Sul CORRIERE della SERA di oggi, 29/12/2008, a pag.6, la cronaca di Lorenzo Fuccaro sul viaggio in Israele dei parlamentari italiani guidati da Fiamma Nirenstein.
ROMA — Nella maggioranza An è stata rapida a schierarsi con Israele, tanto che un suo ministro (Andrea Ronchi) si è smarcato rispetto alla posizione ufficiale del governo dicendo che Gerusalemme ha il diritto di difendersi, che non si può mettere sullo stesso piano attacco e legittima difesa. E gli amici di Israele che cosa hanno da dire? Due settimane fa, proprio per esprimere solidarietà alle popolazioni martoriate dai bombardamenti di Hamas, quattordici parlamentari di entrambi gli schieramenti, guidati dalla vicepresidente della Commissione esteri di Montecitorio Fiamma Nirenstein (Pdl) hanno visitato le cittadine al confine con la striscia di Gaza ricavando l'impressione che la situazione fosse al limite della rottura. «Da quando Israele ha abbandonato i territori occupati — dice Nirenstein — quei cittadini vivono in uno stato di emergenza continua, bombardati senza tregua da Hamas». «In media, solo su Sderot ogni giorno, se va bene, cadono almeno due missili. Se va male, una cinquantina. Ci sono già stati 25 morti, e i feriti ammontano a 600», aggiunge Emanuele Fiano (Pd), componente del Copasir, anch'egli tra i deputati in missione nel Medio Oriente.
Insomma, riassume Gianni Vernetti (Pd): «È un errore stupirsi per la reazione di Israele che deve fare fronte, dopo la fine dell'occupazione del Libano, al riarmo di Hezbollah e alla recrudescenza del lancio dei missili da parte di Hamas». Una opinione, questa, condivisa anche dal senatore del Pdl Luigi Compagna.
«Macché rappresaglia — obietta — quella dell'esercito di Gerusalemme è stato un atto dovuto per difendere la propria popolazione e per riaffermare la propria statualità. Sproporzionata direi sia stata la reazione di chi sostiene che Israele abbia agito in modo sproporzionato». Per Compagna dopo l'abbandono della striscia di Gaza da parte delle truppe con la stella di David, «la frammentazione del movimento palestinese è aumentata» e, aggiunge, «l'Europa è stata assente nonostante Ariel Sharon, dalla tribuna dell'Onu, si fosse rivolto anche a lei, mentre da noi, in Italia, c'è stato chi ha chiesto di aprire un negoziato con Hamas, cioè con l'organizzazione terroristica all'origine dell'escalation militare contro Israele».
Anche il politologo Massimo Teodori ritiene che Europa e, sotto certi aspetti, anche l'Italia abbiano «sottovalutato lo stillicidio di attacchi missilistici di Hamas contro obiettivi civili situati in Israele». Non solo, a suo giudizio, «sordità e disattenzione sono molto gravi perché hanno impedito di capire prima o poi si sarebbe arrivati alla rappresaglia».
E ora? «Bisogna comprendere — argomenta Vernetti — che Hamas non è un interlocutore finché continua a predicare e praticare il terrorismo. Occorre sostenere gli sforzi di Abu Mazen e di quella parte del mondo palestinese che cerca il dialogo e accetta gli accordi di Oslo». Con un gruppo del genere, insiste, «non si può certo sedersi a un tavolo di negoziato».
Analoga convinzione si riscontra nelle parole di Nirenstein: «Il mondo dovrebbe schierarsi con Israele e prendere atto che Hamas non rappresenta in alcun modo i palestinesi. Anzi, con le sue azioni Hamas se ne infischia di provocare rappresaglie che possono danneggiare i suoi cittadini. Hamas è una organizzazione terroristica islamista che ha come unico obiettivo la distruzione dello stato di Israele». L'unica soluzione possibile, conclude Fiano, «è politica. Ma c'è un ostacolo: Hamas. Il gruppo dirigente di quel movimento non fa in alcun modo gli interessi dei palestinesi. Anzi: cerca di portarli verso l'integralismo islamista».
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