non ha alcuna intenzione di farlo. È giusto che una organizzazione politico- religiosa disponga di un cospicuo arsenale militare e rifiuti di consegnarlo alle forze armate dello Stato di cui fa parte? Non è né giusto né sbagliato, ma, più semplicemente, una realtà che è impossibile ignorare. Quando una fazione politica libanese, nella scorsa primavera, cercò di togliere a Hezbollah il controllo del-l'area trasporti dell'aeroporto di Beirut (uno snodo fondamentale per i rifornimenti di cui ha bisogno), il Paese fu sconvolto per alcuni giorni dalle prime manifestazioni di una nuova guerra civile. Che cosa avrebbe dovuto fare Unifil in quelle circostanze? Gettare i propri soldati nella mischia e mandarli a morire nel fuoco incrociato di un conflitto in cui il fronte può essere ovunque? La guerra civile, come ricorda Mezzalama, venne evitata dagli accordi di Doha e il patto concluso in quella città fu, tutto sommato, il migliore dei compromessi possibili. Hezbollah ha accettato di esistere politicamente all'interno di un Libano multi-religioso e di collaborare alla formazione di un governo di unità nazionale, ma ha contemporaneamente rivendicato il diritto di usare le sue armi contro Israele. Chiedo ancora: che cosa avrebbero dovuto fare l'Onu, Unifil e i governi che hanno fornito i propri contingenti militari alla forza d'interposizione? Avrebbero dovuto negare validità agli accordi di Doha e accendere la miccia di un'altra guerra del Libano in cui le vittime civili sarebbero state molto più numerose di quelle provocate dall'improvvida offensiva israeliana del luglio 2006?
Sembra del resto che la temporanea soluzione della questione libanese non sia spiaciuta, almeno fino a più recenti avvenimenti, neppure a Israele. Nella sua lunga intervista al quotidiano Yedioth Ahronoth,
ripetutamente citata dalla stampa internazionale nelle scorse settimane, l'intervistatore ha chiesto al premier israeliano dimissionario Ehud Olmert: «Adesso che si è dimesso, ha una visione diversa della guerra? Ci sono cose che lei farebbe diversamente? Ha qualche maggiore dubbio sulla leadership militare di Israele?». A questa domanda Olmert ha risposto: «Questa è la sola guerra che si sia conclusa con una risoluzione politica. Da allora non un solo colpo è stato sparato in quell'area. Se sapessimo come creare un arrangiamento simile nel sud (cioè a Gaza, n.d.r.),
le nostre forze di combattimento non mancherebbero di sostenerlo».
Per la verità qualche colpo, negli scorsi giorni, è stato sparato. Ma nessuno ne ha rivendicato la paternità e Hezbollah, dal canto suo, ne ha preso le distanze: una prova, forse, che Unifil è più utile di quanto credano i suoi avversari. Come si diceva nei saloon americani del West quando scoppiava una rissa: non sparate sul pianista, è il solo che abbiamo.
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