Parafrasando quanto scriveva negli anni Trenta Isaiah Berlin :”Circa i rapporti fra nazisti ed ebrei sono troppo parte in causa, e questo condiziona a priori tutto ciò che penso dei nazisti”, vorrei non essere condizionato a priori nel giudicare il conflitto ormai permanente fra Israele e il mondo arabo.
Il Riformista di venerdì pubblica un articolo di Tariq Ramadan, l’intellettuale arabo più famoso in Europa; un articolo unilaterale in cui non c’è una parola contro gli errori di Hamas, mentre i governanti di Israele, qualunque sia il loro colore “mentono, giustiziano sommariamente gli oppositori, non danno pressoché nessun peso alle morti di civili”, gli abitanti di Gaza sono vittime di “genocidi”, in un crescendo parossistico da cui il direttore Antonio Polito prende decisamente le distanze: “Dissentiamo dall’articolo di Ramadan sulla crisi di Gaza perché il suo è un discorso carico di odio”, e conclude:”…deve sapere che l’odio verso Israele rende impossibile quel tentativo (cioè la costruzione di un Islam europeo, che sappia convivere con i popoli di questo continente nel rispetto reciproco, religioso, politico e civile)”.
Questa mattina ricevo una mail da un amico libanese sciita, Alì Hassoun artista, di un paese, Gazieh, vicino a Sidone, che risiede da molto tempo in Italia. Mi scrive fra l’altro: “Solidarizzo con i civili di Gaza perché ho vissuto con la mia famiglia la loro esperienza per lunghi periodi…Ho dovuto fare grandi sforzi per comprendere il valore della pace e nel mio piccolo sto trasformando l’odio e il rancore in amore e comprensione…Non basta scrivere Shalom in fondo ad una e-mail per dire che vuoi veramente la pace. E’ un percorso interiore che io ho deciso di affrontare con coraggio perché l’unica soluzione a tutti i problemi del medio-oriente è riconoscere Israele ed il suo diritto a vivere in pace in mezzo agli arabi…. Chi continua a aizzare loro (i palestinesi, ndr)contro Israele è soltanto un sadico e opportunista”. In un momento drammatico per le sorti di Israele, dove vivono, subiscono gli attacchi terroristici di Hamas, e combattono, conoscenti, amici e parenti, queste parole lasciano intravedere una uscita dal tunnel della guerra, delle distruzioni, della morte; una speranza di riconciliazione.
La stessa speranza non la vediamo nelle posizioni della sinistra radicale, anchee italiana, che aizza all’odio, alla violenza e che sfrutta i sentimenti dei palestinesi e degli arabi che vivono in Italia verso posizioni che non propongono nessuna soluzione ragionevole.
Nel 1935, ricorda David Meghnagi, Freud così scriveva a Thomas Mann:”In tempi bui che confondono il giudizio le parole sono azioni”. “ Ci sono delle parole malate che hanno bisogno di essere curate come le persone – prosegue Meghnagi -. Possono colpire come pietre. Hanno bisogno di parole che curano e fra questo vi è innanzitutto quello di non dire nulla di cui potersi vergognare”.
Il fanatismo del partito preso sembra in minoranza. Ma parole come “massacri”, “guerra totale”, e da ultimo”genocidio” e gli striscioni in cui Israele diviene uguale al Nazismo, evidenziano l’uso malato di espressioni che banalizzano il male, capovolgono la vittima in carnefice, preparano un’altra forma di antisemitismo dove l’oggetto dell’odio non è più l’ebreo come individuo ma Israele come stato.
La risposta di Israele è “sproporzionata”, si dice. Ma quale è la proporzione? Se Hamas si ostina a non riconoscere allo Stato di Israele il diritto di esistere e sogna l’annientamento dei suoi abitanti forse sarebbe il caso che Israele, imitando questo proposito, procedesse ad una gigantesca pulizia etnica? I conflitti, in medio-oriente, come dovunque, non possono essere proporzionati; ognuno usa le armi che ha: non si combatte per far rispettare le regole del gioco quanto per stabilirle.
Anziché parlare dei problemi che travagliano il pianeta, l’Occidente, con l’esclusione degli Stati Uniti, parlando di Israele, parla di sé: demonizzando Israele l’antisemitismo ritrova una falsa innocenza perduta con la Shoah. Scriveva venticinque anni fa Pascal Bruckner ne Il singhiozzo dell’uomo bianco: “…Il conflitto arabo-israeliano è insieme esemplare e unico: unico in quanto combina in maniera inedita la problematica Nord-Sud; esemplare in quanto l’odio dell’Occidente passa oggi attraverso l’odio degli ebrei, che ene divengono la comunità emblematica dopo esserne stati per due millenni il capro espiatorio. Si sa che tanto in Francia, quanto nella Germania federale (e noi possiamo aggiungere in Italia ndr), più ci si sposta a sinistra nel ventaglio politico, più virulente si fanno le critiche nei confronti di Israele: il fatto è che la sinistra ha trasferito contro lo Stato ebraico il suo anti-occidentalismo di principio”. In definitiva attraverso il suo antisemitismo, camuffato da antisionismo, può contrabbandare una sorta di variante della lotta contro il razzismo, come avvenne a Durban.
Nell’ostilità contro Israele si cela l’incapacità dell’Occidente di risolvere positivamente i suoi rapporti con l’Islam e la civiltà araba..
Ma al contrario l’Occidente deve comprendere che nella sicurezza e nella esistenza di Israele è la condizione per cui l’Europa uscita dalla seconda guerra mondiale eviti una deriva mortale di civiltà.
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