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La Stampa Rassegna Stampa
23.12.2008 Verso la pace con la Siria ?
ma le perplessità e le richieste israeliane andrebbero spiegate

Testata: La Stampa
Data: 23 dicembre 2008
Pagina: 16
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Assad a Israele: negoziati diretti»

Da pagina 16 de La STAMPA del 23 dicembre 2008, riportiamo l'articolo di Francesca Paci ,"Assad a Israele: negoziati diretti".

Se il titolo scelto dalla redazione attribuisce sicuramente l'apertura di pace al dittatore siriano Assad, leggendo l'articolo si capisce qualcosa di più e di diverso.
Assad ha risposto alle offerte di Olmert e preme per un negoziato diretto, mentre Israele vorrebbe il coinvolgimento della comunità internazionale.

Tuttavia, alcune omissioni di Francesca Paci rendono difficile al lettore che non abbia già una conoscenza dei fatti sottrarsi all'impressione che sia il dittatore siriano perseguire un accordo, scontrandosi con diffidenze israeliane delle quali non vengono spiegate radici e motivazioni.

Le posizioni di Netanyahu vengono descritte come esempi di rigidità, ma le ragioni del leader del Likud sono taciute.

Non viene nemmeno spiegato che le richieste territoriali della Siria(tutta la zona del Golan fino a Tiberiade) rappresentano per Israele la più grande risorsa d'acqua dolce disponibile nel paese, la cui perdita creerebbe seri danni alla salute dell'economia e del popolo israeliani.

Ecco il testo completo:

Israele chiama, Damasco risponde. Il presidente siriano Bashar Assad non lascia passare nemmeno ventiquattr’ore e coglie al balzo l’assist del premier israeliano dimissionario Olmert che da giorni ripete il mantra diplomatico delle sue ultime settimane in carica, «la Siria è matura per la pace».
Ieri mattina Olmert ha incontrato il primo ministro Erdogan per rinnovare il sostegno di Gerusalemme alla mediazione turca. In serata il messaggio di Assad: «La pace non si può raggiungere unicamente con negoziati indiretti, è normale che Siria e Israele passino a quelli diretti. Se i primi danno dei risultati allora anche gli altri riusciranno e la pace si realizzerà naturalmente».
Parole senza margine d’ambiguità, pronunciate durante una conferenza stampa con il presidente croato Stipe Mesic. Qualcosa si muove. La Siria e Israele, che non hanno mai firmato un’intesa dalla prima guerra israelo-araba del 1948, da maggio tentano un avvicinamento attraverso Ankara. Rappresentanti israeliani e siriani si sono incontrati a quattro riprese attraverso diplomatici turchi a Istanbul, ma senza raggiungere risultati concreti. Una quinta serie di incontri, prevista il 18 settembre, è stata rinviata su richiesta di Israele.
Certo, Assad, in gravi difficoltà economiche e politiche sul fronte interno, tende la mano. Ma a determinate condizioni: «La Siria potrebbe avviare negoziati di pace diretti con Israele basati sulle risoluzioni del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite». Israele, dal canto suo, non ha mai pensato a una trattativa al di fuori della comunità internazionale.
Piuttosto niente, come ha ribadito il leader del Likud Benjamin Netanyahu replicando all’inaspettata apertura dell’arcinemico. Bibi, giura, non si farà piegare. Gli israeliani votano il 10 febbraio prossimo e il principale favorito non ha alcuna intenzione di perdere punti su un tema delicato come il ritiro dalle alture: «Se a febbraio sarò eletto potete star certi che resteremo nel Golan, non restituiremo niente che mini la sicurezza nazionale».
Le alture del Golan conquistate da Israele nel 1967 e annesse unilateralmente 14 anni dopo sono la moneta di scambio. Per firmare l’accordo la Siria chiede ne chiede la restituzione totale fino alle rive del lago di Tiberiade, principale riserva d’acqua dolce d’Israele sebbene ormai agli sgoccioli. Finora lo Stato ebraico si è sempre opposto. Netanyahu, a suo tempo, avrebbe accettato la linea del cessate il fuoco internazionale. Ehud Barak era propenso a cedere altra terra in cambio del cento per cento del lago. Non se n’è mai fatto niente.
Assad adesso conta di «coinvolgere l’Europa», che dovrebbe anche «far pressione su Israele affinché tolga il blocco ingiusto imposto al popolo palestinese a Gaza». L’invito a Parigi al vertice euromediterraneo di Sarkozy lo fa sperare in un upgrade, una promozione. Ma soprattutto c’è l’America. Il presidente siriano ha espresso la speranza che la nuova amministrazione Obama «si adoperi seriamente in funzione della pace». Secondo il giornale qatariota Al Watan Assad avrebbe addirittura lanciato l’ipotesi di un incontro all’indomani dell’insediamento del nuovo inquilino della Casa Bianca e delle elezioni in Israele, vadano come vadano. Qualche cenno d’oltreoceano si è avuto, Condoleezza Rice guarda con interesse la dinamica in corso. Non è ancora il vento in poppa ma la Siria fiuta l’aria buona.

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