Riprendiamo da FORMICHE.net, la video-intervista di Roberto Arditti a Fiamma Nirenstein dal titolo: "A che punto siamo in Medio Oriente. Intervista a Fiamma Nirenstein".
(Video a cura di Giorgio Pavoncello)
Intervista a tutto campo a Fiamma Nirenstein di Roberto Arditti, a partire dal suo ultimo libro: "La guerra antisemita contro l'Occidente". Le radici dell'antisemitismo e perché l'aggressione contro il popolo ebraico in Israele è un attacco a tutto campo contro la civiltà occidentale. E una sconfitta di Israele segnerebbe anche la nostra fine.
Cronache da Gerusalemme, Sderot, Il Cairo di Francesco Battistini,Davide Frattini, Viviana Mazza
Testata: Corriere della Sera Data: 02 gennaio 2009 Pagina: 8 Autore: Francesco Battistini, Davide Frattini, Viviana Mazza Titolo: «La Livni a Sarkozy:niente tregua-Pizza in prima linea-La caccia agli irriducibili-E' guerra tra estremisti»
Sul CORRIERE della SERA di oggi, 02/01/2009, a pag. 8-9, i servizi di Francesco Battistini sull'incontro Tzipi Livni-Sarkozy a Parigi e su come si vive al confine con Gaza. Davide Frattini, inviato, sui capi di Hamas e Viviana Mazza che intervista Ali Salem, un intelletttuale egiziano, che rivela le contraddizioni della con l'Egitto.
Francesco Battistini - " La Livni a Sarkozy: Niente tregua, ucciso un comandante di Hamas "
GERUSALEMME — Toc, toc. Un Nicolas Sarkozy vitaiolo interrompe i botti del veglione di Capodanno e bussa seccato alla porta del vicino, la famiglia Medio Oriente, da dove arrivano esplosioni davvero infernali: «Un po' di silenzio, per favore!», non rovinatemi la festa di fine mandato. La vignetta del feroce Moshik, su Ma'ariv, è quel che in Israele molti pensano del lavoro diplomatico francese di questi giorni: un buon palcoscenico che consenta all'Eliseo di sentirsi ancora il leader dei 27, nonostante il semestre sia scaduto. Monsieur Le Président accoglie Tzipi Livni a Parigi per sentirsi dire quel che già sapeva — «niente tregua» — e calerà su Gerusalemme lunedì, separato rispetto alla missione della troika Ue, per sperare un improbabile sì al cessate-il-fuoco. Non ci sono condizioni, per ora. Le due parti aprono spiragli che richiudono quasi subito. Martedì, Ehud Barak aveva convocato sette giornalisti per dirsi «favorevole», dando l'impressione che fosse fatta: un pasticcio, lo giudica ora il commentatore Nahum Barnea, «perché il bambino deve nascere, ma non prematuro». Olmert mercoledì e la Livni ieri, dicono lo stesso: «Ogni decisione è presa giorno per giorno», e siccome ogni giorno entrano cento camion d'aiuti ed escono i feriti palestinesi, «non c'è nessuna emergenza umanitaria a Gaza e perciò non c'è bisogno di nessuna tregua umanitaria ». In realtà mancano zucchero, riso, farina, e il mercato nero prospera solo per chi può permetterselo. Ma al ministro degli Esteri preme cercare consensi: «Non è solo un problema d'Israele. Siamo in prima linea, per quel mondo libero di cui fa parte anche la Francia», ovvero il Paese europeo più critico sui sei giorni d'attacco. Dall'altra parte, la tregua è una bestemmia. Appena qualcuno di Hamas si scopre sul cessate il fuoco, c'è chi lo gela. Ismail Haniyeh vuole lo stop immediato ai raid, le frontiere aperte, la fine del blocco economico imposto un anno e mezzo fa: «Dopo di ciò, si può parlare di qualunque cosa». Per il momento, parlano i razzi: l'ultimo dell'anno, solo la previdenza (il sindaco l'aveva evacuata) ha evitato una strage di studenti nella scuola di Beersheba. Grad e Kassam, una quarantina, piovono su Ashkelon. E ad Ashdod è stato perforato un palazzo di otto piani. «Coi vostri tiri — è l'accusa a Hamas del governo egiziano —, avete servito su un piatto d'argento l'occasione di colpirvi»: il piano dei ministri arabi, presentato anche all'Onu, è stato rigettato. I raid aerei sono stati venti, solo ieri. Colpiti edifici palestinesi del ministero dei Trasporti, del-l'Istruzione, il Parlamento, anche moschee e posti di ricovero: «Crimini contro l'umanità», dice Hamas; «scudi umani usati dai terroristi », accusa Israele. Il bersaglio più grosso è stato un palazzo di quattro piani a Jabalya, nel campo profughi, dove sembra ci fossero armi e un tunnel segreto: tre bombe hanno ucciso Nizar Rayan, un duro, l'eroe che nel 2007 fece un golpe con 7 mila uomini e in un solo giorno cacciò dalla Striscia i 40 mila di Abu Mazen. Rayan è stato avvertito al cellulare, un quarto d'ora prima dell'attacco: è rimasto lì, abbracciato alle quattro mogli, a cinque figli e a sei figlie, perlopiù bimbi di cinque, quattro, tre, un anno. «Alle 2.47 ho parlato con mio papà — ci racconta Muhamad, 21 anni, sopravvissuto —. S'era messo l'uniforme. Mi ha detto: "Voglio essere un martire. È il giorno del Ribat", la sfida finale». L'offensiva di terra è imminente, dice un deputato della Knesset. Estesa, rapida. Novemila riservisti pronti. Il tempo si mette al meglio. E il segnale più evidente è il corridoio che Israele ha aperto ieri sera ai 400 stranieri, membri di ong o consorti di palestinesi: «Avete il permesso di lasciare Gaza nelle prossime ore». Prima che sia troppo tardi.
