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Il Foglio Rassegna Stampa
03.01.2009 Chi sono i leader di Hamas
l'analisi di Giulio Meotti

Testata: Il Foglio
Data: 03 gennaio 2009
Pagina: 1
Autore: Gliulio Meotti- Redazione
Titolo: «I mirabili curriculum dei leader di Hamas»

Dal FOGLIO di oggi, 03/01/2009, due servizi in prima pagina che esaminano la possibilità di un attacco da terra, e la situazione elettorale in Israele. Seguono a pag. XII l'analisi sui capi Hamas di Giulio Meotti e un commento molto utile sull'uso terroristico delle moschee a Gaza. Eccoli, nell'ordine:

" Perchè Israele prende poco tempo prima di avanzare da terra "

Gerusalemme. Al settimo giorno di attacchi contro Hamas, l’esercito di Israele chiede ai cittadini stranieri rimasti a Gaza di lasciare la Striscia. E’ l’ennesimo messaggio alle milizie islamiche: l’offensiva non terminerà prima che loro rinuncino alla lotta, a costo di affrontare i terroristi nel fango di Gaza con l’operazione di terra che Israele prevede e prepara da sei mesi. Anche ieri, Hamas ha lanciato decine di ordigni sulle città del Negev: decine di missili Grad e razzi Qassam hanno colpito fino alla città di Ashkelon, ferendo cinque persone. Dopo i primi giorni di guerra dal cielo il raid di terra sembrava imminente. Tre fatti hanno convinto il governo di Gerusalemme a prendere tempo. Il presidente francese, Nicolas Sarkozy, sarà in medio oriente all’inizio della prossima settimana per ascoltare i leader della regione; il mondo arabo (in particolare l’Egitto) non ha mostrato grande interesse per la causa di Hamas; i risultati ottenuti dall’aviazione vanno oltre le aspettative degli strateghi israeliani. Giovedì è stato ucciso il leader spirituale di Hamas, Nizar Rayan, uno dei cinque uomini più ricercati dall’Idf (Israel defence force). Secondo il quotidiano Haaretz, Rayan sapeva che la sua abitazione stava per essere colpita dai caccia ma ha deciso di non fuggire. Il capo dell’esercito, Gabi Ashkenazi, vorrebbe finire il lavoro senza occupare la Striscia. C’è un problema: Hamas non intende arrendersi e prepara Gaza alla battaglia finale. I miliziani hanno preso l’ultimo bastione dell’Anp, gli uomini di Fatah, il partito del presidente palestinese, Abu Mazen, e costoro hanno trovato rifugio in Egitto. Una cellula fornirebbe informazioni preziose all’intelligence israeliana. Per questo, dicono numerosi analisti di Gerusalemme, l’attacco di terra non può essere rimandato a lungo. Sarkozy sarà in visita a Gerusalemme e al Cairo fra lunedì e martedì. Nelle stesse ore, la crisi di Gaza sarà discussa al palazzo dell’Onu e anche Abu Mazen parteciperà al dibattito. L’ok ai tank dell’Idf potrebbe arrivare dopo i tentativi dei mediatori: a febbraio Israele elegge il nuovo Parlamento, nessun leader del governo vuole arrivare alle urne con una guerrà a metà.

" Fronte elettorale "

Gerusalemme. “Non c’è spazio per una tregua, tantomeno su basi umanitarie”. Tzipi Livni, inviata a rassicurare i capi di stato esteri sullo stato della crisi di Gaza, non ha rassicurato il presidente francese, Nicolas Sarkozy, che invece punta a un’exit strategy dalla Striscia e a un cessate il fuoco tra Gerusalemme e Hamas. La nuova guerra del primo ministro israeliano, Ehud Olmert, non rassicura nemmeno Livni che, oltre a essere il ministro degli Esteri in carica, è anche il candidato premier di Kadima alle elezioni politiche del 10 febbraio. Un sondaggio pubblicato ieri dal Jerusalem Post dice che il partito centrista oggi al potere uscirebbe sconfitto dal confronto elettorale con la destra. Il Likud conquisterebbe almeno 29 seggi alla Knesset e l’impulso positivo del partito di Bibi Netanyahu lascia prevedere un aumento del distacco con Kadima, per ora fermo a 23 seggi: i due partiti erano appaiati a 27 eletti ciascuno prima dell’inizio dei raid aerei contro Hamas. Gli analisti politici locali concordano: l’opinione pubblica israeliana, in larga parte favorevole all’azione militare contro il movimento islamista che controlla la Striscia, vede con favore un governo guidato dal falco Netanyahu, un leader sicuramente non tenero con i palestinesi. E, la novità è anche questa, riconoscono al leader laburista Ehud Barak, oggi ministro della Difesa nel governo Olmert, le qualità dello stratega militare. L’Operazione Piombo Fuso in corso nella Striscia, non a caso, è opera sua. Se la campagna militare contro Hamas si concludesse con un successo israeliano, Barak potrebbe prendersi i meriti, lasciando a Livni e a Kadima – che è pur sempre il partito nato per avallare il disimpegno militare da Gaza – l’allure dei perdenti (è ancora vivo il ricordo della sconfitta politica in Libano del 2006). Gli ultimi sondaggi danno il partito di Barak, Avoda, in netta ripresa, tanto da insidiare il sempre più probabile secondo posto di Kadima. Se la tendenza continuasse nei prossimi 40 giorni, l’opzione centrista creata da Ariel Sharon tre anni fa – già minata da scandali e inchieste – potrebbe essere costretta all’irrilevanza e gli israeliani tornerebbero a dividersi come un tempo tra laburisti e Likud.

