Ci risiamo.
Quando nacque lo Stato di Israele gli ebrei, pochi e male armati, furono
chiamati a difendersi da attacchi sferrati su tutti i fronti da eserciti
potenti. Solo la volontà di sopravvivere diede
all'esercito di Israele la forza di vincere, al prezzo di infinite
sofferenze. Anche in quel non lontano 1948 le
voci che riconoscevano i buoni diritti degli ebrei a difendersi (perfino
l'Unità, in prima pagina, titolava giustamente con gli inviti rivolti dagli
ebrei agli arabi a non scappare) vennero, poco per volta, soverchiate da chi
credeva di dover prendere le parti degli attaccanti poi sconfitti,
meritevoli di aiuto e giustificazioni perché sconfitti, e non di accuse per
la guerra voluta e imposta agli ebrei che non volevano finire in mare.
Fu così nel 1967 quando la vita del giovane Stato di Israele stava per
essere strangolata dalle forze unite di egiziani, siriani e giordani,
validamente sostenute dalla superpotenza URSS e da altri paesi arabi. Anche
in quei giorni l'idea che Israele non potesse evitare di reagire per
liberarsi dalla morsa assassina venne trasformata in veementi accuse a chi
aveva avuto il torto di sconfiggere, e in che modo, la terribile potenza
militare che voleva BUTTARE A MARE TUTTI GLI EBREI. Anche allora il mondo
venne riempito di manifestazioni piene di odio contro la strapotenza di
Israele (non certo contro gli ebrei! Non sarebbe politicamente corretto!).
Fu allora che iniziarono ad organizzarsi nel mondo i primi cortei contro
Israele che, logicamente, nel 48, non avevano potuto neppure essere pensati.
Era ancora troppo presto per uscire allo scoperto.
Non dissimile fu quanto avvenne con la guerra del Kippur, e siamo arrivati
al 1973. Israele fu colta impreparata dall'invasione di migliaia di carri
armati delle potenze arabe. Anche allora, le prime parole di comprensione per
gli israeliani si modificarono, rapidamente, in severe accuse contro gli
ebrei che ebbero l'ardire di distruggere quelle armate sparpagliate nei
deserti del sud del paese. Anche allora ci furono morti, da una parte e
dall'altra, e anche allora Israele venne accusata di ogni malefatta. Si
diceva che Israele non poteva fare a meno di umiliare i poveri arabi!
Tutti ricordiamo ancora quanto avvenne nel vicino 2006, allorquando le
forze di Hezbollah e di Hamas, armate dall'Iran con migliaia di
razzi, attaccarono simultaneamente Israele da nord e da sud. Israele cercò
di difendere i propri soldati fatti prigionieri in una fase di "non guerra".
I soldati presi da Hezbollah vennero restituiti dopo lungo tempo chiusi
dentro delle bare, in cambio della liberazione di tanti "miliziani" e,
soprattutto, di tanti lutti da entrambe le parti. Gilad Shalit, invece,
fatto prigioniero da Hamas mentre si trovava su suolo israeliano, non in
azione di guerra, è ancora chissà dove, e chissà in quali condizioni.
Neppure la CRI ha mai potuto vederlo. Vergognoso, va detto, è il
parallelismo fatto da Adriano Sofri su Repubblica fra le condizioni di Gilad
prigioniero a Gaza e i prigionieri nelle carceri israeliane, loro sottoposti
a regolari processi, e visitati dagli organismi internazionali. Ma anche nel
2006 Israele è stato accusato di eccesso di difesa per aver cercato di
salvare i propri uomini, cittadini dell'unico stato di diritto del M.O.
Nessuno ha mai detto come Israele avrebbe potuto difenderli in altro modo!
Certo ora, a distanza di quasi tre anni, si concede la cittadinanza onoraria
al povero Gilad, ma nessuno parte dall'Europa per andare a dire in faccia ai
suoi carcerieri che questo modo di fare è inaccettabile in un paese civile. E'
più politicamente corretto continuare a finanziarli, quei carcerieri
assassini di ebrei e di palestinesi non allineati alle loro posizioni, in
una spirale che porta solo a nuovi lutti. Il che è esattamente quel che quei
criminali carcerieri desiderano.
E così è, di nuovo, oggi, in questa ennesima guerra preparata e voluta da
capi terroristi (volutamente non uso la parola uomini, che non si addice
certo a chi è pronto, ad esempio, a sacrificare perfino la vita di un
proprio figlio per odio verso il nemico da annientare con un OLOCAUSTO, come
dice la loro televisione). Certo, in un primo momento anche chi è
tradizionalmente, visceralmente nemico di Israele, sempre pronto a difendere
le buone ragioni dei signori musulmani (siano gli ayatollah iraniani o le
loro pedine palestinesi), ha, per lo meno, taciuto, non potendo andare
contro l'evidenza dei fatti. Ma tale silenzio era solo una questione
tattica. Bastavano i primi morti civili per riorganizzare la eterna accusa
agli ebrei colpevoli di tutti gli eccessi. Neppure li sfiora il sospetto che
inaccettabile sia il comportamento di chi continua, da sempre, una campagna
di odio contro coloro che si salvarono da Hitler, già loro alleato e da
sempre loro guida spirituale, campagna portata avanti con le stesse parole e
le stesse finalità dei nazisti. No, anche questi moderni nazisti sono da
difendere in tutte le piazze perché sono sconfitti da quei soldati ebrei
che, oggi come nelle guerre precedenti, sanno di non poter perdere neppure
una guerra perché questa sarebbe, per loro, l'ultima prima
dell'annientamento.
Si mediti, però, noi tutti insieme: se mai l'esercito di Israele dovesse
perdere una guerra, la sua ultima guerra, poi la battaglia continuerebbe in
Europa, e anche a Roma, meta della prossima promessa conquista islamica. Lo dicono e lo ripetono continuamente questi sanguinari, "POVERI CAPi MILIZIANI". E questo dovrebbe far riflettere chi continua, da 60 anni, a
difendere la parte sbagliata, e ad accusare chi è anche il nostro baluardo.
IC consiglia la visione di questo link sulla storia del terrorismo. Da non perdere: http://www.terrorismawareness.org/what-really-happened/