Su REPUBBLICA di oggi, 05/01/2009, due editoriali, il primo di Lucio Caracciolo e il secondo di Guido Rampoldi. Le cronache di Fabio Scuto, Vincenzo Nigro, Alberto Mattone, Francesca Caferri e Natalia Aspesi che recensisce il film " Valzer con Bashir", sul quale torneremo domani. Pubblichiamo due articoli. Il primo di Francesca Caferri che riferisce la posizione di Shimon Peres. Il secondo, di Elena Dusi, riferisce le reazioni dei bambini di Gaza sotto i bombardamenti, senza paragonare la stessa situazione che vivono i bambini israeliani sotto i razzi Qassam. Ci voleva poco a pensarci, ma sarebbe stato troppo per la giornalista di REPUBBLICA.
Francesca Caferri - " Peres : niente tregua, è una lezione per Hamas "
GERUSALEMME - Accanto all´offensiva di terra, quella mediatica e politica. Il copione messo a punto da Israele sin dall´inizio delle operazioni su Gaza è andato in scena anche ieri. Il ruolo del protagonista è toccato questa volta al presidente Shimon Peres, premio Nobel per la pace. Alle telecamere della televisione Usa Abc, ha respinto ogni possibilità di un cessate il fuoco immediato: «Non possiamo accettare l´idea che Hamas continui a sparare mentre noi dichiariamo il cessate-il-fuoco», ha detto, spiegando poi che Israele non ha intenzione «di occupare Gaza, ma di annientare il terrore. Hamas ha bisogno di una lezione seria e noi gliela stiamo dando».
Ma quanto ancora potrà resistere Hamas e dove punta ad arrivare il governo? Alla prima delle due domande ha risposto ieri il capo dello Shin Bet, il servizio segreto interno. «Ci sono primi segni - ha detto Yuval Diskin - che Hamas ha reso ora più elastiche le proprie posizioni circa una eventuale tregua». Il secondo interrogativo resta invece oscuro per tutti: ufficialmente gli israeliani vogliono solo fermare il lancio di razzi, ma, ci spiega Eitan Azani, vice direttore dell´Istituto internazionale di contro-terrorismo israeliano, «lo scopo finale è un cambio duraturo nella situazione di sicurezza. Che vuol poter dire anche indebolire Hamas». Il potere a quel punto tornerebbe a Abu Mazen e alla sua Fatah.
Nel paese le voci in favore della fine dell´attacco si moltiplicano: «Non possiamo permettere che un´offensiva di terra prolungata complichi le possibilità per rapida fine delle operazioni», scriveva ieri il quotidiano progressista Haaretz. Ma Tzipi Livni, il ministro degli Esteri, non intende ascoltare: le accuse di uso eccessivo della forza rivolte a Israele sono «incomprensibili» ha detto alla Cnn. Se dagli Stati Uniti Obama continua a tacere, il vice-presidente uscente Dick Cheney prende le distanze dalle scelte israeliane: «Non ci hanno chiesto l´autorizzazione prima di agire». Sul fronte opposto l´Iran ha chiesto ai paesi arabi di tagliare i rifornimenti di petrolio ai paesi che appoggiano Israele. Il dibattito interno si fa sempre più serrato, gli analisti stimano in una settimana il tempo che il governo potrà resistere alla pressione internazionale prima di essere costretto al cessate-il-fuoco. Se anche così fosse i tempi sarebbero troppo ristretti in vista delle elezioni del 10 febbraio: ieri il ministro delle Pensioni Rafi Eitan ha chiesto un rinvio del voto.
Elena Dusi - " I nostri bambini, pazzi di paura. Poi nella Striscia taccionoi telefoni "
Da Gaza il telefono porta voci roche con sottofondo di sirene, esplosioni, ordini concitati di adulti e pianti di bambini. «Siamo stati bombardati da cielo, mare e terra. Ora anche i soldati arrivano a circondarci». Iyad al-Sarraj dirigeva il Gaza Community Mental Health Programme, l´ospedale psichiatrico della Striscia che è stato distrutto due giorni fa: «Mi telefonano per chiedermi aiuto. Ma io sono il primo ad avere paura». Poi si interrompe per ordinare a moglie e figli di nascondersi. Il telefono di Abdallah Ali, traduttore, trasmette l´eco di donne impaurite. «Le esplosioni sono orribili» racconta lui.
«Pochi minuti fa una bomba è caduta qui vicino, mandando in frantumi i vetri. Carri armati, aerei, soldati, cosa volete che ne sappia. Da giorni ormai si sentono esplosioni di tutti i tipi. Siamo senza acqua né luce. I bambini non fanno che piangere». I più piccoli, racconta padre Manwel Musallam, parroco di Gaza dal ?95, «stanno impazzendo di paura». Chiusi in casa da oltre una settimana, aspettano sempre il prossimo colpo. «Sono inconsolabili» racconta il sacerdote, mentre per due volte la linea trasmette il tonfo delle bombe degli F16. «A ogni boato scoppiano in un pianto disperato e non smettono più. Non importa quanto i genitori li stringano forte. Già due bambini sono morti di paura. Uno di 12 anni aveva appena visto bombardare una casa. L´altra aveva 16 anni e ha sentito gli aerei che sganciavano i missili sopra la sua testa». Ad al-Sarraj arrivano molte telefonate di genitori: «I ragazzi riprendono a fare la pipì a letto. Queste azioni di guerra poi distruggono la figura del padre, che dovrebbe proteggere e accudire e invece è impotente. Si può essere certi che da grandi questi bambini cercheranno un´altra figura di riferimento dall´apparenza forte. Hamas, o un qualunque movimento estremista».
I bombardamenti dal cielo e dai tank rendono impossibile il lavoro degli operatori umanitari: «Molta gente avrebbe bisogno di noi. Ma spostarsi è pericoloso. Siamo qui fermi, incapaci di raggiungere i feriti, a due passi all´ospedale al-Shifa» racconta Cécile Barbou, coordinatrice di Medici senza frontiere. Le telefonate provenienti da Israele che avvertivano gli abitanti di Gaza dei raid hanno spinto alcuni a diffidare di qualunque chiamata. «Non ho nulla da dire, lasciatemi in pace» si infuria Wail al-Ashy, collaboratore dell´United Nations Development Programme, prima di riattaccare. E in serata la compagnia telefonica PalTel annuncia: "Il 90% della rete dei cellulari è fuori uso, così come la maggior parte delle linee terrestri".
Per inviare a Repubblica la propria opinione, cliccare sull'e-mail sottostante.