Giulio Meotti - " Da Rayan a Zahar, i mirabili curriculum dei leader di Hamas "

Roma. Le migliori menti della società palestinese sono finite ai vertici del terrorismo islamico. Un’intera intellighenzia votata al martirio. Michele Serra dovrebbe leggere le loro biografie, visto che ieri su Repubblica farneticava di “guerra di ricchi contro poveri”. Nizar Rayan non era soltanto un leader terrorista. Era un finissimo storico, accademico e intellettuale. Autore di oltre dieci libri sui primordi dell’islam. Lunedì dalle macerie a Jabaliya sono stati estratti il suo cadavere, quello di una moglie e di tre figli. Sono rimasti in casa anche dopo che gli israeliani li avevano avvertiti del raid. Rayan aveva inviato un figlio in missione suicida contro una colonia ebraica a nord di Gaza e aveva preso parte a un attentato al porto israeliano di Ashdod, in cui morirono dieci “figli di maiali e scimmie”, come Rayan amava definire gli israeliani. Nel luglio 2007, durante il putsch di Hamas contro Abu Mazen, Nizar trasformò gli uffici dell’Anp in “luoghi di preghiera”. Di Abu Mazen diceva che è “una foglia secca” e che Hamas è impegnata in una “guerra fra l’islam e gli eretici”. Rayan era un gioiello dell’università islamica di Gaza, aveva studiato alla prestigiosa facoltà sudanese di Um Dorman e aveva scritto un saggio sulla vita del Profeta, dal titolo “Medina diventa oscura”, best seller in Arabia Saudita. La sua libreria, distrutta nel raid israeliano, conteneva diecimila libri. Il profilo di questo “leone” svela un mondo sconosciuto, perché fin dalla sua fondazione nel 1987, Hamas ha sempre enfatizzato la leadership collettiva più che i carismi individuali. Caduto un Ahmed Yassin se ne fa un altro. Hamas è guidato da noti accademici, scienziati, studiosi, intellettuali, hanno tutti un curriculum invidiabile. Le loro biografie sono la versione palestinese di al Qaida. Per dirne alcuni: Omar Sheikh, mente dell’esecuzione di Daniel Pearl, ha studiato alla London School of Economics; il pianificatore dell’11 settembre, Khalid Sheikh Mohammed, è passato per gli atenei occidentali; il kamikaze del 7 luglio, Mohammed Siddique Khan, insegnava a Leeds; il medico inglese Bilal Abdullah, che ha partecipato ai falliti attentati a Londra e Glasgow nel giugno 2007, è nato in una delle famiglie più ricche di Baghdad. I “professori di Hamas” sono gli stessi che hanno messo bombe nei bus, nei ristoranti, nelle yeshiva, nelle sinagoghe e nelle sale da matrimonio di tutta Israele. E che poi i massacri di civili innocenti li hanno giustificati attraverso sermoni, proclami e fatwe. Sulla loro coscienza pesa l’assassinio deliberato di oltre 1.500 israeliani. E in questa cifra non rientrano militari e riservisti. Come ha appena scritto il Times di Londra, “la leadership di Hamas è la più qualificata e colta del mondo”. La dirigenza del movimento vanta 500 lauree di alto livello, sono medici e ricercatori universitari, la maggior parte educati in occidente. Il leader di Hamas, Khaled Meshaal, è un professore di fisica ed è stato un accademico di rango in Kuwait. Il premier di Hamas, Islamil Haniyeh, è preside dell’università islamica e il ensuo uomo forte agli Affari religiosi, Mohamed Tartouri, è decano dello Sharia College di Hebron, epicentro del jihad contro gli ebrei. L’ultimo dei fondatori di Hamas ancora in vita, Mahmoud Zahar, è un medico eccellente, un noto specialista in tiroidi, ha fondato la Palestinian Medical Society, sua moglie è insegnante, un figlio ucciso era laureato in finanza, una figlia è professoressa di inglese e altri due sono all’università. A Zahar si deve l’aver contribuito alla rinascita della fratellanza musulmana nella Striscia di Gaza, cementando il legame con lo sceicco disabile Ahmed Yassin. I