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Informazione Corretta Rassegna Stampa
02.01.2009 Gli obiettivi di Israele
L'opinione di Danielle Sussmann

Testata: Informazione Corretta
Data: 02 gennaio 2009
Pagina: 1
Autore: Danielle Sussmann
Titolo: «Gli obiettivi di Israele»

C’è giusta preoccupazione per l’exit dalla guerra. Non basta infatti raggiungere degli obiettivi se poi si sprofonda nel pantano di un conflitto senza via di uscita. Le pesanti perdite subite nella guerra contro Hitzballah del 2006 aleggiano inevitabilmente sull’operazione “Cast deal”, anche se con Hitzballah è stato raggiunto l’obiettivo primario: a meno di non far scatenare un conflitto contro il Libano, quindi una guerra convenzionale su tutto il territorio libanese, Hitzballah è stato messo in grado di non attaccare più sistematicamente il nord di Israele. L’unica somiglianza con il conflitto del 2006, è il tipo di guerra asimmetrica cui Hamas obbliga sull’esempio di Hitzballah. Civili usati come scudi umani, depositi di armi e lanci di razzi dentro o tra scuole, ospedali e moschee.

 

 

Ma vi sono delle notevoli differenze con il conflitto del 2006. Innanzitutto, il ritiro unilaterale dalla Striscia di Gaza voluto da Sharon, non solo ha evitato lo stillicidio pluridecennale delle vite israeliane residenti e dei soldati a difesa, ma ha svuotato la Striscia dell’unico elemento di paralisi per una seria ed incisiva azione: la presenza degli israeliani. Da quattro anni continuavano i lanci dei Qassam, iniziati nel 2001, allora meno incisivi, ma chiaramente in via di miglioramento. In secondo luogo, è stato firmato - prima del ritiro – un accordo che riportava il controllo della Striscia agli egiziani (fatto che consente oggi a Mubarak di replicare che in virtù di tale accordo non può aprire il valico di Rafah ai gazani, benché non abbia applicato alcun controllo sul contrabbando di armi e denaro dai tunnel) unitamente ad israeliani ed americani. Lo stesso accordo è stato firmato con la Giordania che si riprendeva – almeno sulla carta - il controllo sul West Bank unitamente agli israeliani e agli americani.

 

 

Dal 2005, epoca del ritiro israeliano dalla Striscia di Gaza e percepita  come una vittoria da Hamas – così come il ritiro unilaterale dal sud del Libano nel 2000 fu interpretato come una vittoria da Hitzballah – l’Iran si affermava con il nuovo presidente eletto, Mahmoud Ahmadinejad, come minaccia non solo per Israele ma per l’intera area mediorientale ed internazionale. Ad ottobre, Ahmadinejad scandalizzò il mondo affermando che intendeva cancellare dalla mappa Israele. Rivendicava inoltre il diritto al nucleare dell’Iran, sempre più accertato – spesso anche dichiarato – volto di fatto alla creazione di un arsenale offensivo atomico.

 

 

E’ importante rendersi conto che ogni informazione che ci raggiunge è sempre successiva e tardiva rispetto alla sua acquisizione da parte dei governi.

 

 

Al di là dell’effettivo ed annoso pericolo per gli israeliani nella Striscia di Gaza, minoranza tra più di un milione di palestinesi governati dall’estremismo e dal terrorismo con una frontiera aperta e difficilmente controllabile sul Sinai, la minaccia iraniana era già ben conosciuta dal governo israeliano. D’altronde, il “moderato” Khatami è ritenuto il padre della bomba atomica iraniana. Scontata, inoltre, l’elezione a giugno di Ahmadinejad a presidente. Scontata la vittoria elettorale di Hamas nel 2006. Elezioni sponsorizzate da Carter et similia, filoiraniani, filopalestinesi, filoarabi, ad oltranza. Tout court, antisraeliani. Contraddizione nella sostanza, visto che nello statuto di Hamas anche gli orientalisti – il movimento ideologico liberal di Carter e di molta sinistra occidentale - sono considerati anch’essi nemici. Da sfruttare per i propri interessi. E così è stato. Hamas ha sfruttato l’arma democratica per insediare un governo che nulla ha di democratico.

