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Libero Rassegna Stampa
09.01.2009 L'incredibile attacco di Libero al Foglio e a Giorgio Israel
in un articolo di Luigi Santambrogio

Testata: Libero
Data: 09 gennaio 2009
Pagina: 1
Autore: Luigi Santambrogio
Titolo: «Se pure il devoto Ferrara dà lezioni a Papa Ratzinger»

Da LIBERO del 9 gennaio 2009, un'incredibile attacco al FOGLIO e a Giorgio Israel (collaboratore del giornale diretto da Vittorio Feltri) del quale l'integralista cattolico Luigi Santambrogio, che si vede evidentemente come un delitto di lesa maestà qualsiasi critica alla Chiesa cattolica, giunge a sottolineare con un'inquietante allusività il cognome, che dovrebbe screditarlo.

Ecco il testo:

Non è vero che Gaza è stata ridotta dagli israeliani a un campo di concentramento, come dice ruvidamente il cardinale Renato Raffaele Martino. E neppure il Vaticano può essere confuso con la voce di Hamas, come replica, secondo il suo (...)

(...) sgradevole stile, il governo di Tel Aviv. Giacché gli estremi si toccano ma non si annullano: ne combinano di altre e di peggio. Perciò, come auspica speranzoso Benedetto XVI, la pace ha bisogno d’altri leader (oltre che di nuove e più intelligenti armi che non scambino scuole per basi di terroristi di Allah).

Ma occhio ai profeti un po’ falsi e birichini. Poiché neppure la nobiltà di portare un cognome come Israel o l’essere maliziosamente tentati dal direttore fogliante Giuliano Ferrara che distribuisce medaglie di «giudeocristiani coi fiocchi», possono valere l’impunità di impartire lezioncine di diplomazia prêt-à-porter alla Chiesa e ai suoi pastori. Non basta mettersi dalla parte dove il faut être, nel luogo dei Giusti, per infliggerestravaganti ripassi di democrazia teocon a chi quelle radici ha cresciuto con il proprio sangue. È un tantino azzardato dettare regole di ingaggio contro carnefici, anticristi e indemoniati agli eredi di quei martiri che tra violenze e persecuzioni hanno messo le fondamenta della nostra civiltà. Ridicolo ma affatto divertente: come ai quei tempi, scribi e maestri forse non sanno quel che fanno.

Sfacciati prosopopeisti: con sorniona deferenza chiedono al Papa una posizione politica di «validità generale sui grandi conflitti che animano il mondo». Già fatto, messieurs les directeurs, non ve ne siete accorti? Beh, rileggetevi allora quello che Ratzinger ha detto all’Angelus e ieri ribadito al Corpo diplomatico in Vaticano. Che dite, non vi basta? Mancano i nomi dei colpevoli? Volete che il Papa compia una «scelta di campo» tra Israele e Hamas? Gliela chiese (la scelta di campo) pure Bush senior mentre bombardava Bagdad e si offese molto quando Wojtyla gli rispose di smetterla con i suoi missili. Poi ci fu il replay nel secondo impero texano di George W. junior: Saddam s’era quasi convinto all’esilio, però qualcuno tirò fuori la panzana delle armi di distruzione di massa. E dalla finestra su San Pietro ancora suonò chiaro il ripudio della guerra.

Già, dimenticavamo: pure gli atei devoti lo sono fino a un certo punto: il loro. Ecco, tanto per fare nomi, cosa ha scritto ieri il Foglio: «Il ripudio della guerra santa in ogni sua forma, anche in quella della crociata, paralizza la oggi la Chiesa e consegna la sua beatitudine spirituale a una condizione di impotenza nel rapporto con il mondo così com’è». Ci mancava solo questo: l’accusa al Pontefice di delegittimare la guerra in nome della religione. Eravamo abituati alla calunnia speculare: il cazzotto ferrariano ci frastorna e basisce. Speriamo di aver equivocato il pensiero del pio combattente. Eppure, il tanto osannato Ratzinger che parlò a Ratisbona, che avvertì dei pericoli di un certo dialogo senza condizioni con l’islam, è lo stesso che oggi invoca la tregua a Gaza e supplica il silenzio delle armi. Benedetto XVI parla a nome di tutti: per i colpiti dalle bombe israeliane e i morti sotto i razzi dei criminali di Hamas che perseguono la distruzione di Israele.

Come sanno di muffa queste pretese di èngagement lanciate alla Chiesa: da Barabba in poi (con una eccezionale fioritura nell’anno 1968 dopo Cristo), dilagò tra gli intellos il vezzo di far seguire alla professione di fede la ricercata e sciccosa preposizione “Per”: Cristiani Per il Socialismo, Cristiani Per la Pace, Cattolici Per la Democrazia, Teologi Per la Liberazione. Trent’anni dopo, eccoli ancora tra noi: Cattolici Per Israele, Cristiani Pro America, Teologi Per la Restaurazione, Amici Per la Conservazione, Brigate cattoliche Per la liberazione. Ma s’accontentassero d’essere cristiani e basta, senza “per” e senza “pro”. Già così è impresa da colmare il tempo. Vabbè, ciascuno è libero di appiccicarsi l’etichetta che più gli piace, ma una supplica al cardinal Ferrara e ai suoi tosti “giudeocristiani”: non giocate a risiko anche con il Papa. Di distributori automatici di morale coi fiocchi, stellette e falcette di tolla ne abbiamo già piene le sagrestie.

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