giornalisti stranieri, ai quali se necessario Zahar non risparmia lezioni sui pericoli del fumo, ama soprattutto riceverli nel suo ambulatorio. E’ un chimico Mohammed Nazzal, mentre un genetista e un noto pediatra era il leader Abdul Aziz Rantisi, alto dirigente della Arab Medical Society ma soprattutto noto per la sua infaticabile campagna volta a “uccidere quanti più ebrei possibile”. Un matematico di talento è Saeed Siyaam, ministro dell’Interno. Omar Razeq ha studiato economia all’università americana dell’Iowa e ha continuato a fare ricerca. Mahmud Abu Hanud, noto come “sette vite” per essere scampato a numerosi tentativi di eliminazione, si era laureato all’Islamic College di Gerusalemme e aveva decine di cadaveri sulla coscienza. Il ministro dell’Educazione, Nasser Eddin al Sha’er, ha studiato a Manchester e New York, per finire preside all’università Najah di Nablus, da dove sono College di Hebron, epicentro del jihad contro gli ebrei. L’ultimo dei fondatori di Hamas ancora in vita, Mahmoud Zahar, è un medico eccellente, un noto specialista in tiroidi, ha fondato la Palestinian Medical Society, sua moglie è insegnante, un figlio ucciso era laureato in finanza, una figlia è professoressa di inglese e altri due sono all’università. A Zahar si deve l’aver contribuito alla rinascita della fratellanza musulmana nella Striscia di Gaza, cementando il legame con lo sceicco disabile Ahmed Yassin. I giornalisti stranieri, ai quali se necessario Zahar non risparmia lezioni sui pericoli del fumo, ama soprattutto riceverli nel suo ambulatorio. E’ un chimico Mohammed Nazzal, mentre un genetista e un noto pediatra era il leader Abdul Aziz Rantisi, alto dirigente della Arab Medical Society ma soprattutto noto per la sua infaticabile campagna volta a “uccidere quanti più ebrei possibile”. Un matematico di talento è Saeed Siyaam, ministro dell’Interno. Omar Razeq ha studiato economia all’università americana dell’Iowa e ha continuato a fare ricerca. Mahmud Abu Hanud, noto come “sette vite” per essere scampato a numerosi tentativi di eliminazione, si era laureato all’Islamic College di Gerusalemme e aveva decine di cadaveri sulla coscienza. Il ministro dell’Educazione, Nasser Eddin al Sha’er, ha studiato a Manchester e New York, per finire preside all’università Najah di Nablus, da dove sono usciti numerosi kamikaze. Il veterano di Hamas Islamil Abu Shanab, coinvolto nell’uccisione di soldati israeliani, ha frequentato la Colorado State University per due anni. Ibrahim Hamed, efferato pianificatore di attentati quali i caffè Moment e Hillel, la via Ben Yehuda e la caffetteria dell’università ebraica, ha una laurea magna cum laude. Baseem Naeem è diventato medico chirurgo in Germania, Atif Adwan deve la sua formazione scientifica alle più brillanti università del Regno Unito, mentre Aziz Dweik il suo inglese perfetto lo ha appreso all’università della Pennsylvania. Mousa Marzook, accusato dai giudizi israeliani di essere coinvolto nell’assassinio di 47 civili israeliani fra il 1990 e il 1994, ha studiato alla Louisiana Tech e alla Columbia University. Gli impressionanti curriculum della cupola di Hamas spiegano anche il fenomeno dei kamikaze palestinesi. Il 47 per cento di loro ha una laurea, il 29 un diploma superiore, il 24 ha frequentato le elementari. Altro che povertà e analfabetismo. E’ un’intera generazione araba imbevuta di un’ideologia assassina e genocida che accomuna uno studente di ingegneria come Dia Tawil, famiglia “borghese” e nessun problema finanziario, a Imad Zbaidi, povero ma geniale insegnante di Corano per bambini. Fin dalle elementari sognavano di uccidere gli israeliani. Le ultime parole di Tawil furono: “Farò a pezzi i loro corpi e le loro ossa conosceranno il gusto della morte”.