 

 

Israele. Da Netanyahu ai suoi sostenitori, ci si lamenta che l’operazione “Cast deal” sia avvenuta solo oggi (dopo 10.040 razzi lanciati contro il sud di Israele) e non dopo il lancio dei primi 6000 razzi. Ricordiamoci che Netanyahu non solo “provocò” la morte di 15 poliziotti nella spianata del Kotel (Il Muro del pianto) , oltre ad accuse internazionali causate dalla migliore propaganda palestinese, per non aver informato prima che nulla aveva a che vedere con la spianata delle moschee l’apertura della porta parallela di uscita di soccorso dalla Galleria del Tempio, ma riuscì anche a farsi umiliare (ed umiliare Israele) dall’esuberante filoarabo Chirac, presidente allora della Francia, al suo primo mandato, in visita ufficiale a Gerusalemme. Nella serata, un brindisi di scuse da parte di Netanyahu  al King David “sistemava” la questione. L’indomani, Chirac si recava in Libano e per festeggiarlo, Hitzballah uccise due soldati israeliani nel sud del Libano. Ancora oggi, Netanyahu sembra non aver imparato alcuna lezione politica da quei tragici ed umilianti errori. E’ rimasto ancora al livello pulsioni. Ma chiunque può cedere alle pulsioni, non un responsabile di governo, tanto meno in Israele.

 

 

Questi tre anni sono serviti ad Israele per far conoscere al mondo la minaccia internazionale rappresentata dall’Iran. Sono serviti ad Israele per sfruttare, a causa di questa minaccia, un sostegno dai paesi arabi. Ad esempio, l’Egitto – il più popoloso ed importante paese dello scacchiere arabo, anche per la sua influenza centrale sulla Sunna – non poteva tollerare un confine teocratico islamico con il pericolo di un rafforzamento dei Fratelli Musulmani che, con elezioni davvero democratiche, avrebbero già vinto e vincerebbero in Egitto. L’intera elite araba – come già scritto – è terrorizzata da un simile evento. Se, nella sostanza, i paesi arabi “moderati” e Abu Mazen (che grida vendetta contro Hamas dal golpe che ha defenestrato l’AP da Gaza) spingono a che Israele faccia il lavoro sporco anche per loro, in teoria devono condannare Israele per ogni azione che includa la morte di civili. Ma ben conoscono le strategie di Hamas, perché sono le loro. Con la lingua della propaganda (a tutto eccesso) araba. Altrettanto, si comporta l’Europa filoisraeliana che pur deve fare i conti con la sua immigrazione islamica.

 

 

Israele ha preparato benissimo la sua operazione “Cast deal”. Verrà il giorno in cui Olmert e Bush  verranno premiati. Il grande storico Martin Gilbert ricorda che la storia si aggiorna ogni 30 anni e riconosce (all’apertura degli archivi, talvolta prima, con i fatti) chi è stato debole e chi forte.

 

 

Hamas ha già perso, ma l’affondo deve arrivare da parte dei gazani stessi che l’hanno votato e subìto il dominio sanguinario e repressivo dell’organizzazione islamista. In questa analisi, condivido pienamente Herb Keinon sul Jerusalem Post.

 

 

Cast deal non mira ad uccidere i 15000 militanti del terrorismo di Hamas. Per farlo, dovrebbe penetrare nella Striscia di Gaza e fare il gioco della guerra asimmetrica di Hamas. L’esercito israeliano dovrebbe finire nel pantano di mine, suicidi esplosivi, cecchini, oltreché causare un enorme costo in vite umane palestinesi. NO. Gli ottimi Barak-Eshkenazi (ed un corpo d’élite ed esercito riaddestrati convenientemente dalla guerra in Libano) hanno compiuto 4 goals strategicamente importanti con l’Israeli Air Force (IAF).

 

 

1) l’attacco a sorpresa di Shabbat (Hamas si aspettava l’attacco di sera alla fine di Shabbat) ha colpito volutamente le caserme di polizia. La polizia di Hamas che direttamente mantiene il controllo, l’ordine, opprimendo la popolazione. 150 uccisi in un solo bombardamento. Alcuni feriti hanno solo detto “AllahAkhbar”. La dice tutta sulla loro affiliazione. L’ordine è importante – dice Keinon – quando vuoi dominare. Pertanto, la polizia di Gaza è stata messa out. 2) Il secondo giorno, l’aviazione israeliana ha colpito i tunnel – 40 in 4 minuti – e bloccato così la maggior parte dei  rifornimenti di soldi e di armi, di alimenti e medicinali; 3) il terzo giorno, l’IAF ha colpito l’università islamica e le abitazioni dei leaders di Hamas, quali simboli del potere; 4) il quarto giorno, l’aviazione israeliana ha distrutto gli uffici governativi di Hamas.