Nizar Rayan, 49 anni, prima vittima «eccellente» di Hamas nei recenti raid israeliani su Gaza
Francesco Battistini - " Pizza in prima linea, regalo dell'esercito ai soldati adolescenti"
SDEROT (Israele) — Che sia una cosa lunga o rapida, meglio prepararsi. Novemila riservisti. Richiamati dalle vacanze dell'Hannukah. S'accampano fra le circonvallazioni di Sderot, Netivot, Ashkelon. Brufoli, pantalone militare a vita bassa, adolescenti inanellate, qualche iPod. Ragazzini soldati. Ragazzini fuori Gaza che non avranno la fame dei loro coetanei dentro Gaza, ma più o meno la stessa paura di morire. Tsahal, l'esercito israeliano, s'è fatto venire un'idea per alleviare le angosce, aspettando l'attacco: la pizza. Dalle cinque di sera alle due di notte, il take-away funziona lungo tutta la prima linea della Striscia. I pizza-express, decine di ristoranti e di shawarmerie della zona, hanno accolto la proposta e provvedono all'invio del cartone fumante. Servizio rapido. Bandita la birra, permesse le bibite gassate. Si stanno mobilitando anche «le mamme di guerra»: le stesse che, durante l'intifada, portavano teglie fatte in casa ai figlioletti di guardia ai check-point. La casa e i razzi — Per dimostrare solidarietà a un israeliano su dieci, ovvero ai settecentomila che stanno sotto il tiro dei Qassam, anche Ehud Barak ha deciso d'affittare nei prossimi giorni una casa vicino alla Striscia. Località segreta, trattandosi del ministro della Difesa. Prima di lui, l'avevano fatto il suo vice e il predecessore, che abitano in un quartiere di Sderot e corrono nei rifugi come gli altri, quando suona la sirena. Naturalmente, c'entrano le elezioni di febbraio e i sondaggi che fanno risalire il partito di Barak. E gli altri? L'associazione albergatori d'Israele, vista anche la piega che rischia di prendere l'industria turistica, offre alloggi scontati «a tutti coloro che vivono nel raggio dei razzi». Migliaia di camere, prezzi minimi. Come s'era fatto due anni e mezzo fa, al Nord, per chi stava troppo vicino al confine col Libano. Sms, giochi & videotape — «Qui Hamas. Pioveranno razzi su tutte le città israeliane. I rifugi non vi proteggeranno dai Qassam». Il bip-bip arriva in queste ore sui cellulari di migliaia d'israeliani e l'sms ha qualcosa d'inquietante: è la nuova tattica psicologica che si sono inventati dalla Striscia. «È solo l'inizio», promette Abu Abir, ex Fatah, portavoce dei Comitati di resistenza: «Ci saranno altre sorprese per Israele, non solo sul piano militare». La pioggia di messaggini è una risposta alle 100mila telefonate fatte dagl'israeliani, per avvertire i civili dell'imminenza d'un raid e dare il tempo di raggiungere un rifugio. Questo non ha evitato un 25% di morti innocenti, «ma ha impedito — spiega l'ex ambasciatore Avi Pazner — che i danni collaterali fossero di più». E se finiscono su YouTube i video dell'aviazione militare, con le immagini dei raid, un anonimo cibernauta s'è inventato «Raid Gaza!», videogame che simula gli attacchi sulla Striscia. L'obbiettivo è centrare basi di razzi, ma anche scuole, stazioni di polizia e moschee. Il messaggio è pro Striscia: «Si vince — si legge nelle istruzioni — quando il rapporto tra ammazzati palestinesi e israeliani è di 25 a 1. Perché nel 2007 è stata questa la differenza fra le vittime delle due parti: e se fosse successo il contrario?».
