Il 1981 sembra nato bene. A gennaio l’Iran di Khomeini rilascia i 52 funzionari dell’Ambasciata USA tenuti per molti mesi in ostaggio dagli “studenti coranici” dentro la stessa ambasciata occupata, e precedentemente oggetto di un grottesco e fallito tentativo americano di liberarli con un’azione di commando male preparata e peggio eseguita. L’esempio di Entebbe era lontano e vicina invece la fine ingloriosa della presidenza Carter, ovviamente responsabile dell’operazione. A Jimmy Carter non veniva affidato il secondo mandato presidenziale, e lui concludeva nell’amarezza una delle meno felici presidenze della storia americana.
Gli ostaggi però ora sono salvi.
Dopo la lunga occupazione dell’ambasciata degli Stati Uniti (un caso unico nella storia della diplomazia), Khomeini non ha osato spingersi più in là.
Anche febbraio è un mese buono. La Spagna, da poco restituita alla democrazia (un passaggio da repubblica totalitaria a monarchia costituzionale voluto e guidato proprio dal dittatore Francisco Franco), vede fallire un’altra grottesca operazione, il tentativo di colpo di Stato da parte di elementi della Guardia Civil, teso a ripristinare la dittatura franchista. Ma il giovane re. il “romano” (perché nato in esilio a Roma) Juan Carlos lo impedisce facendo intervenire l’esercito a lui fedele, e forse anche alla nuova democrazia.
Luci e ombre invece nel mese di maggio. In Italia al referendum abrogativo sull’aborto, fortemente voluto dalla Chiesa e sostenuto con tutti mezzi propagandistici a disposizione dalla Democrazia Cristiana, l’elettorato in buona maggioranza risponde “no”. La legge sull’aborto resta legge dello Stato italiano.
Il 13 maggio è invece un giorno nero. In Piazza San Pietro sparano al Pontefice Karol Wojtyla. Giovanni Paolo II viene ferito gravemente. L’attentatore, il turco Ali Mehmet Agca, membro di una setta terroristica del suo paese, viene subito arrestato, ma non rivela, né rivelerà mai i nomi dei mandanti.
Mentre il “cui prodest” indicherebbe nell’URSS il primo indiziato, perché il Papa esercita una grande influenza sulla cattolica Polonia, con l’appoggio aperto a Solidarnosc in chiave anticomunista, l’agenzia di stampa sovietica Novosti scrive che dietro l’attentato c’è “la lobby ebraica”.
Un importante aiuto a giugno è portato da Israele all’Iran nella sua guerra contro l’Iraq. Naturalmente Israele aiuta anche se stesso.
Gli aerei iraniani hanno appena bombardato una centrale elettrica nei sobborghi di Baghdad quando vedono sfrecciare, provenienti dal deserto, a poche decine di metri dal suolo per evitare di essere intercettati dai radar, altri due caccia-bombardieri.
Sono due Phantom, gli stessi in dotazione all’aviazione iraniana (ma non recano segni di riconoscimento), che si dirigono verso un blocco di edifici, a una trentina di chilometri dalla capitale irachena, su una località chiamata Tuwaitah, dove ha sede il centro di ricerche nucleari di Saddam Hussein. Il centro è stato messo in piedi dalla Francia, con un contributo anche di altri paesi europei, compresa l’Italia.
I due Phantom senza insegne lanciano i loro missili ”intelligenti” contro il reattore Tammuz I, che i francesi non hanno ancora finito di mettere a punto. Ci sarebbero voluti solo altri tre o quattro mesi per rendere attivo il reattore.
In pochi secondi il grosso reattore è messo fuori uso e di bomba atomica irachena non si parlerà più per un pezzo (per ironia della sorte un quarto di secolo dopo si parlerà invece di atomica iraniana).
Gli iraniani. in un primo tempo accusati, cadono dalle nuvole, dicono che quei Phantom non sono i loro. Sì, i loro aerei hanno bombardato obiettivi iracheni proprio quel giorno, ma non hanno attaccato il complesso nucleare.
Si saprà più tardi (ma Israele non confermerà mai) che si trattava di due Phantom F45, in dotazione all’aeronautica israeliana, che avevano sorvolato la Giordania e la Siria a settantacinque metri (!) di quota prima di raggiungere il bersaglio, lanciare i missili e tornarsene a casa illesi.
Il 26 ottobre 1979 Saddam Hussein aveva dichiarato al giornale di Baghdad “Al Thawra” che “la nostra lotta contro il nemico sionista sarà crudele, accanita e prolungata… noi arabi dovremo essere decisi a tutto e insistere per la creazione di tutto il necessario per conseguire la vittoria…”.
Le ambizioni irachene non rappresentavano però una minaccia solo per Israele. A temerle erano molti paesi arabi, prime tra tutti l’Arabia Saudita e la Siria.
Sono gli stessi timori che nel XXI secolo susciteranno le realizzazioni in campo nucleare dall’Iran.
Il 29 agosto attentato contro la Sinagoga di Vienna. Due i morti, 19 i feriti. L’OLP rivendica, ma il Cancelliere austriaco Bruno Kreisky afferma che l’attentato è la conseguenza della intransigenza israeliana nei confronti dei palestinesi.
Quello di Vienna non è il primo attentato contro i luoghi di culto ebraici, che difficilmente possono essere definiti “obiettivi strategici”.
Il 3 ottobre dell’anno precedente c’era stato l’attentato contro la sinagoga di Rue Copernic a Parigi, il 20 dello stesso mese l’attentato contro la sinagoga portoghese di Anversa (e ci sarà l’anno successivo quello contro il Tempio Maggiore di Roma).
I timori del mondo arabo moderato per gli equilibri politici e militari messi in pericolo prima dall’Iraq e più tardi dall’Iran trovano conferma alla loro ragion d’essere il 6 ottobre di questo 1981, quando, durata una parata al Cairo, il Presidente egiziano Muhammad Anwar al-Sadat viene assassinato. L’assassino, subito catturato e giustiziato, è Khalid al-Islambuli, che fa parte del gruppo terroristico “al-Jihad”.
Sadat era stato il primo – e forse il più importante – leader arabo ad aprire un dialogo con Israele. Era il 1977 quando aveva avuto il coraggio di preparare le premesse del trattato di pace con Israele, con la conseguente apertura di regolari rapporti diplomatici tra i due paesi.
Quella era la strada maestra per la pace (Israele avrebbe restituito all’Egitto ogni centimetro di territorio occupato), ma evidentemente il rifiuto di gran parte del mondo arabo e islamico a perseguirla, ha avuto la sua clamorosa conferma nell’assassinio di Sadat.
L’uccisione del Presidente egiziano (a succedergli veniva chiamato il suo vice, Hosni Mubarak) costituisce ora anche la risposta alla decisione di Sadat di appena un mese prima di colpire duramente le organizzazioni dell’estremismo fanatico islamico di casa sua ordinando 1600 arresti.
La fine dell’anno non porta buone nuove al mondo. In Polonia colpo di Stato del generale Jaruzelski che, dopo un periodo di proteste, scioperi e disordini, cerca di dare un giro di vite alla stretta dittatoriale che lega la Polonia all’URSS, prendendo di mira Solidarnosc che quel legame mira a spezzare.
E’ probabile che il generale abbia agito in quel modo (d’altronde il suo pugno di ferro non sembra avere gli effetti desiderati) per evitare maggiori guai al paese, leggi intervento sovietico come quello che aveva messo fine in Cecoslovacchia alla “primavera di Praga”-
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