 

 

L’obiettivo di Israele era di intrappolare il governo, il potere, il controllo, le regole. La convinzione israeliana è che la forza che eventualmente cancellerà dal potere Hamas non saranno il presidente dell’AP Mahmoud Abbas e Fatah, ma la pura anarchia. Hamas andava indebolito nel suo potere per consentire ai gazani di uscire dall’incubo. In aggiunta, tre capi di Hamas sono stati uccisi, ma l’uccisione del quarto (Rayan), il più importante e considerato il successore di Ahmed Yassin – l’ideologo fondatore di Hamas ucciso in un attacco mirato israeliano nel 2004 – ha centrato il cuore e la mente dell’Idra. Rayan era responsabile dell’attacco suicida di un figlio (a questo servono i figli!) in Israele, e di un’altra operazione suicida in Israele costata dieci vittime e circa un centinaio di feriti. Era fra i leaders sulla lista nera dello stato ebraico.

 

 

L’Egitto aiuta bloccando il valico di Rafah con diecimila soldati. Oltre al timore di infiltrazioni di capi e militanti di Hamas, vuole finirla con Hamas. Inoltre, la caduta di Hamas si rifletterà negativamente sui Fratelli Musulmani e su Hitzballah. E alle deliranti provocazioni di Hitzballah e dei governi islamici estremisti, replica che non può aprire il valico a causa del trattato firmato nel 2005 con Israele e Stati Uniti!!!

 

 

La Giordania tace – salvo quando deve lamentare la perdita di vite civili - ma dà pieno appoggio all’azione israeliana. Tanto che è stata organizzata una sommossa di studenti iraniani contro la sua ambasciata a Teheran.

 

 

L’Arabia saudita fa altrettanto, riportando il tradizionale radicalismo sci’ita iraniano e dei suoi seguaci contro la Sunna. Alle iniziali proteste violente in Indonesia e nelle parole del premier turco, è subentrato il silenzio e una fattiva cooperazione turca con Israele.

 

 

USA, Gran Bretagna, Germania, Repubblica Ceca, si sono ufficialmente ed apertamente dichiarate per Israele. La mossa tradizionale dei paesi arabi ed islamici dichiaratamente antisraeliani rappresentati dalla Libia non ha avuto alcun effetto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Prima volta! Non solo gli Usa ad opporre il veto all’unilaterismo estremista.

 

 

Nel contempo, non esiste alcuna crisi umanitaria nella Striscia di Gaza, dato che per alcune ore al giorno il valico di Keren Shalom è aperto agli aiuti. Israele ha affermato che per due settimane le derrate alimentari sono sufficienti, ed ogni giorno passano dai 90 ai 93 camion di aiuti. L’URNWA – sempre più compromessa nella grande menzogna palestinese – lamenta che il valico di Eretz sia chiuso e che urgono gli aiuti umanitari. E’ stato spiegato dal comando di frontiera che Eretz è il valico più a rischio e che se davvero c’è l’urgenza che lamentano, provvedessero a fornirsi di camion per portare gli aiuti dal valico di Keren Shalom a Eretz. Che poi Hamas blocchi gli aiuti umanitari, questo è pacifico.

 

 

Gli ospedali israeliani accolgono i feriti che riescono a fuoriuscire da Gaza. E qui si sviluppa una  questione non indifferente per future repliche ad accuse infondate contro Israele. Per le spese mediche, Abbas ha rifiutato che sia l’AP a sostenerle perché “i feriti sono stati causati da Hamas”. Una contraddizione sostanziale alla sua propaganda a favore dei palestinesi di Gaza. L’organizzazione umanitaria israeliana che li ha salvati, ha rimandato la questione, privilegiando innanzitutto il carattere urgente per la salvezza dei feriti.

 

 

L’esercito israeliano è dispiegato alla frontiera della Striscia di Gaza, ma penso che Frattini abbia ragione. Non interverrà nella Striscia. E’ un deterrente per le infiltrazioni nemiche, ma soprattutto è  un fattore psicologico positivo per la popolazione della Striscia. Se entrerà nella Striscia sarà solo per appoggiarne la resistenza gazana contro Hamas. Inoltre, la sua presenza e la minaccia della sua entrata nella Striscia, provoca una vasta esternazione delle intenzioni di Hamas. A cui si aggiungono le dichiarazioni di Nasrallah degli Hitzballah e le provocazioni dell’Iran. Esternazioni e dichiarazioni che mandano in visibilio Israele poiché finalmente vengono recepite dall’occidente.

 

 

L’obiettivo trasversale, ma anche primario nella lotta di Israele per la sua sopravvivenza, è l’Iran. Senza dimenticare che gli “amici” di oggi, possono tornare i nemici di sempre.


http://www.informazionecorretta.it/main.php?sez=90

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