Davide Frattini - " La caccia agli irriducibili che hanno strappato la Stricia ad Abu Mazen "
GERUSALEMME — Odio anche per i fratelli palestinesi del Fatah. Con le minacce: «Vi cacceremo anche dalla Cisgiordania », Nizar Rayan in un messaggio ad Abu Mazen. Con le armi. Negli scontri di diciotto mesi fa a Gaza, Mohammed Sinwar ha ripulito l'area sotto il suo controllo, il campo rifugiati di Khan Yunis, dai militanti della fazione avversaria. Con l'ideologia. Ahmed Jaabari, il comandante in capo delle forze di Hamas, è entrato giovanissimo in una prigione israeliana da sostenitore dei laici di Yasser Arafat e ne è uscito con la barba folta dei fondamentalisti. I nuovi leader integralisti, cresciuti nelle Brigate Ezzedin Al Qassam e addestrati dallo sceicco Salah Shehadeh, non hanno mai cercato il compromesso nel nome dell'unità nazionale. Rayan è stato ucciso ieri da un missile israeliano, quelli che sono ancora vivi si nascondono come era toccato ai plenipotenziari di Abu Mazen. I capi militari sono in cima alla lista di bersagli che i servizi segreti hanno stilato per i piloti dell'aviazione. Nizar Rayan era considerato la guida spirituale dell'esercito di Hamas, girava spesso in uniforme e partecipava alle esercitazioni. Sette anni fa, aveva spedito il figlio in un attacco suicida contro un insediamento israeliano nella Striscia. Nel primo giorno di raid, le bombe hanno centrato Ismail Jaabari e Tawfiq Rabber, i due generali che hanno costruito la forza esecutiva del movimento, tra squadre di polizia e intelligence. Stavano celebrando le nuove reclute. «Ma gli attacchi hanno colpito soprattutto comandanti di medio livello — commenta il quotidiano Yedioth Ahronoth —. All'inizio dell'offensiva, sono stati eliminati gli "ingegneri dei Qassam", i capi delle cellule di lancio e i miliziani incaricati della produzione di razzi. Per ora il sistema di comando è stato troncato, gli ufficiali non riescono a comunicare con le unità. Chi è sopravvissuto ha nascosto la divisa e gira in abiti civili». I servizi segreti israeliani sono convinti che i soldati di Hamas si siano rifugiati negli ospedali e nelle moschee. «Sono stati trasformati nei quartieri generali — ha spiegato Yuval Diskin, capo dello Shin Bet, durante una riunione del governo —. Stanno cercando di riorganizzarsi e di riutilizzare i tunnel verso l'Egitto per contrabbandare nuove armi». I leader politici e i portavoce parlano dai nascondigli. Ismail Haniyeh, primo ministro deposto da Abu Mazen, fa trasmettere dalla televisione i discorsi registrati. Mahmoud Zahar lancia proclami alla radio. L'obiettivo numero 1 della caccia israeliana resta Ahmed Jaabari, l'uomo che ha organizzato l'esercito fondamentalista, dopo aver studiato le tattiche di Hezbollah e le lezioni della guerra in Libano. In questi anni, lo Shin Bet non è riuscito a penetrare il circolo ristretto che lo protegge. Anche se Jaabari non ha esitato a mostrarsi in pubblico. Nell'estate del 2005, a pochi giorni dal ritiro israeliano, aveva invitato i giornalisti stranieri per un'esibizione di forza, una parata militare nello stadio del campo rifugiati di Jabalya. Mohammed Sinwar, che guida la Brigata Khan Younis, ha parlato invece solo una volta (un'intervista al sito web di Hamas) e non esisterebbero sue fotografie. È entrato nelle Ezzedin Al Qassam a 18 anni (oggi ne ha 33) e gli israeliani lo considerano l'organizzatore del rapimento del caporale Gilad Shalit. I vicini non raccontano niente di lui. «Se qualcuno dicesse che gli piace il calcio — ha detto un amico al giornale Maariv — verrebbe accusato di collaborare con il nemico, perché l'esercito potrebbe colpirlo su un campo». Lo Shin Bet è sicuro che Sinwar odi le partite di pallone.