" Il propagandista degli scudi umani e delle moschee-arsenale "

Gerusalemme. Nizar Rayan, leader di Hamas e gran teorico e sostenitore della tattica degli scudi umani palestinesi, è stato ucciso a Gaza dal razzo di un F16 che lo cercava. Ha colpito la casa dove viveva con quattro mogli e tredici figli e che non ha lasciato dopo aver ricevuto la telefonata registrata dell’esercito israeliano che lo avvertiva dell’imminente attacco. Voleva morire da martire. Con lui sono state uccise nove persone, tra cui due sue mogli e quattro suoi figli. Lo stratega degli scudi umani non ha cambiato le regole neppure per i membri della propria famiglia. Anzi, casa sua era stata trasformata in un deposito bellico per i miliziani, come altre case civili, scuole, moschee e i locali dell’università di Gaza. Nel 2006, durante l’operazione israeliana nella Striscia all’indomani del rapimento di Gilad Shalit, Rayan chiedeva alla popolazione di assieparsi sui tetti delle abitazioni nel mirino dell’esercito che, come nel suo caso, avvertiva del raid con una chiamata. La tattica perversa, l’utilizzo zo di civili disarmati per prevenire i bombardamenti, attira oggi al defunto le lodi di Hamas, che lo incensa per l’iniziativa sul sito del movimento. Dopo lo sceicco Ahmed Yassin e il successore Abdel Aziz Rantisi, Rayan era il terzo in grado, dicono sia fonti militari israeliane sia voci all’interno di Hamas. Il suo ruolo spirituale e militare sarebbe stato dunque maggiore rispetto a quello di nomi più citati dalla stampa internazionale, come il “primo ministro” Ismail Haniyeh e “il ministro degli Esteri” Mahmoud Zahar. Rayan ha trascorso dodici anni nelle prigioni israeliane. Suo cognato si è fatto saltare in aria in un attentato a un autobus nel 1998. Cinque anni dopo suo fratello fu ucciso dagli israeliani durante una manifestazione. Un altro fu espulso in Libano. Oggi i suoi tre figli - 12, 15 e 16 anni – si uniscono quotidianamente ai giovani che lanciano pietre contro gli israeliani ai check point. Tutti e tre, secondo il padre, voglio-l’utilizno soltanto una cosa: diventare martiri per la Palestina. ‘Prego Dio che li scelga’”, diceva lui. Nel 2001, uno di loro si è fatto saltare in un insediamento della Striscia, uccidendo due persone. Rayan era inoltre dietro l’attacco che nel 2004 fece dieci vittime nel porto di Ashdod. A Ramallah nessuno sembra aver versato molte lacrime per “il Professore”, l’esperto di “hadith”, i detti del Profeta Maometto, e di diritto musulmano all’Università islamica di Gaza. Era l’imam della moschea Khulafa, distrutta dai bombardamenti perché trasformata in un deposito d’armi, dicono fonti militari israeliane. Aveva studiato in Arabia Saudita, Giordania e Sudan e in cantina teneva, assieme a un arsenale, una biblioteca di cinquemila volumi sull’islam. Era però anche ufficiale di collegamento tra l’ala armata di Hamas e i vertici politici, una delle menti dietro al coup militare del giugno 2007. Il movimento islamista strappò la sovranità della Striscia a Fatah dopo giorni di scontri scontri armati, conquistando metro per metro l’intero territorio. Il 14 giugno i miliziani presero il compound presidenziale che fu di Yasser Arafat e in seguito di Abu Mazen. I giornali di mezzo mondo riportarono le parole di un alto esponente di Hamas, prima che gli uomini delle Brigate Ezzedine al Qassam entrassero negli uffici del potere: “Se Dio vuole, pronuncerò il sermone del venerdì alla Muntada (il compound presidenziale) e trasformeremo al Saraya (quartier generale delle forze di sicurezza di Fatah) in una grande moschea”. Quell’alto esponente era Rayan che pochi giorni dopo tornò sulla sua dichiarazione: “Ora pregheremo alla Muqata”, sede degli uffici presidenziali a Ramallah. “Il professore” allargava così la sfida alla Cisgiordania, sotto il controllo del rais Abu Mazen. “Non ci sarà dialogo con Fatah – aveva detto – solo spada e fucile”. Oggi, il movimento sotto le bombe accusa l’Anp di aver chiesto a Israele l’assassinio mirato di Nizar Rayan.

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