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La Repubblica Rassegna Stampa
28.12.2008 La propaganda del sito web di Repubblica
direttoda Beppe Smorto

Testata: La Repubblica
Data: 28 dicembre 2008
Pagina: 1
Autore: Marco Pasqua
Titolo: «La strage in diretta sui blog»
Questa è l'informazione uscita il 27/12/2008 sul sito on line di REPUBBLICA, diretto da Beppe Smorto. Ogni commento è superfluo.
Dal cuore di Gaza l'accusa via web
"Hanno colpito anche obiettivi civili"

La strage in diretta sui blog
"In ospedale serve sangue"

di MARCO PASQUA

"Ero nella mia casa, vicino al porto di Gaza, e stavo facendo colazione con pane e marmellata, quando i razzi hanno iniziato a colpire, intorno alle 11. Sei o sette potenti esplosioni, non lontano dal mio palazzo, che ha vibrato. Fumo e polvere ovunque. I razzi sono caduti mentre i bambini tornavano da scuola. Quando sono uscita da casa, una bambina di 5 anni, terrorizzata, si è lanciata tra le mie braccia".

Inizia così il racconto dell'australiana Sharon Lock, che documenta quello che sta accadendo nella striscia di Gaza. "Tales to tell" (Storie da raccontare) è il blog della volontaria del movimento pacifista "Free Gaza", che dallo scorso mese di agosto si trova in questa striscia di territorio, per contestare, tra le altre cose, il blocco imposto dagli israeliani ai pescatori palestinesi nelle acque antistanti Gaza.

"Durante gli attacchi -scrive la Lock- Eva, un'altra volontaria, ha visto un razzo colpire la strada, a 150 metri di distanza da dove una folla si era radunata cercando di estrarre i cadaveri. La strada era coperta di macerie, rendendo difficoltosi i soccorsi".

L'ospedale Al-Shifa è saturo di persone ferite, spaventate, ma è anche un centro di raccolta di "pezzi di quello che una volta erano essere umani". "I razzi hanno colpito molte stazioni di polizia, dove era in corso la formazione delle reclute. Ma tra i morti ci sono anche civili e bambini". Nel post è stata inserita una foto che documenta la distruzione della stazione di polizia Omar Mukthar, e mostra cinque persone intente a trascinare via un uomo, che è rimasto colpito durante l'attacco. Ma c'è anche uno scatto dell'ingresso di un ospedale, con la folla accalcata e le ambulanze che a malapena riescono a guadagnarsi un passaggio. Il pezzo si conclude con un appello alla mobilitazione: "Chiamate le radio, i media, informate i vostri parlamentari: questi razzi stanno uccidendo dei civili. Non colpiscono solo Hamas. I poliziotti feriti o uccisi sono dipendenti del governo, che si occupano di problemi di viabilità e piccoli crimini. Donne e bambini sono morti. Una stazione di polizia che è stata colpita era attaccata ad una scuola".

Sul sito di riferimento del movimento Free Gaza vengono riportate le testimonianze di altri volontari. Sono, ancora una volta, racconti di guerra. "L'obitorio dell'ospedale Al Shifa non ha più spazio per altri cadaveri - racconta il professor Haidar Eid, dell'università Al Aqsa di Gaza - Per questo i cadaveri vengono ammassati in vari punti del nosocomio". La volontaria canadese Eva Bartlett riferisce che gli ospedali hanno dovuto far uscire i pazienti meno gravi, per dare spazio a quelli più seri: "C'è una grande carenza di sangue", racconta.

"La mia casa è stata pesantemente danneggiata - racconta la libanese Natalie Abu Eid, dell'International Solidarity Movement - Un bambino, che si trovava in casa con noi al momento degli attacchi, è svenuto. Un altro è rimasto sdraiato in terra per un'ora, a tremare. Di fronte alla nostra abitazione abbiamo trovato i corpi di due bambine, sotto un'auto: erano completamente bruciate. Stavano tornando da scuola".