Il commediografo Ali Salem Dopo un viaggio in Israele, fu espulso dai circoli culturali del Cairo. di Viviana Mazza
«E' guerra tra estremisti e Stati moderati»
«Gli egiziani sono addolorati per questa crisi ma continuano a credere nella pace»
Fino al 1994, Ali Salem era un affermato commediografo egiziano (25 opere, spesso critiche del governo, tra cui Il fantasma di Heliopolis, La Commedia di Edipo, Il Buffet). Dopo gli accordi di Oslo, saltò in auto e guidò fino in Israele. Vi trascorse tre settimane. Scrisse il libro Viaggio in Israele. Accusato di «facilitare la normalizzazione con l'entità sionista», fu espulso dal sindacato degli scrittori. Nessun teatro accetta più le sue opere. Il 72enne Salem risponde al telefono da un bar del Cairo, dove va spesso a scrivere al laptop (come opinionista del quotidiano panarabo Al Hayat). Ci sono state proteste davanti alle ambasciate egiziane in molti Paesi musulmani. Saccheggiata quella in Yemen. Studenti hanno minacciato di occupare quella in Iran. È preoccupato? «Che le nostre ambasciate vengano attaccate è un fatto nuovo, ma è naturale, siamo in guerra. Una guerra tra gli Stati moderati come l'Egitto e i Paesi del Golfo da una parte, e gruppi estremisti dall'altra. Mi rattrista, ma non ne ho paura. Noi siamo stati l'unico Paese che ha lavorato costantemente per i palestinesi, abbiamo perso migliaia di anime per questa causa. Tutti i Paesi arabi lo sanno». Ma sono Iran e Hezbollah a presentarsi come paladini dei palestinesi. «Ahmadinejad dichiara di sperare che Israele sia cancellato dalla faccia della terra, ma lo fa solo per accrescere la propria popolarità. In realtà non gli importa dei palestinesi o del conflitto israelo-palestinese». L'Egitto è accusato di aver dato luce verde ai raid israeliani e di non aver aperto il confine con Gaza. «È folle pensare che l'Egitto abbia autorizzato Israele. Tra l'altro non ne hanno bisogno. Chi ha chiuso il valico è Hamas, non rispettando gli accordi internazionali sui confini». Crede che la vera ragione della rabbia contro l'Egitto sia che molti non hanno digerito la pace del 1979 con Israele? «Certo, sullo sfondo c'è quello, siamo stati i primi a firmare la pace. Ma è ridicolo pensare che abbiamo autorizzato i raid. È una provocazione di Nasrallah (leader di Hezbollah, ndr) contro il governo egiziano. Ci troviamo ad affrontare gruppi rivoluzionari religiosi manipolati dall'Iran: Nasrallah, la Fratellanza Musulmana in Egitto e Hamas. Che si aspettavano che facessimo? Se Hamas non smetteva di lanciare missili, era chiaro che Israele avrebbe attaccato. Non sto difendendo il governo egiziano, ma la verità». Dà la colpa dei raid ad Hamas come ha fatto il suo governo? «In questi casi, non si può parlare di torto o ragione. Hamas pensa di resistere all'occupazione. Israele di difendersi ». Hamas acquisterà popolarità per aver resistito a Israele? «Non credo, anche se loro fingono di essere più forti. Nel mondo arabo non c'è posto per gruppi religiosi rivoluzionari perché gli Stati moderati sono tanti e potenti. Ahmadinejad non è eterno. Lo seguono solo i fanatici. Gli iraniani scopriranno che ha sperperato la ricchezza del Paese per finanziare Hamas e l'Hezbollah e sconfiggeranno questa tendenza estremista. Anche Hamas è condannato ». Come sta vivendo personalmente le proteste di questi giorni? «Nessuno mi ha preso di mira. Forse mi hanno dimenticato o forse oggi non è più tempo di attacchi contro chi difende la pace. Credo che la pace tra arabi e israeliani, cioè la strada che abbiamo intrapreso trent'anni fa, sia l'idea giusta ». Ma la gente in piazza brucia bandiere israeliane. «La maggior parte sono Fratelli Musulmani. Nessuno comunque in Egitto chiede la guerra. Gli egiziani sono addolorati e arrabbiati. Vedono cadaveri per le strade di Gaza e sono impotenti, ma non per questo sono contro la pace. E ora che un ufficiale egiziano è morto al confine, pensano che Hamas l'abbia ucciso. Non c'è simpatia per Hamas». Può Obama influire? Si era detto aperto a parlare con l'Iran. «Obama non ha niente a che fare con questo. E' un nostro problema. E penso che la sua priorità al momento sia la situazione finanziaria ».
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