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La Stampa Rassegna Stampa
12.01.2009 L'unico vero grande errore della presidenza Bush
Il no al blitz per fermare l'atomica iraniana

Testata: La Stampa
Data: 12 gennaio 2009
Pagina: 4
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Il no di Bush al blitz sull'Iran»

Sulla STAMPA di oggi, 12/01/2009, la cronaca di Maurizio Molinari, "Il no di Bush al blitz sull'Iran ".

Nell’anno appena terminato Israele chiese aiuto alla Casa Bianca per lanciare un attacco contro l’Iran, ma il presidente George W. Bush si oppose. A rivelarlo è il New York Times, ricostruendo come il governo di Gerusalemme fece due richieste specifiche per ottenere una fornitura di bombe antibunker, capaci di colpire in profondità, e anche il diritto di sorvolo dei cieli dell’Iraq. L’intenzione dell’esercito israeliano, secondo la ricostruzione fatta sulla base di fonti di intelligence che hanno chiesto l’anonimato, era di lanciare un blitz aereo contro l’impianto di Natanz, l’unico dove Teheran conduce l’arricchimento dell’uranio. Ma ad entrambi i passi di Gerusalemme l’inquilino della Casa Bianca oppose un netto rifiuto: nel caso delle bombe antibunker non venne neanche motivato, mentre per il sorvolo dei cieli dell’Iraq il veto ebbe a che fare con l’intenzione di non coinvolgere nel blitz le truppe americane. Dietro le risposte di Bush però, secondo il New York Times, vi era dell’altro, ovvero la decisione di affidare a operazioni clandestine di boicottaggio il compito di sabotare il programma nucleare di Teheran.
A sostenere la posizione di Bush fu il ministro della Difesa Robert Gates secondo il quale un blitz aereo contro l’Iran si sarebbe rivelato inefficace, mentre i sabotaggi clandestini potevano assicurare migliori risultati. Fu durante l’estate del 2008 che il Pentagono più temette un blitz di Israele, allorché le esercitazioni aeronavali dello Stato ebraico nel Mediterraneo simularono un attacco contro la centrale di Natanz. Fu allora che il capo degli stati maggiori congiunti, Mike Mullen, si recò in Israele e chiese delucidazioni al pari grado Gabi Ashkenazi, che gli rispose assicurandogli che un attacco avrebbe rallentato il programma iraniano di 2 o 3 anni. Washington ribadì anche in quell’occasione la preferenza per missioni clandestine. In particolare le operazioni degli 007, iniziate nel 2008, hanno compreso infiltrazioni nella catena di rifornimento degli impianti, sabotaggi ai sistemi elettrici e anche alle reti di comunicazione Internet che Teheran adopera per tenere sotto controllo la produzione di uranio arricchito. Fra i maggiori successi delle operazioni clandestine condotte dagli americani vi sarebbe il reclutamento di un ingegnere svizzero, in passato alle dipendenze del network del pakistano Qadeer Khan, che avrebbe accettato di collaborare rivelando molti dettagli del programma nucleare iraniano.
Barack Obama è stato aggiornato su quanto avvenne nel 2008 durante i briefing dell’intelligence ricevuti a partire dall’indomani dell’elezione, ed ora toccherà a lui decidere come procedere.

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