"I missili hanno colpito un'area giochi per bambini e un mercato, a Diere Balah - dice, citata da Free Gaza Movement, la polacca Ewa Jasiewicz - Abbiamo visto la gente ferita, e i morti. Gli ospedali non hanno più medicine per curare i feriti".

Aggiornamenti continui anche sul blog "Una finestra sulla Palestina", che racconta di come centinaia di palestinesi si siano riversati per le strade, in seguito alle esplosioni: "Fonti mediche palestinesi hanno descritto i pezzi di corpi che venivano portati in ospedale - scrive il sito - Tutte le persone con ferite lievi sono state rimandate a casa, e non hanno potuto ricevere alcuna cura".

Laila El-Haddad è una giornalista palestinese, che si divide tra la striscia di Gaza e la Carolina del Nord, dove si trova adesso, ed è l'autrice del blog "Una madre da Gaza". I suoi genitori vivono tutt'ora a Gaza, e Laila racconta come abbia vissuto le ore in cui il mondo è stato informato degli attacchi. "Ricevo una telefonata da altri miei parenti in Libano - scrive sul blog - Loro non possono telefonare a Gaza, e mi chiedono di fare da tramite. Riesco a parlare con mio padre, al cellulare. E' appena tornato dall'ospedale, dove ha donato del sangue. Mio padre è un chirurgo in pensione, e si è offerto di dare una mano al personale dell'ospedale. Mi ha raccontato che quando i razzi hanno colpito Gaza, loro si trovavano al mercato. Lui ha pregato, mentre la terra vibrava e il fumo li investiva". Secondo quanto riferito da Laila, gli israeliani hanno colpito "50 diversi obiettivi, con 60 aerei diversi, colpendo 200 persone. Come in un gioco". Il titolo del suo ultimo post, pubblicato oggi, è "Le piogge di morte su Gaza".

E nella Striscia palestinese c'è un italiano: è Vittorio Arrigoni, anche lui volontario del Free Gaza Movement, arrestato dai militari israeliani, lo scorso mese di novembre, con l'accusa di non aver rispettato i limiti di navigazione imposti da Israele nelle acque di Gaza. Anche il suo ultimo post racconta gli attacchi odierni: "Siamo sotto le bombe a Gaza, e molte sono cadute a poche centinaia di metri da casa mia. E amici miei, ci sono rimasti sotto. Una strage senza precedenti. Terroristi? Hanno spianato il porto, dinnanzi a casa mia e raso al suolo le centrali di polizia".

Parlando delle vittime dei bombardamenti: "Li ho conosciuti, questi ragazzi, li ho salutati tutti i giorni recandomi al porto per pescare coi pescatori palestinesi, o la sera per recarmi nei caffè del centro. Diversi li conoscevo per nome. Un nome, una storia, una famiglia. Sono giovani, diciotto ventanni, per lo più che se ne fottono di Fatah e Hamas, che si sono arruolati nella polizia per poter aver assicurato un lavoro in una Gaza che sotto assedio ha l'80 per cento di popolazione disoccupata. Queste divise ammazzate oggi (senza contare le decine di civili che si trovavano a passare per caso, molti bambini stavano tornando a casa da scuola), sono i nostri poliziotti di quartiere. Se ne stavano tutti i giorni dell'anno a presidiare la stessa piazza, la stessa strada, li ho presi in giro solo ieri notte per come erano imbaccuccati per ripararsi dal freddo, dinnanzi a casa mia. Non hanno mai sparato un colpo verso Israele, né mai lo avrebbero fatto, non è nella loro mansione. Si occupano della sicurezza interna, e qui al porto siamo ben distanti dai confini israeliani. Ho una videocamera con me ma sono un pessimo cameraman, perché non riesco a riprendere i corpi maciullati e i volti in lacrime. Non ce la faccio. Non riesco perché sto piangendo anche io. Ambulanze e sirene in ogni dove, in cielo continuano a sfrecciare i caccia israeliani con il loro carico di terrore e morte. Devo correre, all'ospedale Al Shifa necessitano di sangue".

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